Il Corriere dello Sport (R. Maida) – Aveva lasciato la a Roma all’età di Bove e Zalewski, perché strapagato dallo Zenit San Pietroburgo all’epoca allenato da Roberto Mancini, l’ha ritrovata alla soglia dei trent’anni con un titolo mondiale nel curriculum e un desiderio di rivincita: non gli era piaciuto passare per la Juventus senza farsi notare e tantomeno essere scaricato dal Psg come se fosse un ex giocatore. Piano piano Leandro Paredes sta spiegando alla Serie A la ragione per cui Mourinho lo abbia voluto al centro del suo programma tecnico.

Dopo due stagioni insoddisfacenti, al netto del mese magico vissuto in Qatar con l’Argentina, Paredes ha capito che proprio il ritorno a Roma, dove anche la famiglia si era trovata molto bene, sarebbe stata la squadra perfetta per incunearsi nell’ultimo strato della carriera. A distanza di tre mesi la scelta lo ha premiato, almeno in termini di importanza nella squadra: basti pensare che, dopo sole 14 giornate di campionato, Paredes ha già superato la cifra dei minuti complessivi dell’intero campionato scorso con la Juve.

Con un regista così, sostituto per niente omologo di Nemanja Matic, la transizione tra una squadra abituata a tenere i punteggi bassi e una che mira a segnare un gol in più dell’avversario è stata quasi obbligata. Non a caso la Roma è oggi terza nella classifica del possesso palla, con oltre il 55% di media partita.

Intanto Paredes, che sa muovere la palla come il joystick della playstation, conta di migliorare ancora per meritarsi un futuro luminoso alla Roma e farsi rimpiangere da Luis Enrique a Parigi: nel suo contratto, che scade nel 2025, è stata inserita una clausola di rinnovo obbligatorio vincolata al raggiungimento del 50 per cento delle presenze stagionali. Se l’andazzo è questo, tra due anni festeggerà lo scatto di anzianità automatico mangiando il pandoro a Natale.