Burdisso: “Vorrei tornare a lavorare con De Rossi in Italia. Pellegrini? La sfida più grande per un romano è costruire qualcosa per vincere”

Alla Roma dal 2009 al 2014, Nicolas Burdisso è tornato a parlare della sua carriera in giallorosso, del suo rapporto con Daniele De Rossi (che ha portato al Boca Juniors nel corso della sua esperienza come direttore sportivo del club argentino) e con l’Italia. Queste le sue parole a Fanpage:

“Gli anni all’Inter, insieme a quelli del Boca e ai primi della Roma sono stati i migliori anni della mia carriera”.

Con la Roma nella stagione 2009-10 avete sfiorato uno Scudetto storico. E contro l’Inter del Triplete, dalla quale lei veniva in prestito. È stata un’occasione sprecata?

Non so se sia stata un’occasione sprecata. Semplicemente è andata così. Abbiamo raggiunto la finale di Coppa Italia e abbiamo lottato per lo Scudetto contro l’Inter. E non un’Inter qualsiasi bensì quella del Triplete, l’ultima grande squadra italiana. Personalmente mi piaceva molto affrontare quell’Inter, per una questione di massima competitività e di poter misurarmi contro dei grandissimi calciatori. Di quella stagione però resta una grande cavalcata con mister Ranieri, resta un anno favoloso sotto tanti aspetti ma che purtroppo non siamo riusciti a coronare con uno Scudetto che sarebbe stato storico.

Avrebbe preferito vincere un mondiale con l’Argentina o uno Scudetto con la Roma?

Ah, non si può paragonare un titolo con una nazionale e uno con una squadra di club. Ma posso dire che vincere un mondiale con l’Argentina o uno Scudetto con la Roma sarebbero state sensazioni indimenticabili. In nazionale ho giocato due quarti di finale dei mondiali e con la Roma ho sfiorato il titolo, ma le sensazioni che trasmetteva la gente in quei momenti erano fantastiche.

Ha giocato con Zanetti e Totti, due capitani storici di Inter e Roma

Quello che mi impressionava di entrambi è la loro carica carismatica. Oggi forse si fa più fatica a trovare calciatori come loro due che avevano sempre una parola, un momento o anche solo uno sguardo per farti vedere che erano diversi. Oggi ci stiamo abituando sempre di più a queste macchine, a questi calciatori che segnano, si allenano e vivono in un ambiente molto professionistico. Totti e Zanetti erano di altri tempi perché dopo tanti anni nella stessa squadra riuscivano a trasmettere sentimenti importanti a tutti quelli che erano intorno a loro.

A Roma lei ha incrociato anche Lorenzo Pellegrini, oggi titolare con Fonseca

L’ho conosciuto quando lui giocava nella Primavera e l’ho affrontato quando era al Sassuolo. È un giocatore molto interessante che deve continuare a crescere. Da romano conosce bene l’ambiente e sa gestirlo, ma la sfida più grande per un romano alla Roma è costruire qualcosa per vincere, perché alla fine il calcio si riduce alle vittorie.

Nel tuo passaggio alla Roma hai fatto un’amicizia importantissima come quella con Daniele De Rossi, che poi hai portato al Boca

Daniele è una persona molto vicina. Da parte mia c’era moltissima ammirazione per una persona come lui diversa dalle altre. Non ho dubbi che continuerà a fare la storia del calcio italiano. E mi auguro di seguirlo perché abbiamo gli stessi valori, la stessa filosofia di vita dentro e fuori dal campo. Il suo percorso da tecnico sarà pieno di risultati sia in campo sia fuori perché lui è una persona che trascina e trascende quanto accade in campo e questo lo rende diverso dagli altri.

Sta dicendo che le piacerebbe tornare a lavorare con De Rossi in Italia?

Il desiderio è quello…

Roma è un po’ come Buenos Aires?

A livello di gente ho sempre pensato che il romano vive e pensa come il porteño (abitante di Buenos Aires). Poi a Roma sono arrivato a 28 anni con la giusta esperienza e condizione fisica e ho fatto due secondi  posti e due finali di Coppa Italia. Significa perciò che bisognerà tornare per vincere quello che si vuole vincere.

Come prosegue la sua formazione da dirigente sportivo?

Cerco di aggiornarmi sempre su tutto, ma non solo sul campo ma anche a livello di business e marketing. La mia reputazione nel calcio d’élite e la mia personalità lo richiedono. Io so che tornerò in Italia, sto aspettando la proposta giusta dopo aver rifiutato alcuni incarichi in alcune squadre sudamericane perché non mi convinceva il loro progetto sportivo.

 

 

 

 

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti