Il Messaggero (A. Angeloni) – C’è un gigante, ha la maglia bianca con il numero 90, i pantaloncini rossi e gialli, si chiama Romelu Lukaku. Forte, grosso, è uno che sposta le partite e i destini. Se parte forte, non lo riprendi, tira e ti fa male. E segna, questo sì, ancora. Un gol al Toro, un altro, il quinto da quando gioca in Italia, mai a nessuno aveva fatto male così tanto.
È il gol che sta per riportare la Roma verso la zona verde, quella della Champions. Ma la festa è rovinata da un altro gigante, che ha la maglia granata, numero 91, quando mancano pochi minuti al gong, segnando lui, il colombiano, il quinto gol in carriera alla Roma. Torino-Roma non poteva che essere decisa da loro: chi c’è, Romelu, e chi ci doveva essere, Duvan. Non è bastata l’ennesima gemma dell’uomo arrivato alla fine di agosto e sul quale viene riposto il sogno Champions. La Roma dopo il pareggio contro il Toro (giallorossi hanno vinto solo una delle ultime undici trasferte di serie A) sale appena a cinque punti, il quarto posto è a dieci. Chi si aspettava una Roma stile Empoli si sbagliava. Sul campo dei granata non è stata una passeggiata, il grande obiettivo, la vittoria, è stato solo vicino.
La speranza di fare il grande salto in alto è durato appena diciassette minuti: da Romelu a Duvan. La sorpresa tattica della serata giallorossa è El Shaarawy al posto di Aouar: un attaccante agile per un centrocampista che va, per dirla alla Mourinho, al “ritmo della paura”, quindi saluti al 3-5-2 e largo alle due mezze punte, con Lukaku terminale offensivo. La soluzione tampone in mancanza di Pellegrini e Sanches. A specchio con il Toro, insomma, che dietro a Zapata, schiera Radonjic e Seck.
Il ritmo della paura pervade le due squadre, che a livello difensivo sono inappuntabili, si gioca sugli errori, che inevitabilmente arrivano. Da questi nascono le occasioni per il Toro, che non affrontava la Roma essendo sopra in classifica dal primo maggio del 1994: buco di Llorente, con Zapata che impegna Rui Patricio. La Roma risponde con Lukaku, magicamente lanciato in porta da Dybala, e il tiro improvviso del belga non esce di molto.
Il Toro si prende il gioco sugli esterni, la Roma lì non vola: 8 i cross granata nel primo tempo, uno solo per la squadra di Mou, che sceglie più le vie interne, provando a stringere il duo Elsha-Dybala vicino a Lukaku, che gioca spesso spalle alla porta e nel primo tempo guarda poco negli occhi Milinkovic-Savic. Radonjic? E’ un artista in pausa, si accende a intermittenza, si nota solo sul finire dei primi quarantacinque minuti, con una botta da fuori.
In mezzo, dubbi su un presunto fallo di mano di Lazaro su tocco di Kristensen. Guida decide che non è cosa. La ripresa si accende subito, in otto minuti rischiano di andare al gol Lukaku (allungo di cinquanta metri) ElSha (su spunto di Spinazzola) e due volte Seck, che decide di sfidare da solo la difesa della Roma. Si vede qualcosa, insomma, da una parte e dall’altra. Spinazzola taglia il campo con un cross velenoso, che Cristante sfiora appena e la palla finisce sul palo. Il gol si sente, e arriva.
Il solito Lukaku che, nel cuore dell’area, difende un pallone che gli giunge da Kristensen (sporcato da Tameze), tiene a distanza Buongiorno e colpisce, festeggiando la sua centesima partita in A, con il suo terzo gol in giallorosso: tre partite da titolare e tre reti. Esce Il Faraone ed entra Zalewski, che torna al suo vecchio ruolo di trequartista. Sul più bello arriva la rete del Torino, con Zapata, di testa, bel assistito da Llorente e NDicka, che non riescono a contrastarlo. Entra Belotti, che prova a dare l’impulso finale. Ma sono più i fischi che prende che le giocate che riesce a fare. C’è poco tempo. E la Roma è di nuovo rimandata in Champions. E giovedì c’è un’altra trasferta, a Genova.