Io, due miei amici e l’incubo rosso

Tutto era pronto, secondo i tifosi della Roma la squadra di Nils Liedholm avrebbe vinto quella finale. Forse perché si giocava all’Olimpico e, questo si pensava, in casa non si può perdere ma si può soltanto vincere. La sera del 30 maggio del 1984 tutto era pronto per celebrare la Roma sul tetto d’Europa. Non era presunzione, ma era semplicemente la certezza di una notte magica. La Roma, un anno prima della finale di Coppa Campioni, aveva vinto il suo secondo scudetto, i festeggiamenti in città erano stati un po’ esagerati ma nulla in confronto a quanto sarebbe accaduto con i giallorossi campioni d’Europa. La partita era diventata una specie di rottura di scatole tra il pre festa e la festa. Come riporta Il Messaggero, quando lo svedese Fredriksson diede il via alla finale sopra lo stadio Olimpico c’era una luce strana. Il gol di Neal, il pareggio di Pruzzo poi i calci di rigore. È storia, la conoscono tutti. C’è stato un momento, forse meno di un minuto, in cui la Roma è stata sul tetto d’Europa: errore di Nicol e gol di Di Bartolomei. Roma in vantaggio, che per qualcuno è la frase più bella al mondo. Il boato al gol di Ago, però, non ha nulla a che vedere con il silenzio devastante che ha accompagnato il rigore di Kennedy, quello del 4-2 Liverpool. In realtà, chi sostiene che quella finale non si sia mai giocata, lo fa soltanto per non piangere ancora.

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