La Gazzetta dello Sport (A. Pugliese) – Da una parte l’”io“, dall’altra il “noi“. Un allenatore pluridecorato e un altro che questo lavoro lo vuole fare con tutto il cuore e la voglia che ha dentro. Da una parte José Mourinho, dall’altra Daniele De Rossi. Con un approccio alla professione profondamente diverso.

Al di là della metamorfosi tattica (con il passaggio dal 3-5-2 al 4-3-3), se c’è una cosa che è cambiata in queste due settimane di gestione derossiana è proprio il rapporto tra l’allenatore e il gruppo. Tanto che anche ieri Daniele ha deciso di portare a cena tutta la squadra a spese sue, in quel di Ostia, che poi è davvero casa sua, dove è nato e cresciuto (e dove vivono ancora i genitori).

Una cena per stare insieme, creare gruppo, cementare e compattare una squadra che ha bisogno di essere sempre più stretta, sempre più unita. “Questa non è una squadra, è una famiglia”, diceva spesso Mou in questi due anni e mezzo vissuti nella Capitale. Ecco, De Rossi ha un concetto diverso di famiglia. E va avanti per la sua strada. Che ieri sera, appunto, l’ha portato in un noto ristorante sul lungomare di Ostia. Lui, lo staff tecnico e la squadra al gran completo.

Del resto, questo è un crocevia fondamentale, perché se dopo le vittorie conquistate con Verona Salernitana lunedì sera dovesse arrivare anche un successo contro il Cagliari di Claudio Ranieri, allora sì che la classifica sarebbe bella da vedere per i giallorossi. Ed è anche per questo che De Rossi ha deciso di fare subito “team building”, costruzione del gruppo, per cercare di eliminare qualsiasi spiffero negativo, ammesso che ce ne siano intorno al gruppo. Meglio però prevenire che eventualmente curare.

Insomma, mentre Mourinho quando c’era da colpevolizzare un giocatore non si tirava certo indietro, De Rossi tende a difendere la squadra in tutto e per tutto. È successo anche dopo le partite vinte con Verona Salernitana, quando per giustificare la lentezza del possesso palla e un gioco non certo super l’allenatore giallorosso ha detto: “La colpa è mia, sono io che non sono ancora riuscito a far capire certe cose”.