Milan, la legge di Ibra: alla Roma non basta la carica finale

Corriere della Sera (L. Valdiserri) – Alla fine di una partita che l’arbitro Maresca trasforma in corrida per eccesso di protagonismo, il Milan vince dove il Napoli aveva pareggiato e mantiene il primo posto in coabitazione con la squadra di Spalletti. È un’altra prova di maturità superata, è la dimostrazione che la old school (leggi: Ibrahimovic, a lungo chiamato “zingaro” dai soliti razzisti”) ha ancora molto da insegnare alla new wave (Abraham).

Fino a che ora la partita è stata lineare il Milan l’ha giocata meglio e Ibra (gol e rigore procurato) è stato l’uomo che ha messo in difficoltà la Roma che non sapeva come prenderlo.

Il centro delle discussioni sarà, naturalmente, il rigore del 2-0 che viene concesso a inizio ripresa: Ibanez prova in tutti i modi a fermare Ibrahimovic e sicuramente tocca il pallone. Maresca vede anche un contratto con la gamba dello svedese pure dopo il richiamo alla Var. È un rigore costruito in laboratorio, non sul campo di gioco. E questo è uno dei difetti peggiori degli arbitraggi in serie A.

Fa discutere, a campi inversi, anche l’espulsione di Hernandez, che frana addosso a Pellegrini ma giura di essere stato sbilanciato. In dieci per mezzora il Milan subisce l’assalto della Roma, che trova il gol solo nel recupero con El Shaarawy. Ad aumentare i veleni c’è un contatto tra Kjaer e Pellegrini che sembra molti simili a quello tra Dumfries e Alex Sandro nel recentissimo Inter-Juve.

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