Tor di Valle sotto inchiesta. La Corte dei Conti: «Possibile danno erariale»

Il Messaggero (M.Allegri) – Sull’affaire “stadio della Roma”, scende in campo la Corte dei conti. Dopo il parere negativo del ministero dei Trasporti, che ha bocciato infrastrutture e organizzazione della viabilità, e in attesa della conferenza dei servizi convocata in settembre dalla Regione, il procuratore capo Andrea Lupi ha aperto un fascicolo d’indagine. Nel mirino della magistratura contabile, la delibera capitolina che approva l’interesse pubblico per l’impianto sportivo di Tor di Valle e per il progetto proposto dalla società Eurnova dell’imprenditore Luca Parnasi. L’inchiesta è scattata dopo due esposti presentati dal Tavolo della libera urbanistica del Movimento 5 stelle, che comprende la base grillina contraria al progetto, e dal segretario dei Radicali, Riccardo Magi. A scrivere e firmare il primo documento, è Francesco Sanvitto, architetto, urbanista e militante 5 stelle. Le criticità segnalate e sulle quali farà luce la magistratura contabile sono parecchie. Tre in particolare: il pagamento «con moneta urbanistica», da parte dell’Amministrazione, di aree che il Campidoglio dovrebbe invece ottenere gratuitamente, il fatto che, se il progetto verrà approvato, il Comune avrebbe un ritorno carente in termini di opere pubbliche e, oltretutto, la considerazione che le opere pubbliche in questione sarebbero in realtà indispensabili ai privati per svolgere la propria attività. Ora, i pm contabili dovranno stabilire se la delibera comporti un danno erariale, valutare la legittimità di una possibile variazione al piano regolatore e, soprattutto, verificare la differenza fra i costi sostenuti per la collocazione dello stadio a Tor di Valle rispetto a un’altra zona della Capitale. Per questo motivo, il procuratore Lupi chiederà una relazione al Segretariato generale del Campidoglio.

LE IRREGOLARITÀ – Per quanto riguarda il primo punto dell’esposto, bisogna considerare il fatto che il progetto definitivo prevede una superficie complessiva di 890.808 mq. Il 61 per cento dei terreni è della Eurnova, mentre il restante 39 per cento è di altri proprietari «assoggettabili a esproprio». In relazione a questi terreni, l’Amministrazione «prevede di risarcire il proponente con moneta urbanistica», cioè con la creazione di diritti edificatori. Tradotto: Eurnova si occuperebbe di rilevare le aree dagli altri proprietari e il Campidoglio la ripagherebbe a suon di cubature. In realtà, si legge nel documento, il Comune pagherebbe «per entrare in possesso di aree che avrebbe dovuto ricevere a titolo gratuito». Da qui, un possibile danno erariale. Nell’esposto della base grillina si sottolinea anche che il ritorno in opere pubbliche per Roma Capitale sarebbe carente. «L’interesse pubblico – si legge nel documento – si avrà solo e soltanto se almeno il 50 per cento del plus-valore finale delle opere private concesse in deroga ritornerà nelle casse dell’ente pubblico sotto forma di opere». Per Sanvitto, invece, «il valore che spetta a Roma Capitale per ogni metro quadrato di Superficie utile lorda sarebbe 2.174 euro/mq e non gli 800 euro che si dichiarano “congrui” nella delibera. Si verificherebbe quindi un «indebito arricchimento del proponente», anche perché parte delle opere di interesse pubblico sarebbe in realtà «indispensabile» per il privato per poter rendere «agibile e raggiungibile» il complesso immobiliare. Significa che le stesse opere, fatte passare per interventi di pubblica utilità, sarebbero comunque dovute essere realizzate per poter utilizzare in sicurezza la struttura. Non è finita. La base grillina punta il dito anche contro il costo di costruzione, indicato in 43,3 milioni. La somma «doveva essere un onere fiscale da corrispondere direttamente nelle casse comunali, prima di ritirare il permesso a costruire». Invece, viene utilizzata per permettere al proponente di realizzare «opere a scomputo», dilazionando nel tempo il pagamento e utilizzando parte delle tasse «per espropriare i terreni di terzi».

INAGIBILITÀ – L’esposto presentato dai Radicali, invece, si concentra sul «rischio inagibilità» dello stadio che, nel progetto attuale, sarebbe servito da infrastrutture ampiamente insufficienti e collocato in una zona a rischio inondazione «impossibile da evacuare in tempi rapidi». Una condizione che genererebbe un «futuro enorme danno erariale» per il Campidoglio, tale da «mettere a rischio i futuri bilanci comunali».

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