La Repubblica (E. Gamba) – La Roma non è niente di più del calcio triste di una squadra smorta: l’eccezione sono state le tre partite precedenti, almeno vigorose o forse solamente facili, non questa resa imbelle ai propri limiti, prima di tutto.
La battaglia di Marassi, lo stadio più ribollente d’Italia, non era adatta a una truppa imbolsita dalla banalità e infine travolta dagli slanci passionali del Genoa, che ha un livello tecnico enormemente inferiore, che nel giro di mezz’ora ha perso per infortunio gli unici due centrocampisti d’esperienza e qualità, Badelj e Strootman, eppure non ha fatto un plissé.
Dybala? Cammina, anzi ciondola. Lukaku? È ancora lì, aspetta un pallone decente. Pellegrini? Carta velina. Gudmundsson e Retegui hanno invece fatto ammattire la frastornata difesa romanista e segnato i loro gol dopo che i giallorossi avevano perso comodi palloni in fase di impostazione. La terza rete l’ha fatta Thorsby sugli sviluppi di un corner che era stata l’unica sortita genoana dalla trincea. La quarta Messias, al debutto.
Per la Roma è la peggior partenza degli ultimi trent’anni: i tifosi in trasferta l’hanno contestata pesantemente, richiamando i giocatori sotto lo spicchio del settore ospiti, da dove è partito lo slogan di circostanza (“Tirate fuori le palle“) che la squadra s’è sorbita a testa bassa e con le mani sui fianchi. Il resto di Marassi, nel frattempo, continuava a ribollire di euforia.