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Mercato Roma, Jackson Martinez: “Il Porto mi ha dato il permesso per andarmene”

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Mercato Roma, Jackson Martinez è sempre più lontano dal Porto. Il colombiano, che sta preparando la Coppa America con la sua nazionale, come riporta Marca.com, ha parlato del suo futuro: “Ora sono concentrato su la selezione colombiana, ma logicamente aspetto di sapere quale sarà il mio futuro, perché ho ricevuto dal Porto il permesso di andarmene“.

Il giocatore piace molto ad Arsenal e Valencia che potrebbero sfruttare la clausola rescissoria fissata a 35 milioni, anche il ds giallorosso Walter Sabatini segue da tempo il giocatore.

Fifa, tutti contro Blatter

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Il Tempo (M. Vitelli) – Whisky on the rocks. Dove «rocks» sta per rocce, ostacoli. Non ghiaccio. Quando Michel Platini, numero uno dell’Uefa, ha chiesto a Joseph Blatter, suo omologo della Fifa, di scolarsi un goccetto e poi dare le dimissioni, probabilmente si aspettava un si. «Sarà un addio celebrato in pompa magna» sembra abbia detto «Le Roi» allo svizzero. Certo, un grande spettacolo per gli spettatori seduti in platea ad assistere ad un dramma mal recitato, ma un commiato da brividi per gli attori e gli addetti ai lavori dietro il sipario. Perché lo show che la Fifa ha messo in scena negli ultimi vent’anni è ai titoli di coda. Perché gli slogan su rispetto, giustizia e sportività sono solo assi di legno che tengono in piedi facciate di palazzi finti, da palcoscenicoE ora, con il vento dell’Fbi che soffia forte, sta per venire giù tutto. Ma Blatter, dopo il bicchierino, ha risposto no. Ricandidandosi e vincendo per abbandono dell’avversario Ali bin al Hussein l’ennesimo match mondiale.

Intanto l’inchiesta si allarga e nuove rivelazioni aumentano le certezze di «black-business».Danny Jordaan, presidente della Federcalcio brasiliana, ha ceduto alle pressioni degli ispettori: «È vero, dopo l’assegnazione del Campionato del Mondo avvenuta nel 2004 pagammo dieci milioni di dollari alla Concacaf, ma non fu una tangente. Li versammo nel 2008 all’associazione per lo sviluppo del calcio come contributo volontario». Un fondo presieduto all’epoca da Warner, vice di Blatter ora incriminato. Nelle indagini anche un trasferimento di 2,2 milioni di dollari dalla Fifa alla Federazione delle isole Cayman. «Per costruire una nuova sede e due campi di calcio», la spiegazione ufficiale. Ma il fatto che Jeffrey Webb, il numero uno della Concacaf fino al suo arresto di mercoledì scorso, è originario proprio del «paradiso fiscale» in questione, alimenta dubbi. In Russia, patria dei modi spicci e paese ospitante del Mondiale 2018, le tensioni hanno fatto una vittima eccellente: il presidente della federazione Nikolai Tolstikh, già sotto assedio per il contratto da nababbo fatto firmare a Fabio Capello.

Caos, invece, nel Regno Unito, dove ogni protagonista ha un’idea diversa sul da farsi. «L’Inghilterra dovrebbe boicottare la prossima competizione mondiale in segno di protesta contro la Fifa e la Russia», ha dichiarato Andy Burnham, nuovo leader laburista. «Ridicolo solo pensarci», ha sentenziato Greg Dyke, chairman della FA. «Non siamo ancora nella posizione di poter esprimere un’opinione», ha invece dichiarato John Whittengdale, segretario di Sua Maestà per la cultura e lo sport. «La Fifa dovrebbe solo dimostrare che il calcio rappresenta lo spirito del fair play» le parole decubertiane del principe William, presidente della Football Association. Questo il Risiko in versione Subbuteo, la lunga partita è appena iniziata.

De Sanctis: “Quest’anno dovevamo fare meglio, in primis noi calciatori, soprattutto nelle Coppe, ma il secondo posto è un grandissimo risultato. Il sorpasso della Lazio ci ha dato motivazioni supplementari, ma il derby vinto non salva la stagione. Vogliamo vincere qualcosa presto”

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Queste le dichiarazioni rilasciate dal portiere della Roma, Morgan De Sanctis, ospite alla trasmissione TikiTaka su Italia1:

Hai giocato al Napoli. Ti aspettavi di più da loro?
Immagino che tutti si aspettassero qualcosa di più dal Napoli. Però a un certo momento è probabile che abbiano concentrato tutto sull’Europa League, che gli avrebbe dato solidità economica e partecipazione alla Champions. Se perdi la semifinale è dura riprendersi, hanno avuto l’opportunità all’ultima giornata e l’hanno fallita. Questo ha spezzato gli equilibri di un’intera stagione“.

Mazzarri meglio di Benitez?
Per me è più facile parlare del mio Napoli, l’ho vissuto. Io sfido chiunque a prendere gli undici di Mazzarri e quelli di Benitez e a dirmi quali di quelli che aveva Mazzarri prenderebbe per Benitez. Il valore tecnico di Benitez è superiore, noi compensavamo con un lavoro tecnico e comportamentale grande“.

Cavani non giocherebbe in questo Napoli?
Non lo sostituiresti con Higuain?“.

Ieri partita decisiva persa con la Lazio…
“Anche noi una settimana fa abbiamo giocato una partita da dentro e fuori, vincendola e recuperando credito nei nostri tifosi. Ciò valeva anche per il Napoli. Se ti riduci ad arrivare ad una partita da dentro o fuori devi tirare fuori dei valori. Non si può sottovalutare quello che è stato seminato nel corso dell’intero campionato”.

Conosci sia Siviglia che Napoli. Emery in Italia ti sorprenderebbe?
“No, per nulla. Specie se si tratta di un top club”.

Per te e per la Roma questo bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?
“Dal punto di vista sportivo quest’anno ci aspettavamo di fare qualcosa di meglio. Dal punto di vista della continuità economica il secondo posto garantisce alla Roma un futuro solido e questo non è da sottovalutare. Dovevamo fare di più, in primis noi calciatori. Senza fare riferimento ad alcun giocatore di cui si parla maggiormente, tutti non siamo stati all’altezza di un rendimento che era nelle nostre corde”.

C’è stata una partita che ha rotto il giocattolo?
“No, io ricordo particolarmente un periodo intorno alla fine di gennaio. Eravamo ad un punto dalla Juventus, in Champions siamo arrivati vicini alla qualificazione e non ci siamo riusciti. In quel periodo non abbiamo raggiunto i risultati sperati. Abbiamo vinto a Cagliari, arrivavano energie nuove, il rientro di Gervinho, l’acquisto di Ibarbo e pensavamo che questo potesse portarci ad una striscia di risultati migliori, ma non è successo, a partire dallo 0-0 interno col Parma. Il secondo posto è un grandissimo risultato, ma non ci mette al riparo dalla necessità di dover avere qualche punto in più. Il bicchiere è mezzo vuoto perché questa squadra doveva e poteva fare qualcosa in più in Coppa Italia ed Europa League. Abbiamo subito due eliminazioni in casa, davanti al nostro pubblico, con delle partite non all’altezza. La responsabilità è in primis dei giocatori”.

Scontri decisivi?
“Con Lazio e Napoli eravamo determinati, questo ha limitato l’avversario. Coi partenopei volevamo vincere di nuovo davanti il nostro pubblico. Il derby è storia recente, abbiamo prevalso grazie alla capacità e grazie ad un pizzico di fortuna”.

Lo “Scudetto” di Garcia?
“Oggi è facile ironizzare, o dire che forse non c’è stata la giusta comunicazione, ma facciamo un passo indietro. Noi perdiamo una partita a Torino in un momento importante della stagione. Dopo questa partita negli spogliatoi c’era grandissima amarezza. Dopo la partita ci sono state delle dichiarazioni forti in primis da parte del nostro capitano. Mettetevi nei panni dell’allenatore, della squadra e della società, che deve dare un segnale”.

Dichiarazioni a parte, quelle partite sono state superate e fino a gennaio eravate a -1 dalla Juve.
“Sul fatto che la squadra abbia continuato a far bene il suo dovere fino a gennaio è evidente. Il fatto di essere arrivati secondi è stato determinato anche dal campionato della Juventus”.

Da febbraio in poi c’è stato un calo fisico?
“Ribadendo categoricamente la responsabilità da parte nostra, dei calciatori, è evidente che intorno a noi tutta una serie di componenti non hanno funzionato come avrebbero dovuto. E’ un discorso generale che riguarda soprattutto la società, che ha capito, ha visto quello che è successo e adesso – in questo periodo di work in progress – prenderà delle decisioni che possibilmente miglioreranno il contesto Roma: squadra, staff tecnico, staff medico. Fermo restando che si possa ripartire da chi ci ha portato a questo secondo posto”.

Quanto la crescita della Lazio vi ha intralciato?
“E’ stato un peso importante, inutile nasconderlo. Il fatto di essere in competizione con loro non ci ha lasciato per nulla tranquilli. Anzi, quando ci hanno scavalcato ci hanno dato delle motivazioni supplementari. In città questa cosa l’abbiamo vissuta molto intensamente. Avevamo 15 punti da loro, facevamo un campionato a parte. Poi qualcosa è cambiato”.

Come la vedi la Juve a Berlino?
“50 e 50. E’ evidente che la Juve dovrà fare una partita difensiva”.

Ti aspettavi questa Juve?
“Non ero tra quelli che credevano peggiorata la squadra con Allegri. Quello che stanno facendo è fuor di dubbio qualcosa che bisogna riconoscere facendogli dei grandissimi complimenti. Io non faccio fatico a far questo, sono uno sportivo italiano, che spera che la Juve… (ride, ndr), se lo dico io innesco dei rumori funesti, però sono sincero: spero vincano specie per qualcuno lì dentro che lo merita più di altri”.

Si tratta di Buffon?
“Mi riferisco assolutamente a Gigi. Tanti portieri due gradini al di sotto di lui hanno vinto la Champions League. Basta guardare i numeri. Ci tengo a specificare. Dopo un’intervista a La Gazzetta sono stato tacciato di anti-juventinità. Mi appartiene un rapporto di amicizia con molti giocatori della Juve. Quando abbiamo perso a Torino, l’amarezza di certe dichiarazioni è stata tanta. La rivalità è presente, specie perché negli ultimi 5 anni le mie due squadre sono arrivate 4 volte seconde. Dopo quel match alcune dichiarazioni non sono state consone a livello altissimo di alcuni protagonisti. Dopo quel match non si doveva parlare di perdenti che cercano scuse: si doveva parlare di una vittoria importante contro una squadra sfortunata. Non c’è nessun tipo di anti-juventinità nel mio pensiero, che è anche complessivo ed extra-calcistico”.

Si è pentito delle sue dichiarazioni post-Torino?
“No. Se dimostri di vincere la partita in modo fortunato, non è giusto capovolgere le cose dicendo di essere accerchiati. Non è così, la Juve vince perché è forte”.

Pensi che la Juve vinca regolarmente?
“Ma certo! Chi può permettersi di dire il contrario? Anche perché a rimetterci poi sono gli arbitri. Sono stato giocatore in squadre straniere e ho lavorato con arbitri italiani nelle coppe, e sono più sereni. Vivono un contesto diverso. Non vale solo per Rizzoli, ma per chiunque”.

Nainggolan l’ha detto in mille modi, vuole restare a Roma…
“Assolutamente sì. Radja questa volontà la manifesta quotidianamente, senza nasconderla. Nello spogliatoio conosciamo il suo pensiero da tempo. Sul mercato sento tantissimi nomi (per dovere di ospitalità avete tagliato anche i miei sostituti), è legittimo che la Roma si copra, io ho 38 anni. Abbiamo un ragazzo che è Skorupski, lo ritengo fortissimo. Vediamo cosa deciderà Sabatini, se farlo giocare con continuità altrove o no. L’augurio più grande è che nella Roma vengano giocatori che prima di essere campioni tecnici lo siano caratterialmente, sposando un progetto importante, di una piazza che non è come le altre. Tra Galatasaray, Napoli e Roma quello che vivo ora è forse il contesto più complicato, ma quando festeggeremo qualcosa sarà tutto più bello. E noi vogliamo farlo presto, indipendentemente dai bilanci, dal potenziale economico, dai fatturati e dal monte ingaggi. Questo non toglie a nessuno l’ambizione di provarci. Non bisogna vincere a tutti i costi, ma bisogna far tutto per vincere”.

Spolli: “Mi sarebbe piaciuto giocare di più, ma è stata un’esperienza bellissima”

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Il difensore della Roma, Nicolas Spolli, ha rilasciato questa intervista, ai microfoni di TMW, parlando della sua breve esperienza nella Capitale: “Sono stato bene, andare alla Roma e condividere lo spogliatoio con grandi campioni mi è servito tanto“.

Un’esperienza che è servita, al di là dei minuti giocatori.
Nel calcio c’è sempre da imparare. Certo, mi sarebbe piaciuto giocare di più. Ma mi sono allenato sempre con professionalità e ho rispettato le scelte dell’allenatore. Ho giocato l’ultima partita, il giusto regalo per questi mesi“.

Il momento più bello alla Roma?
L’esordio sarà un momento che non dimenticherò mai. Giocare in uno dei club più grandi d’Europa è bellissimo. A trentadue anni non mi aspettavo questa esperienza. Ho condiviso lo spogliatoio con gente come De Sanctis, De Rossi, Totti, Maicon…“.

Che campionato è stato per la Roma?
Secondo me è stato un bel campionato, perché siamo andati in Champions League direttamente. Magari abbiamo avuto un piccolo calo, ma alla fine il secondo posto è meritato“.

Ma Roma è davvero un ambiente pesante?
Io vengo dall’Argentina, le pressioni non mi spaventano. Roma è un ambiente dove le tifoserie, giallorosse e biancoceleste, sono legate alle proprie squadre. Per quanto riguarda il campionato, rimango convinto che la Juve sia superiore a tutti, Garcia ha detto ciò che pensava“.

Il derby a Oslo, a porte chiuse, all’alba?

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Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – A porte chiuse? All’alba? A Oslo? O tutte e tre le cose insieme? Difficile dire come, dove e quando si giocherà il prossimo derby di Roma, una delle sette città con due squadre in Champions (Londra, Madrid, Atene, Istanbul, Manchester e Lisbona). Doveva essere un vanto, è diventato un problema di ordine pubblico.

Il prossimo passo verso la completa «barbarizzazione» è l’uso dello spray urticante contro gli avversari, come avvenuto in Boca-River. Per qualcuno è «il bello del derby».Mapou Yanga-Mbiwa pensava di vivere in un posto dove fosse sufficiente comportarsi in modo «normale» per non correre il rischio di essere aggredito per strada. Non stupiamoci se dall’ex campionato più bello del mondo si terrà lontano chi ne avrà la minima possibilità

Roma choc, Yanga-Mbiwa aggredito per strada

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Il Corriere della Sera (R.Frignani) – È il romanista del momento, l’eroe dell’ultimo derby che con il suo gol di testa ha spento definitivamente i sogni di sorpasso (e di Champions League con accesso diretto) dei laziali. Proprio domenica sera alcuni tifosi giallorossi si sono scuriti la faccia, hanno infilato una parrucca rasta e in nome del loro nuovo beniamino hanno sfilato per ponte Milvio con la maglia della Roma inneggiando a lui, «Gamba Ambigua», al secolo Mapou Yanga-Mbiwa, 26 anni, difensore della squadra di Rudi Garcia e della nazionale francese.

Ma domenica notte a qualcuno è venuto in mente di rovinare tutto. Forse anche di punire il calciatore per quella rete decisiva. Solo l’intervento di una pattuglia della polizia ha infatti evitato che un paio di giovani, probabilmente laziali secondo gli accertamenti degli investigatori del commissariato Trevi-Campo Marzio, diretti da Bruno Failla, picchiassero Yanga-Mbiwa mentre passeggiava con due amici davanti alla Galleria Alberto Sordi di piazza Colonna, peraltro di fronte a Palazzo Chigi.

I due sarebbero stati ripresi dalle numerose telecamere della videosorveglianza puntate sulla zona. Erano le 4.30 e il difensore giallorosso era da poco uscito dal «Gilda», la discoteca di via Mario de’ Fiori, distante qualche centinaio di metri. Qualche passo e dietro a «Gamba Ambigua» e ai suoi amici sono spuntati i due che li stavano rincorrendo forse proprio dalla strada della discoteca.

Prima gli insulti, poi il tentativo di aggressione. Ma grida e parapiglia non sono passati inosservati. Il luogo è superpattugliato e la polizia è arrivata subito. Alla vista degli agenti i due aggressori sono fuggiti a piedi verso piazza Venezia. Il ds romanista Walter Sabatini ha sottolineato come la vicenda «ci rattrista veramente perché oltretutto stiamo parlando di un ragazzo straordinariamente educato. Siamo molto rammaricati. Come ha preso questa cosa? Con molto spirito, è un ragazzo sereno, non ha voluto drammatizzare, non è sua abitudine farlo, e anzi a noi ha detto che non è successo niente e che non ha avuto nemmeno troppa paura».

Derby e violenza superato ogni limite

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Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – Gli stranieri ci invidiano alcune cose e tra queste ci sono il clima, la storia, le bellezze artistiche e naturali, la buona tavola. Roma, capitale d’Italia oggi e del mondo conosciuto un tempo, occupa un posto centrale in questo grande luogo comune sintetizzabile con una formula: «la grande bellezza». Abbiamo la fama di popolo non sempre affidabile, con un senso del dovere intermittente, ma capace come nessun altro di godersi i piaceri della vita. E poi c’è il calcio.

Nel calcio – e il derby ne è senza dubbio la sublimazione – avviene una mutazione genetica che ci trasforma. È meglio vincere con un gol in fuorigioco piuttosto che aver dominato la partita. Il sentimento verso l’avversario è sempre l’odio e mai il rispetto. Il ricorso alla violenza fisica è una componente dello spettacolo.

Capita così che il derby romano non si possa giocare di notte, che servano duemila agenti per «blindarlo», che un intero quadrante della città venga preso in ostaggio, che la macchina del laziale Djordjevic venga circondata da ultrà romanisti a fine gara e, notizia di ieri, che un paio di ultrà laziali cerchi di aggredire Mapou Yanga-Mbiwa, colpevole di aver segnato il gol della vittoria nella stracittadina di lunedì.

Nessuno pretende che gli stadi diventino chiese e gli ultrà seminaristi, ma è necessaria un’analisi su come Roma vive il derby e sul futuro di questa partita. Non è più una boutade l’idea delle autorità di farlo giocare a porte chiuse. Eviterà gli accoltellati e l’invasione di ultrà stranieri venuti a portare violenza formato esportazione? Renderà più sicura la vita dei giocatori? Difficile dirlo. Ma è impossibile andare avanti alzando le spalle e dicendo: è il derby…

Trattative congelate e così Ayew si allontana

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Il Corriere della Sera (G.Piacentini) – Mercato congelato. Non perché Walter Sabatini non abbia operazioni da portare avanti, anzi, ma perché prima di chiudere qualsiasi trattativa bisogna attendere l’esito del summit di Londra in cui si deciderà, tra le altre cose, anche il futuro di Rudi Garcia. A prescindere dalla posizione del tecnico, però, ci sono delle situazioni da risolvere. La più importante è naturalmente quella che riguarda Radja Nainggolan.

Dopo la sparata del presidente dei sardi Giulini («Non sento la Roma da settimane, meritiamo rispetto») e l’avvertimento del d.s. Capozucca («Può succedere di tutto»), le due società si incontreranno nelle prossime ore per riprendere i discorsi che riguardano anche Astori e Ibarbo. Un’altra situazione da risolvere presto è la comproprietà di Bertolacci: il Genoa sta trattando la sua metà, che valuta circa 7 milioni di euro, con il Milan; la Roma vorrebbe ottenere la stessa cifra dalla cessione del calciatore, cresciuto nel settore giovanile.

Dai rossoneri tornerà Mattia Destro, che rischia di essere un’altra spina: Sabatini dovrà piazzarlo, ma lui non vuole andare un altro anno in prestito e la Roma non può permettersi una minusvalenza. Da definire la posizione di Maicon, che ha un altro anno di contratto: si sta pensando ad una rescissione anticipata con «incentivo all’esodo», Cole dovrebbe finire negli Stati Uniti. Si cercano acquirenti anche per Doumbia. Bloccati gli arrivi: su Ayew, che sembrava già preso, sono piombate l’Inter e il Tottenham, mentre Handanovic, Neto e Digne sono in stand-by, in attesa di una fumata bianca da Londra.

Roma, i tre giorni di Pallotta. Il futuro di Garcia passa da Londra

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Il Corriere della Sera (L. Valdiserri) – Tre giorni per ridare alla Roma l’immagine di una società dove tutti remano nella stessa direzione. Al di là delle frasi di circostanza, che descrivono Trigoria come il Mulino Bianco, è questo il primo risultato che deve uscire dalla serie di riunioni, a Londra, tra l’ owner James Pallotta, il suo braccio destro Alex Zecca, il Ceo Italo Zanzi, il d.g. Mauro Baldissoni, il d.s. Walter Sabatini e l’allenatore Rudi Garcia. La presenza del tecnico, in un primo momento, non era nemmeno prevista. Le strategie di mercato sono di pertinenza dei dirigenti. Questo non vuole dire che l’allenatore, che poi deve dirigere la squadra, sia tenuto all’oscuro dei fatti. In ogni caso Garcia, che nella conferenza di sabato ha ufficializzato l’incontro (particolare che non è piaciuto), sarà anche lui a Londra. Il suo contratto (fino al 2018, 2,5 milioni di euro più bonus a stagione) è molto pesante. Così come lo è il secondo posto che porta diretto in Champions: quest’anno sono arrivati dalla Coppa circa 49 milioni. Però le uscite sulla Juve irraggiungibile, sul divario destinato ad aumentare e sulla necessità di vendere per fare mercato non sono piaciute. La dirigenza «italiana» della Roma non è andata al muro contro muro, ma non è nemmeno rimasta a guardare. Il d.s. Walter Sabatini, ieri ai Musei Capitolini per un’iniziativa di Roma Cares a favore di alcune Case Famiglia, ieri è tornato sull’argomento: «Quella di Londra sarà una riunione programmatica, in cui stabiliremo una linea di azione. Non è una cosa straordinaria, non attribuitele troppo significato. È come l’anno scorso… Garcia? Resta. Al cento per cento? Certo».

È una sicurezza, però, che può dare solo Pallotta. Il presidente ha sempre sbandierato Garcia come una sua scelta personale e pensa che la continuità sia importante in tutti gli ambienti di lavoro.Ma quale Garcia ci sarà al comando della Roma nella terza stagione? Quello che ha già dato per perduto lo scudetto? C’è molto da cambiare (medici, preparatore) e c’è molto da discutere (mercato, budget, comunicazione). Se il Napoli riuscirà a fare breccia in Unai Emery si libererà la panchina del Siviglia. Può interessare a Garcia? Oppure può innescarsi un effetto domino con altre panchine importanti? Fino a venerdì saranno valide tutte le indiscrezioni, da Conte a Mazzarri, daKlopp a Sarri, perché nel calciomercato vale tutto e il contrario di tutto. Solo Pallotta può dire una parola definitiva. L’importante è capire quanto la squadra segua ancora Garcia e quanto funzioni la «strana coppia» con Sabatini. Tanto più se le risorse sono limitate dal Financial Fair Play bisogna trovare una linea comune di intervento sul mercato, nell’immediato (come vorrebbe Garcia) e in prospettiva (come ama lavorare Sabatini). Perché adesso conta solo la Roma.

Sabatini racconta la storia capitolina

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La Gazzetta dello Sport (C. Zucchelli) – Nel giorno in cui la Roma si sveglia con il tentativo di aggressione ai danni di Mapou Yanga-Mbiwa, Walter Sabatini cerca di spiegare a modo suo la storia della città ai bambini meno fortunati della Capitale. Un racconto, quello della nascita e della fondazione della Capitale, fatto come se fosse una favola, tra lo stupore e la curiosità dei piccoli bimbi presenti ai Musei Capitolini. L’iniziativa, voluta da Roma Cares, si chiama «Giocare è un’arte» e quello di ieri è stato soltanto il primo appuntamento: Sabatini, insieme al figlio Santiago, ha intrattenuto i bambini di alcune case famiglia (anche se ogni tanto si è concesso una pausa sigaretta in terrazza, visto che sotto al Marco Aurelio è proibito fumare) e ha colto l’occasione per ribadire come «questo impegno che Roma Cares ha assunto verrà portato avanti anche in futuro. Certe storie vanno raccontate, anche per evitare che succedano cose come quella di stanotte».

ASPETTANDO PALLOTTA – Il riferimento è al tentativo di aggressione subìto da Yanga-Mbiwa, che ha lasciato «rammaricati e rattristati» Sabatini e tutte le persone che lavorano a Trigoria. In attesa dei prossimi incontri, il Comune di Roma, attraverso Francesca Danese, assessore alle Politiche sociali, ha lodato l’iniziativa promossa da Roma Cares, con la quale aveva già collaborato in occasione di «A scuola di tifo», manifestazione che ha visto tanti giocatori giallorossi incontrati oltre 300 studenti delle scuole romane: «Non tutti possono permettersi di sostenere i costi di un’attività sportiva o di una visita in museo – ha detto –. Il nostro compito è dunque mettere insieme le energie per superare le differenze sociali e di reddito. Ringraziamo la Roma e Roma Cares per aver dato vita, con attenzione e delicatezza, a questo progetto che coinvolgerà molti bambini della nostra città». Appuntamento alla prossima stagione. E magari qualche sorpresa per i bambini potrebbe arrivare prima del previsto, visto che tra un paio di settimane è atteso a Roma il presidente Pallotta.

L’eroe del derby aggredito dai laziali

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Il Messaggero (L. De Cicco) – Volevano fargliela pagare, per avere segnato il gol che ha mandato in frantumi le speranze della Lazio di centrare il secondo posto in campionato e la qualificazione diretta alla Champions League. E così, quando hanno visto Mapou Yanga-Mbiwa, alle 4.50 della notte tra domenica e lunedì, passeggiare su via del Corso insieme a due amici, hanno sfilato la cintura dai pantaloni e hanno iniziato a rincorrerlo, lanciandogli insulti di ogni tipo. Solo quando il difensore francese della Roma, 26 anni, insieme ai due connazionali, si è diretto verso la volante della polizia che staziona davanti a Palazzo Chigi, gli aggressori hanno capito che era meglio darsela a gambe e si sono allontanati in tutta fretta, prima che un’altra volante della polizia li raggiungesse. Delle indagini si sta occupando la Digos, che sta visionando le immagini delle telecamere della zona per riuscire a rintracciare i due assalitori.

IL RACCONTO – «Ero appena uscito dalla discoteca – ha raccontato Yanga-Mbiwa allo staff della Roma – mancavano pochi minuti alle 5. Insieme ai miei amici stavamo cercando un taxi, quando abbiamo visto due ragazzi venirci incontro. Erano ubriachi, si vedeva da come barcollavano. Hanno iniziato a parlare del derby, del gol che ho segnato alla Lazio, e hanno preso a insultarci. Si sono anche tolti la cintura per scagliarsi contro di noi. Per fortuna siamo riusciti ad allontanarci in tempo e non sono riusciti a colpirci.Asalvarci è stata la macchina della polizia davanti alla Galleria Colonna. L’abbiamo vista e ci siamo avvicinati. A quel punto i due tifosi ci hanno lasciati stare e sono scappati via». Dell’episodio ieri ha parlato anche il direttore sportivo della Roma, Walter Sabatini. «Questa aggressione ci rattrista veramente, perché oltretutto stiamo parlando di un ragazzo straordinariamente educato e in gamba. Siamomolto rammaricati – è stato il commento del manager giallorosso -. Per fortuna Mapou ha preso la cosa con spirito. È un ragazzo sereno, non ha voluto drammatizzare, non è sua abitudine farlo. Anzi, a noi ha detto che non ha avuto nemmeno troppa paura».

LE TELECAMERE – In queste ore la polizia sta passando al vaglio le immagini delle telecamere della zona. L’aggressione è avvenuta nel cuore di Roma, nel “Tridente mediceo”, tra piazza del Popolo, piazza Barberini e piazza Venezia. Yanga- Mbiwa aveva trascorso la serata al Gilda, discoteca chic di via Mario de’ Fiori, a due passi da piazza di Spagna, che la domenica organizza una serata speciale. Gli investigatori stanno monitorando gli impianti di videosorveglianza delle strade intorno a via del Corso per riuscire a dare un volto ai due uomini che hanno provato a colpire il centrale giallorosso. La polizia sembra convinta che si tratti di due tifosi della Lazio. In questa fase non si esclude l’ipotesi della rapina, anche se il racconto del calciatore sembra non lasciare molti dubbi.

LA RETE DECISIVA – Yanga-Mbiwa, arrivato alla Roma l’estate scorsa in prestito dal Newcastle, ha segnato il gol che ha risolto il derby dello scorso 25 maggio. Una rete importante per lui – non segnava da 3 anni emezzo – ma soprattutto per i giallorossi, che hanno blindato il secondo posto, proprio ai danni della Lazio, conquistando l’accesso alla prossima Champions League senza passare dalla lotteria dei preliminari. Una rete così determinante che, per celebrarla, i supporter romanisti hanno organizzato un corteo che, domenica scorsa, ha sfilato da Ponte Milvio all’Olimpico prima del match contro il Palermo.

L’andamento lento della Roma

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La Gazzetta dello Sport (M. Cecchini/D. Stopponi) – Ma come? La Roma «vince il campionato degli altri» — copyright Garcia — e nel bilancio di fine stagione sono solo quattro i giocatori in vetrina? Ecco, la domanda ce la facciamo da soli e da soli ci diamo pure la risposta, in stile marzulliano . Sì, perché vicino a Florenzi, Keita, Manolas e Nainggolan non è giusto mettere nessun altro. Se è vero che la classifica finale racconta di una squadra seconda, dietro solo alla Juventus, un peso specifico importante ce l’hanno pure le aspettative. E le aspettative, per quanto in queste ore Garcia racconti altro, erano di una Roma che non necessariamente avrebbe dovuto vincere lo scudetto, ma certamente sarebbe dovuta restare più a lungo in corsa, magari accorciare il gap di 17 punti — rimasto inalterato — dai bianconeri, di sicuro fare qualche passettino in più in avanti in Coppa Italiae in Europa League.

A META’ – E allora ecco il motivo. È il rapporto tra risultati e aspettative a stilare automaticamente un bilancio non esaltante per i giallorossi. Bilancio in cui dietro i top four c’è una decina di calciatori comunque nei dintorni della sufficienza, con motivazioni differenti uno dall’altro. Perché la sufficienza di De Rossi non è certo quella di Yanga-Mbiwa, quella di Totti è ben distante da quella di Ljajic, che viaggia nell’aurea mediocritas di chi ha messo su un girone d’andata ottimo e un ritorno insufficiente.

AL DI SOTTO – E poi ci sono le delusioni. In cui va inserito pure Strootman, non certo per il rendimento ma per colpa di un infortunio che ha tolto di mezzo un calciatore fondamentale per la stagione della Roma. La dimensione di un’annata a metà la dà anche il fatto che Maicon eGervinho, due tra i migliori del 2013-14, sono oggi classificabili tra i peggiori della rosa giallorossa. Di più: Iturbe, al netto del gol nel derby, va considerato una delusione, non fosse altro perché era arrivato con l’etichetta del colpo dell’estate, sfilato alla Juve in un duello di mercato che avrebbe dovuto anticipare il duello sul campo. Perfetta metafora, Iturbe, di un’annata dolce nel finale, ma piena di interrogativi a cui dare risposta nel mezzo. Interrogativi che magari saranno discussi anche giovedì, nell’incontro di Londra.

Roma e Lazio studiano affari senza confini

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Il Messaggero (S. Carina) – Garcia insiste: per la fascia sinistra vuole Digne. Sabatini proverà ad accontentarlo anche se l’operazione è molto complicata. Almeno per ora, la Roma lo ha chiesto in prestito mentre il Psg lo valuta almeno una quindicina di milioni. Non sembra essere una trattativa dagli sviluppi immediati ma questo non vuol dire che non possa andare in porto. In realtà il club giallorosso sarebbe disposto a spendere 11-12 milioni ma attende che il malcontento del calciatore, agisca sulla volontà ferma del club francese di non svenderlo. Digne potrebbe rappresentare il compromesso ideale nel modo, spesso diverso, di concepire il mercato tra ds e tecnico. Capitolo portieri: l’australiano Ryan (Bruges) è stato visionato più volte e risponde sia alla volontà di spesa della Roma nel ruolo (6-7 milioni) che all’identikit richiesto dal tecnico. Ovvero bravo tra i pali ma altrettanto abile con il pallone tra i piedi. Le uniche perplessità sul suo conto sono fisiche: è alto 1,81, poco per i nuovi parametri legati ai portieri.

NUMERI UNO – Offerto Karnezis che viene considerato un piano B. Per l’attacco si continua a monitorare con grande attenzione Lestienne, un pallino del ds. Di proprietà di un fondo d’investimento, il Genoa non eserciterà il riscatto fissato a 20 milioni. Sabatini vorrebbe inserirsi e strappare a sua volta un prestito oneroso ma prima deve cedere qualcuno nel ruolo. Candidati a lasciare Trigoria uno tra Ljajic e Gervinho: l’ivoriano è richiesto dall’Al Jazeera ed è lusingato dal suo vecchio ct in nazionale, Renard, ora tecnico del Lille. Per Maicon le parti devono ancora parlarsi ma non è esclusa l’ipotesi- rescissione. Intanto dopo il Cagliari (meta poco gradita al calciatore), il Palermo (favorito) e la Sampdoria, anche il Sassuolo s’inserisce nella corsa a Viviani.

Viaggio in coppia per diventare capitale d’Europa

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Il Messaggero (M. Ferretti) – Roma vuole diventare la capitale della Champions, affiancandosi così a Londra e Madrid che hanno già due squadre ammesse alla fase a gironi. La Roma dalla penultima di campionato è tra le 32 regine d’Europa; la Lazio punta a raggiungerla a metà agosto, dopo aver superato l’esame dei playoff. E per la città di Roma, e ovviamente per tutto il movimento italiano, sarebbe un grande risultato emotivo di vanto.

La Roma ha centrato il traguardo Champions dopo esser stata costruita per lottare per lo scudetto; la Lazio si ritrova ai preliminari senza averlo programmato come traguardo stagionale: due percorsi diversi, insomma, che adesso devono portare ad un ragionamento comune, cioè migliorare gli attuali organici. La Lazio innanzitutto per salire sul carro delle 32; la Roma per non scenderne al volo come accaduto nei mesi passati. Far bene entro i nostri confini nazionali è un conto, ma diventare protagonisti in Europa è tutta un’altra faccenda. Servono idee (chiare), servono investimenti e, soprattutto, serve non commettere errori, non solo sul mercato. La Lazio ha una stabilità tecnica consolidata; la Roma si trova nella condizione di (ri)trovarla, ricordando che è vietato perdere tempo.

Pallotta vede Garcia. A Londra si fa la Roma

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Il Tempo (A. Serafini) – Programmare la prossima stagione in 48 ore. O quantomeno decidere quali saranno i punti fermi da cui ripartire. Per questo James Pallotta accoglierà domani a Londra gli «stati generali» della Roma nell’ormai consueta riunione riepilogativa che racchiuderà passato, presente e soprattutto futuro. La dirigenza al completo composta da Sabatini,Baldissoni e Zanzi (alla tavola rotonda è stato invitato anche Zecca, braccio destro di Pallotta) esporrà in primis il piano economico del club, supportato negli ultimi giorni dalla sicurezza di aver raggiunto l’obiettivo secondo posto, che significa Champions diretta e almeno 45 milioni di entrate da registrare nel prossimo bilancio. D’altronde la competitività della squadra passerà inevitabilmente dai numeri, segnati ancora in rosso, ma in lento e graduale miglioramento. La crescita di una società d’altronde non può che basarsi sulle rigide regole e strategie, che lo stesso Pallotta non è intenzionato a cambiare. Proprio nell’anno in cui la Roma è finita sotto lo sguardo (e le sanzioni) dell’Uefa in merito ai parametri del fair play finanziario, l’organizzazione e le previsioni in vista del prossimo anno sono considerate già una priorità.

Nel mentre Sabatini illustrerà l’attuale piano di mercato e i conseguenti obiettivi messi nel mirino. Verranno poi prese in considerazione le ormai inevitabili cessioni, continuando sulla strada intrapresa sin da subito dall’avvento della nuova proprietà americana. «Vendere per comprare», la frase che ha destabilizzato la capitale nelle ultime ore, ma che guardando l’ultimo triennio si è sempre verificata nella realtà dei fatti. L’impatto dei modi di Rudi Garcia lo ha reso comunque più duro da digerire, tanto che quando giovedì sarà il turno del tecnico raggiungere tutti in Inghilterra (direttamente dalla Francia), l’argomento verrà ripreso per capire quali siano stati realmente i motivi di quello sfogo in pubblico. Non è certo un mistero che la cosa sia piaciuta poco a presidente e dirigenza. Così come per la tempistica (Sabatini lo ha fatto notare a Garcia) considerando inoltre il periodo in coincidenza con la nuova campagna abbonamenti. Pallotta però non è intenzionato a cambiare, salvo sorprese. Intanto verranno ascoltate anche possibili richieste personali. Il ds per esempio proverà ad ottenere più risorse per il mercato, cercando inoltre di capire a quanto possa ammontare il budget da utilizzare in estate.

Il cambio della guida tecnica non è stato finora preso in considerazione, come confermato ieri dallo stesso Sabatini: «Garcia rimane al 100%». Allontanando al momento anche le voci di una o più chiamate arrivate sui telefonini di Montella e Conte per capire posizione e disponibilità. Anche perché l’ipotesi di una resa dei conti avrebbe un peso importante per la società, pari circa a 15 milioni di euro (il contratto di Garcia scade nel 2018). Nel frattempo la tappa londinese, non bloccherà il lavoro sul mercato: al momento la priorità del ds rimane quella della risoluzione delle comproprietà (termine fissato al 25 giugno) tirando fino all’ultimo con il Cagliari per acquisire la seconda metà di Nainggolan con lo sconto. Lo stesso con il Genoa per Bertolacci. Aspettando i cambiamenti già previsti per il settore sanitario e di preparazione atletica, l’unica novità riguarda la panchina: Manuel Zubiria, uomo di fiducia di Pallotta arrivato a Trigoria circa un anno e mezzo fa, sostituirà Salvatore Scaglia nel ruolo di team manager.

Aspettando le urne è già cominciato il derby delle fasce

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Il Messaggero (B. Saccà) – La Roma e la Lazio si ritroveranno insieme in Champions League dopo otto anni. Era la stagione 2007/08, i tempi di Luciano Spalletti e di Delio Rossi: e i giallorossi planarono addirittura ai quarti, fermati dal Manchester Utd, mentre il sogno biancoceleste si infranse già nella fase a gruppi, spento dal Real Madrid. Per la verità bisogna subito sottolineare che la Lazio di oggi non si è ancora accreditata ufficialmente ai gironi della Champions e, anzi, per raggiungerli dovrà saltare ostacoli piuttosto alti. Al contrario, come si sa, la Roma di Rudi Garcia ha centrato la promozione diretta e, se non altro, al gran tavolo della Champions potrà rimanere seduta almeno fino al 9 dicembre, l’ultimo giorno della prima fase. Certo, volare agli ottavi o scivolare fuori dipenderà da sé e dal valore degli avversari.

I PERICOLI Va detto che nel sorteggio di Montecarlo del 27 agosto i giallorossi saranno inseriti inquarta fascia, a meno di cataclismi al momento improbabili. Per intenderci, dovrebbero crollare non meno di quattro club di livello. Dunque, le fasce. La prima è già definita e ufficiale, e accoglierà il Barcellona di Luis Enrique (per ora), il Chelsea di José Mourinho, il Bayern Monaco di Pep Guardiola, la Juventus di Massimiliano Allegri, il Benfica di Jorge Jesus, il Paris Saint-Germaindi Laurent Blanc, lo Zenit San Pietroburgo di André Villas Boas e il Psv Eindhoven di Phillip Cocu. Insomma, escludendo la connazionale Juventus, la Roma e (eventualmente) la Lazio si dovranno misurare con una di queste teste di serie. La traiettoria è obbligata: impossibile sottrarsi. Come se non fosse abbastanza, gli «abitanti» delle altre fasce saranno corazzate tipo il Real Madrid, l’Atletico Madrid, il Porto, l’Arsenal, il Manchester City, il Siviglia, il Lione, la Dinamo Kiev, l’Olympiacos, il Galatasaray, il Wolfsburg, il Borussia M’gladbach e il Gent, oltre che le dieci squadre approdate attraverso la strettoia dei playoff. Va da sé che la distribuzione di questi club nelle diverse urne è ancora tutta da definirsi, ma non è sbagliato supporre che le due romane di sicuro la pescheranno una delle prime cinque o sei della lista. A voler allungare lo sguardo verso gli abbinamenti, possibile un girone d’inferno con Chelsea o Bayern, Real Madrid e Lione… Ma anche un gruppo morbido, costituito magari dallo Zenit, dal Porto e dalla Dinamo Kiev. È inutile ricordare poi che la Roma potrà iscrivere alle competizioni europee della prossima stagione soltanto 22 giocatori anziché 25: e questo perché qualche settimana fa la Uefa l’ha sanzionata a capo di un procedimento legato al fair play finanziario.

PERICOLO RED DEVILS Si diceva dei playoff che riguarderanno la Lazio di Stefano Pioli. Il sorteggio è fissato per il 7 agosto, le sfide di andata sono in programma il 18 e il 19, le gare di ritorno il 25 e il26: proprio a cavallo dell’avvio del prossimo campionato, previsto per sabato 22 agosto. Quarantesimi nel ranking della Uefa, assai difficilmente i biancocelesti saranno teste di serie nel playoff, salvo che al terzo turno preliminare non cadano squadre come lo Shakhtar Donetsk, l’Ajax e il Cska Mosca. Chiaro che serva perciò un miracolo per ribaltare lo scenario. E così è più logico ipotizzare che Pioli dovrà confrontarsi con il Valencia, il Bayer Leverkusen, lo Sporting Lisbona o il Manchester Utd, tutti già sistemati nell’urna del 7 agosto, oppure con l’Ajax o lo Shakhtar. Una volta timbrato il visto buono per i gironi, a Montecarlo la Lazio pioverebbe con ogni probabilità in quarta fascia, boicottata da una sequenza di stagioni europee opache. Sotto il profilo economico, l’accesso ai gironi regalerebbe ai biancocelesti 41,63 milioni di euro complessivi. La Roma invece ne incasserà quasi nove di più: 50,46.

Yanga-Mbiwa aggredito: “Erano tifosi della Lazio”

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La Gazzetta dello Sport (D. Stoppini) – Che il suo nome fosse Mapou, per dirla con una canzone che è diventata un tormentone via radio e sui social, lo sapevano bene i due ragazzi che all’alba di lunedì mattina hanno provato ad aggredire Yanga-Mbiwa in pieno centro a Roma, a due passi da Palazzo Chigi. È andata così, almeno secondo la ricostruzione fornita dal francese alla polizia: ore 4.30, il difensore era appena uscito in compagnia di due amici da un famoso locale, il Gilda, quando è stato avvicinato da due uomini che lo hanno riconosciuto, al punto che gli avrebbero urlato «romanista di m…». Ecco perché Yanga-Mbiwa si è detto sicuro di fronte agli agenti che gli aggressori fossero tifosi della Lazio, circostanza sulla quale la polizia resta cauta. Il francese e i suoi due amici si sono spaventati: il tono della voce si è alzato parecchio, i due aggressori avrebbero portato anche le mani all’altezza della vita, come per mimare l’utilizzo delle cinture. Cinture che però non sarebbero mai state impugnate. Non c’è stata una colluttazione tra i due gruppi: quando Yanga-Mbiwa è arrivato scappando sotto i portici della Galleria Alberto Sordi, la pattuglia di polizia in servizio proprio nella piazza di fronte si è accorta del «movimento», richiamata dalle urla. Gli aggressori, nel frattempo, si erano già dileguati nelle vie limitrofe, in direzione piazza Venezia. Una tentata aggressione in piena regola, che Yanga-Mbiwa ha poi raccontato al telefono ai dirigenti della Roma in mattinata, prima di prendere un volo per Parigi nel primo pomeriggio. Con l’animo decisamente più disteso, racconta chi l’ha incrociato nello scalo di Fiumicino, al punto di concedersi alle foto di diversi tifosi.

TELECAMERE Non ci sarebbe stata premeditazione, secondo la ricostruzione della polizia: i due aggressori avrebbero incrociato per caso Yanga-Mbiwa in centro. Sembrerebbe da escludere pure il movente della rapina, che difficilmente sarebbe stata messa in piedi in una zona così controllata dalle forze dell’ordine. In ogni caso il francese ha deciso di non sporgere denuncia per l’accaduto. Ma la polizia sta comunque cercando attraverso le numerose telecamere di zona di identificare i due aggressori. «È un episodio che ci rattrista molto — ha commentato il d.s. giallorosso Walter Sabatini—. Stiamo parlando di un ragazzo straordinariamente educato e in gamba e per questo siamo rammaricati. Lui l’ha presa con molto spirito, quello che lo contraddistingue. È un ragazzo sereno e non ha voluto drammatizzare perché non è proprio nelle sue abitudini. Anzi, a noi ha detto che non ha avuto nemmeno troppa paura».

CHE SETTIMANA Ma certo non si è divertito, al termine di una settimana vissuta sopra le righe. Merito — o colpa, a seconda del punto di vista — di una rete decisiva nel derby contro la Lazio di lunedì scorso, che ha fatto diventare Yanga-Mbiwa in poche ore re dei social network, protagonista dell’etere romano, persino personaggio involontario di una specie di Carnevale-sfottò messo su da tifosi della Roma domenica pomeriggio a Ponte Milvio, prima della partita con il Palermo. La settimana perfetta, in un mondo perfetto. Da queste parti è finita diversamente.

Ora la Roma detta le regole a Garcia. Ma Rudi ci starà?

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La Gazzetta dello Sport (M. Cecchini) – Ci sono graffi che si curano con un sorriso, altri invece che si infettano per averli sottovalutati. La conferenza di sabato di Garcia, in fondo, è il classico esempio di come l’apparente serenità del dopo partita domenicale, nasconda tensioni che forse solo il presidentePallotta, nel vertice di giovedì a Londra, riuscirà a placare. Intanto il calendario delle partenze è deciso: oggi si muoverà il d.g. Baldissoni e domani toccherà al d.s. Sabatini. Come dire, prima dell’arrivo di Garcia da Parigi, ci sarà una riunione solo tra vertici societari.

SABATINI SEVERO Da Trigoria in molti fanno sapere che l’allenatore, rivelandolo a sorpresa ai media (anche questa cosa non gradita), si sia autoinvitato a un incontro in realtà solo dirigenziale. Due giorni fa comunque è stato proprio Sabatini a parlare chiaro: «Garcia ha sbagliato la recita di fine anno, le sue opinioni non sono state molto gradite». E a poco è valsa la difesa del francese: «Volevo proteggere la società». Il club ha mugugnato non poco, anche per la precisazione: «Se non avessi parlato di scudetto dopo la partita con la Juve, non saremmo arrivati neppure in Europa League». In realtà alla Roma sono convinti di avere messo a disposizione di Gracia una buona squadra, forse un po’ sopravvalutata, ma in grado senz’altro di fare più strada in Coppa Italia ed Europa League. Se il mercato tutte le parti dicono sia stato concordato, di certo il tecnico ha scelto il preparatore, Paolo Rongoni, che non ha trovato lo giusto feeling con lo staff medico (e viceversa).

IL BUDGET In un’annata con diverse malinconie, l’unica vera autocritica pubblica è stata quella del d.s. Sabatini dopo il mercato di gennaio. Ecco, adesso Pallotta pretenderà chiarimenti prima di decidere quale budget licenziare per la prossima stagione. Un anno fa fu di circa 15 milioni, adesso non è detto che si possa ripetere visto la tagliola del fair play finanziario che imporrebbe di spendere quanto si introita. Per fortuna ci sono i 50 milioni circa della Champions, però fare un budget è più complicato di quanto si creda visto che viene fatto tenendo conto degli ingaggi e delle rateizzazioni nei pagamenti, quelle passate e quelle future. Morale: meglio non aspettarsi enormi iniezioni di denaro, ma una nuova ridefinizione delle priorità. Ovvero: a decidere è il club su tutti gli aspetti, a cominciare dalla preparazione per finire con la comunicazione.

GARCIA RIFLETTE Non è un caso che il nuovo preparatore, il canadese Darcy Norman, sia già a Roma (dove ha già trovato casa e iscritto i figli a scuola), mentre come supervisore medico si fa il nome dello statunitense Brain Mc Keon. Intendiamoci, nessuno vuole esonerare Garcia – che ha un contratto in essere fino al 2018 – tant’è che ieri Sabatini ha detto «Resterà di sicuro», ma di certo gli si chiederà se sia soddisfatto di restare in un club che ha certe regole e certi parametri da rispettare anche a livello di espressione del pensiero. Per il francese, in fondo, contano due cose, che riportiamo affidandoci alle sue parole: 1) «L’importante è che i soldi siano spesi bene»; 2) «L’importante è che non si illudano i tifosi». Al momento siamo convinti che il punto d’incontro si possa trovare, ma ormai a Roma nessuno si sorprenderebbe davvero se Garcia, dopo Londra, decidesse di salutare con un inchino. La voglia di crescere, però, resta tutta. E anche ieri, in una iniziativa ai Musei Capitolini promossa dalla fondazione benefica «Roma Cares» – l’arte spiegata ai bambini da uomini del calcio – Sabatini ha detto: «Se la Roma riuscisse a competere per lo scudetto, iniziative del genere avrebbero un altro peso». Proprio vero.

Yanga Mbiwa, follie da derby

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Il Tempo (E. Menghi) – Fino a pochi giorni fa, non sapeva neppure cosa volesse dire segnare in un derby, con i tifosi che s’innamorano all’improvviso e trasformano il fortunato in un eroe. Purtroppo, però, nella notte tra domenica e lunedì, Yanga-Mbiwa ha scoperto che se è vero che si è più amati è vero anche che si è più odiati dagli ultras avversari. E così, un ragazzo tranquillo come il francese è stato preso di mira da due sostenitori biancocelesti all’uscita da un noto locale del centro di Roma, il Gilda. Mapou era con un paio di amici, voleva godersi la serata libera dopo il gong del campionato e, invece, è stato aggredito, solo a parole grazie all’intervento della polizia, da due malintenzionati, che prima lo hanno insultato, poi si sono sfilati la cintura dei pantaloni con aria minacciosa. Yanga-Mbiwa e i suoi amici hanno cambiato direzione e accelerato il passo, volevano andare a casa evitando problemi, ma i due uomini hanno iniziato l’inseguimento. Il difensore ha capito subito che non si trattava di un tentativo di rapina e ha pensato a una sorta di vendetta per quel gol che ha spalancato le porte della Champions alla Roma, rendendo la vita difficile alla Lazio. Ma il calcio è un gioco, anche se quando deve intervenire la polizia diventa un’altra cosa. E così è stato l’altra notte: Mapou ha incontrato una volante nei pressi di Galleria Colonna e ha spiegato agli agenti la spiacevole situazione in cui era capitato, ma anche i due ultras si sono accorti della macchina e hanno fatto perdere le loro tracce.

La storia non avrà un seguito perché il giocatore francese non ha sporto denuncia ed è tornato a casa, nemmeno troppo spaventato, ma certo non felice per gli attimi di tensione passati. I dirigenti della Roma lo hanno contattato appena saputo l’accaduto e Sabatini ha pubblicamente espresso il suo dispiacere: «L’aggressione subita da Yanga-Mbiwa ci rattrista perché oltretutto stiamo parlando di un ragazzo educato e in gamba. Siamo molto rammaricati. L’ha presa con molto spirito, è sempre sereno e non ha voluto drammatizzare, non è sua abitudine farlo. Anzi, a noi ha detto che non è successo niente e che non ha avuto nemmeno troppa paura». Lui preferisce tenere i toni bassi ed archiviare l’episodio. Ci ha dormito su e poi ha fatto le valigie, perché ieri nel primo pomeriggio aveva l’aereo per Parigi, dove trascorrerà le vacanze estive. Sui social ha ricevuto l’affetto e il sostegno dei tifosi romanisti, ma in molti ci hanno tenuto a precisare che «si è trattato di delinquenti e razzisti, non di laziali: è sbagliato generalizzare». È stato anche lanciato un hashtag in suo onore: da ieri esiste #SiamoTuttiMapou. In linea con le tante facce colorante di nero apparse allo stadio domenica. Contro il razzismo, per l’eroe del derby.

Vergogna Fifa adesso è nei guai il vice di Blatter

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La Repubblica (M. Mensurati/F.Tonacci) – L’inchiesta sulla maxi tangente della Fifa arriva a un passo dalla poltrona di Sepp Blatter. Fu il suo “numero due”, il francese Jérôme Valcke a disporre i tre bonifici da dieci milioni di dollari che, secondo l’Fbi, servirono al Sud Africa per aggiudicarsi l’assegnazione della Coppa del Mondo del 2010. Lo scrive il New York Times citando diverse fonti ufficiali vicine al dossier del general attorneydi New York. Secondo queste fonti, all’interno dei documenti raccolti durante l’inchiesta, ci sarebbero più elementi che autorizzano a ritenere che «l’alto dirigente della Fifa» così citato nel provvedimento eseguito la settimana scorsa a Zurigo sia proprio il segretario generale Fifa, uomo vicinissimo al neo (ri) eletto presidente Blatter.

Per capirsi: fu il vecchio Sepp a salvarlo quando, nel 2006, un giudice di New York scoprì che, da direttore del marketing della Fifa, egli aveva ripetutamente mentito durante alcune contrattazioni per la sigla di alcuni accordi di sponsorship con Mastercard e Visa. Ora Valcke è di nuovo nei guai, e stavolta rischia di trascinare con sé Blatter. Anche se nei documenti dell’Fbi non è specificato se il dirigente francese, al momento di emettere quei pagamenti, nel 2008, avesse idea che si trattasse di una mazzetta. E del resto, riferendosi a lui, l’Fbi lo identifica semplicemente come «high ranking official» e non come «co cospirator», definizione invece attribuita agli altri indagati. Insomma, non è ufficialmente sotto inchiesta. Almeno per ora. Raggiunto via mail dal giornale newyorchese, Valcke si è detto del tutto estraneo ai fatti, affermando di non aver mai disposto quei pagamenti e di non averne neppure avuto il potere. La vicenda di quella mazzetta era stata raccontata all’Fbi nei dettagli da Chuck Blazer, il pentito di questa inchiesta, l’ex dirigente Fifa che aveva assistito, passo passo, a tutta la manovra, ricavandone anche una cospicua parte della tangente.

«Il comitato organizzatore del Marocco ci aveva offerto un milione di dollari per pilotare il voto segreto», disse all’Fbi. C’era un miglior offerente, però. Il governo e il comitato organizzatore sudafricani, che erano pronti a pagare 10 milioni di dollari alla confederazione caraibica da loro controllata, con questa curiosa giustificazione: «Sostegno alla diaspora africana». La diaspora non c’entrava niente. Era la grande torta — di cui a lui sarebbe spettata una fetta da un milione — per votare, insieme a Warner e un terzo soggetto del comitato (non identificato), a favore del Sudafrica. E così accadde: il 15 maggio 2004, a Zurigo, dalle urne Fifa vennero fuori 14 voti per il Sudafrica, contro i 10 del Marocco (nessuno votò per l’Egitto, terzo candidato). I dieci milioni «per la diaspora» arrivarono nei mesi successivi, prelevati dal fondo che la Fifa aveva predisposto per l’organizzazione di quei mondiali. Tre bonifici finirono sui conti dei presunti corrotti: uno da 298.000 dollari, il secondo da 205.000, il terzo da 250.000. «Non era una tangente — si è difeso due giorni fa Danny Jordaan, il presidente del comitato promotore del Sudafrica — Quei soldi non erano altro che un legittimo contributo ad un fondo per lo sviluppo del calcio nei Paesi caraibici», di cui Jack Warner (il complice di Blazer), era il presidente della Federcalcio. Gli investigatori americani credono invece che si trattasse di un tentativo, per altro perfettamente riuscito, di comprare voti per la candidatura sudafricana. Quello che vorrebbero capire, adesso, è non tanto se Valcke al momento di disporre quei bonifici avesse capito. Ma cosa sapesse Blatter.