De Rossi, ecco perché la firma non c’è

Corriere dello Sport (R.Maida)Non è solo una questione di soldi ma sarebbe ingiusto stabilire che il denaro non c’entra. La Roma e De Rossi si vogliono bene, tanto che un alto dirigente come Baldissoni ha parlato del vicecapitano come di «uno di famiglia», poi però ognuno deve puntare alla soluzione più conveniente per le proprie esigenze. Senza tensioni, senza litigi, ma con una legittima rivendicazione dei rispettivi ruoli. E così proprio Baldissoni, che in virtù dei rapporti personali con De Rossi gestisce la trattativa con il procuratore Sergio Berti, non è ancora riuscito a strappare il sì della controparte, a causa della distanza di vedute emersa già nei primi colloqui.

FILOSOFIE – Forse tutti, di sicuro la Roma, a un certo punto hanno dato per scontato che il contratto si sarebbe rinnovato naturalmente, perché contro natura sarebbe vedere De Rossi con un’altra maglia addosso, soprattutto se di un club italiano. Ma De Rossi non chiede un contratto di riconoscenza o un omaggio alla memoria. Ritiene di essere ancora un calciatore di primo piano, come ha rimarcato ieri Spalletti, e come tale pretende di essere trattato. Altrimenti, anche se a malincuore, andrà via «perché io vado a giocare dove mi pagano di più» (De Rossi dixit) e perché le offerte, non soltanto esotiche, non gli mancano di certo.

NEGOZIO – Alla fine un’intesa si dovrebbe trovare, visto che gli interessi di continuità coincidono, però il riferimento di Spalletti a Pirlo e all’errore di valutazione del Milan non è casuale. E in qualche modo mette la società davanti alle proprie responsabilità. La proposta che la Roma ha fatto a De Rossi, un anno di contratto con opzione di rinnovo legata a un determinato numero di presenze, non è stata accettata. Per arrivare alla firma serve un biennale che si attesti sui 2,5-3 milioni netti a stagione. Molto meno, comunque, di quanto De Rossi guadagni adesso, 6,5 milioni netti, frutto di una negoziazione determinata in toto dal giocatore, che all’epoca poteva giocare in qualunque club del mondo e fece valere il suo potere contrattuale.

IL PATRON – Adesso le condizioni sono cambiate, De Rossi sta per compiere 34 anni e non può pretendere un trattamento economico analogo. Ma neppure è disposto ad accettare offerte insoddisfacenti. Sullo sfondo resta il presidente, James Pallotta, che ha demandato il caso alla dirigenza italiana. Per intendersi, il nuovo direttore sportivo Monchi, una volta entrato in possesso del suo ufficio a Trigoria, troverà la questione già risolta, in un senso o nell’altro.

IL RESTO – Dovrà invece occuparsi delle altre situazioni lasciate volutamente in sospeso da Pallotta che a gennaio, durante i meeting con Baldissoni a Miami, si rese conto che non sarebbe stato possibile accontentare le richieste di adeguamento salariale di tutti i giocatori e allora ha deciso di sospendere tutte le trattative per i rinnovi. Strootman, che vuole rimanere, va in scadenza nel 2018 e dev’essere fermato con un prolungamento: sembrava tutto già avviato a novembre ma il fatidico autografo tarda ad arrivare. E se Nainggolan, che ha un legame con la Roma fino al 2020, sarà gratificato da un bonus di rendimento, restano in sospeso anche le posizioni di Manolas, primo indiziato per la cessione, e dei meno appariscenti Paredes ed Emerson. Niente è certificabile in questa fase, a cominciare dal futuro dell’allenatore

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