Corriere dello Sport (I. Zazzaroni) – Di pietre ancora libere ne sono rimaste poche e quelle poche potranno essere scagliate contro Mourinho non appena si conoscerà la sentenza del tribunale del pallone. Ha fatto una cosa che non si deve fare e che il calcio delle vergini, delle mille ipocrisie e delle regole costantemente infrante non può proprio tollerare: ha terrorizzato preventivamente un arbitro, il trentunenne Matteo Marcenaro, e – in più – ha sputtanato un avversario, Mimmo Berardi. In sostanza ha detto ciò che pensa – e pensano altri – prima di una partita e non dopo.

Tranquilli, però, se avesse atteso la fine sarebbe stato ugualmente censurato, deferito e squalificato. Perché lui è il rompipalle Mourinho ed è nato recidivo. Poco importa che Marcenaro abbia diretto serenamente l’incontro col Sassuolo dimostrando di avere un po’ di palle (la Roma ha vinto grazie a un rigore netto, un’espulsione non vista dallo stesso Marcenaro e un clamoroso autogol: zero condizionamenti). Il nostro calcio non può permettersi il Grillinho parlante: ha accusato il Marce di scarsa stabilità emozionale e deve essere punito con severità. Dura lex, dura minga.

Capitolo Berardi (opzionale): ricordo le critiche mosse da Gasperini a Chiesa e Immobile, da lui considerati dei simulatori, dei cascatori. Le stesse cose ha detto Mourinho di Berardi, precisando peraltro di amarlo sul piano tecnico. E adesso mi chiedo – espresso questo parere – se potevo risparmiarmelo. Perché a qualcuno potrebbe sembrare una difesa. Un soccorso. Che Mourinho – incolpevolissimo – non merita, né gradisce. Il suo insistente piacere di fare, accusare, polemizzare, ha stravolto e aggiornato un modo di dire: il silenzio dei colpevoli. The silence of the guilty.