Corriere dello Sport (M. Evangelisti) – La nostra piena solidarietà a José Mourinho e a tutti coloro che dividono con lui il palpito quotidiano di lavorare al centro sportivo di Trigoria. Un non luogo in continua evoluzione dove non si sa mai chi si possa incontrare, chi si possa rimpiangere, di chi bisognerà chiedere notizie e con chi potrai scambiare qualche chiacchiera professionale o ilare.

Oggi ci mettiamo nei loro panni, che sono gli stessi dei tifosi della Roma, tuniche di Nesso scomode e brucianti. C’è quest’ansia soffocante che unisce coloro che guardano con qualche interesse sentimentale le partite, quelli chiamati a gestirle e i giocatori. Perché persino loro danno l’impressione di andare in campo con lo scopo principale di rimanere in piedi, come motociclisti sull’asfalto bagnato, guidati più dall’istinto di sopravvivenza che dalla smania di vittoria. In partita come in allenamento. Per questo ogni gara dal punto di vista tattico somiglia a un appuntamento al buio. E per questo poi si elevano preghiere a protezione di Cristante, che non si è perso un minuto ed è in mezzo, in attacco, in difesa e in ogni luogo.