Totti, le motivazioni dell’addio: proprietà americana, Franco Baldini e ruolo marginale

Francesco Totti lascia la Roma dopo trent’anni e lo fa attraverso una conferenza stampa organizzata presso il Salone d’Onore del CONI (leggi qui la news). È rottura con la società giallorossa ed ecco le motivazioni per cui l’ex capitano ha voluto dare l’addio al club del proprio cuore:

FRANCO BALDINI:

Che rapporto c’è con Franco Baldini? 
Non c’è mai stato e mai ci sarà. Ho preso questa decisione anche per dei problemi interni. Andava scelto uno dei due, quindi mi sono fatto da parte io. Non servono troppi galli a cantare. Le persone che mettono bocca e fanno danni. Ognuno dovrebbe fare il suo. Quando canti da Trigoria, non senti mai il suono. L’ultima parola spettava sempre a Londra. Era inutile dire quello che volevi cambiare, era tempo perso.

Se andasse via Baldini potresti tornare? 
No. Se il vaso è rotto non si possono rimettere i cocci al posto giusto. Potevano fare questa scelta prima, è giusto che rimanga così se non ci hanno pensato prima. Rispetto, ma a malincuore.

 

PROPRIETA’ AMERICANA:

Ti avevano promesso qualcosa?
Tutti sappiamo che hanno voluto che io smettessi. Avevo un contratto di sei anni da dirigente, sono entrato in punta di piedi perché era un altro ruolo. Sono due cose completamente diverse anche nella stessa società. Di promesse ne sono state fatte tante, ma alla fine non mantenute. Loro sapevano che cosa io volessi. Col passare del tempo giudichi e valuti, anche io ho un carattere ed una personalità, non sto qui a fare quello che mi chiedono di fare. Lo facevo per la Roma, ma non volevo mettermi a disposizione di altre persone che non volevano facessi questa cosa.

C’è stata una sorta di “deromanizzazione”? E’ un’operazione congiunta o casuale?
E’ stato un pensiero fisso di alcune persone quello di togliere i romani dalla Roma. E’ prevalsa alla fine, perché hanno ottenuto quello che volevano. Da otto anni a questa parte, con gli americani, hanno cercato in tutti i modi di metterci da parte. Hanno cercato in tutti i modi di farlo. Hanno voluto questo e ci sono riusciti.

L’assenza di Pallotta pesa?
Per me pesa tantissimo. Il giocatore trova sempre un alibi, una scusa. Quando le cose vanno male dicono che manca il presidente, il direttore sportivo e così via. Questo va a dar problemi alla squadra ed alle partite. Per me crea un danno. Il presidente deve essere più sul posto: quando vedi un capo stai sull’attenti e lavori come dovresti lavorare. Quando non c’è il capo fanno tutti come gli pare. Quando ti alleni senza il mister, con il secondo allenatore fai lo stupido, col mister vai a 300 all’ora.

La proprietà americana avrebbe potuto fare di più?
E’ un dato di fatto. Se devi vendere perché sei a -50 devi vendere e la squadra si indebolisce. Da parte mia c’è sempre stato il 100% dell’impegno.

Perché non sei riuscito a creare un rapporto diretto con Pallotta?
Nelle ultime settimane ha cercato di trattenermi, sempre per terze persone. In due anni non ho mai sentito nessuno, né Pallotta né Baldini. Io che cosa devo pensare? Che sono benvoluto? Non è mai successo.

 

RUOLO MARGINALE E POCO POTERE DECISIONALE:

La Roma ti ha messo nelle condizioni di fare il tuo lavoro?
Ho preso la decisione perché non ho potuto fare niente. Non potevo sopratutto sull’area tecnica. Non voglio fare il fenomeno, ma capisco di più rispetto a qualcuno a Trigoria. Ho le basi e l’occhio per guardare direttamente. Io penso di saperlo fare bene, anche sbagliando, ma la parola mia è diversa da quella della Roma. Ho sempre messo la faccia e sempre la metterò, sopratutto quando le cose vanno male come quest’anno.

Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
Il vaso ormai si era riempito. Tante cose mi hanno fatto riflettere e pensare. Non sono mai stato reso partecipe, solamente quando erano in difficoltà. In due anni avrò fatto dieci riunioni, mi chiamavano sempre all’ultimo, come se volessero accantonarmi. Il cerchio si stringe dopo un po’ e subentra il rispetto verso la persona. Io ho cercato di mettermi a disposizione e di portare qualcosa in più alla società, ma dall’altra parte c’era un pensiero diverso.

La proposta di direttore tecnico e la limitazione alle tue attività esterne è arrivata? 
Non ho chiesto soldi, né mai di comandare tutto. Ho chiesto di dare un contributo e di metterci la faccia. Ho chiesto di decidere come gli altri. Fanno il direttore sportivo, l’allenatore e non mi chiamano. Non sono andato a Londra perché mi hanno avvertito due giorni prima. L’allenatore era già fatto, il ds quasi. Che vado a fare senza decidere? L’unico allenatore che ho chiamato è Antonio Conte. Sinisa, Gasperini, Gattuso e così via non li ho mai chiamati. Una persona ho chiamato: Conte. Se fanno passare che ho chiamato tutti e che l’unico che non ho chiamato è Fonseca non va bene. Io per stupido non ci passo. Questa è la realtà.

Pallotta dice che hai avuto un peso nella scelta dell’allenatore. Seguendo quello che hai detto, Pallotta mente?
Guido Fienga è l’unico che ci ha messo la faccia. E’ l’unico che mi ha fatto questa proposta, se non ci fosse stato lui sarei rimasto così. E’ inutile continuare su questa strada. L’unico che ho chiamato con Fienga è Claudio Ranieri. Oggi lo ringrazio Ranieri, perché ha fatto il massimo per noi ed è un uomo vero. Non abbiamo parlato di niente e mi ha detto “domani sono a Trigoria”. I tifosi gli hanno dato un contributo all’addio di Daniele ed è doveroso fargli un saluto. Le dichiarazioni di Pallotta? Non sono qui ad andare contro di lui, non mi serve dare bugie. A che pro? Dico la verità.

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