Ventura prepara la vendetta: «Spero che ci lascino fare quello che hanno fatto loro»

Corriere della Sera (P.Tomaselli) – È l’azzurro che macina più chilometri in campo, che lotta con più convinzione, anche se lo fa mulinando le braccia al vento. Impreca, scuote la testa, ce l’ha con tutti. Soprattutto coi suoi giocatori, che sbagliano le cose più semplici. Ma a fine partita Gian Piero Ventura sceglie di proteggere la sua squadra in vista di tre giorni che saranno molto caldi e se la prende soprattutto con l’arbitro Çakır, un vecchio classico del post-partita all’italiana: «Per quello che è successo in campo è una sconfitta immeritata — premette il commissario tecnico azzurro, al secondo k.o. in gare ufficiali dopo quello del Bernabeu contro la Spagna —. Loro non hanno mai tirato in porta. Noi abbiamo preso un palo e creato tante occasioni.Non voglio giustificazioni, ma spero che a Milano ci concedano di fare quello che hanno fatto loro. A questi livelli serviva più attenzione da parte dell’arbitro. È un risultato non corretto alla luce di quanto si è visto, dobbiamo ribaltarlo a Milano: San Siro deve prenderci per mano».

Però prima l’Italia deve dimostrare di saper camminare, anzi magari correre, da sola. Visto che la Svezia è arrivata quasi sempre prima sul pallone, vincendo la partita anche dal punto di vista fisico e nervoso: «Dobbiamo imparare dagli errori, questa è andata— dice Leonardo Bonucci, che questa fisicità l’ha percepita soprattutto dalle gomitate di Toivonen—. Dobbiamo essere più veloci nella gestione della palla. Al ritorno ci sarà da battagliare, questo è poco ma sicuro. Non basta avere la capacità di reagire, dobbiamo tirarla fuori sul campo. L’hanno messa sul corpo a corpo ma non deve essere alibi. Sapevamo che ce la saremmo giocata sui 180 minuti. Ci aspettiamo un San Siro che ci spinga dal primo all’ultimo minuto. L’Italia deve andare al Mondiale. L’arbitro? Doveva fermare subito la loro voglia di metterla sulla rissa. Ora serve la partita della vita e la partita della testa, io ci credo».

Matteo Darmian fa meno proclami, ma è stato uno dei pochi azzurri a cercare di giocarsela. Le due occasioni più nitide sono arrivate da un suo cross per Belotti e da un suo tiro, che ha sbattuto sul palo: «Peccato — sottolinea l’esterno del Manchester United — ma adesso ci mancano ancora 90’, non è finita. A Milano possiamo fare una grande partita, dovremo dare tutto quello che abbiamo, sappiamo quanto conta essere al Mondiale». La consapevolezza è già un punto di partenza fondamentale, per uscire dai blocchi con lo sguardo giusto, quello che è mancato alla Friends Arena, lo stadio ingannevole già nel nome, dato che «Friends» è il nome della fondazione benefica della Banca di Svezia. Adesso i veri amici l’Italia li aspetta lunedì a Milano. Saranno in 75 mila per spingere gli azzurri in Russia: «Dovremo fare la partita della vita — ripete Marco Parolo, dopo una prestazione deludente come quella di tutto il centrocampo azzurro —. Questa è stata purtroppo una partita sporca, ma ormai è andata. Adesso testa al ritorno, noi al Mondiale ci dobbiamo andare per forza». Per forza, ma senza dare la rimonta come una cosa così scontata o un diritto divino. Altrimenti saranno ancora guai.

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