Corriere dello Sport – Roma: rabbia, urla e malumori

Delusione e discussione. Un rapporto di causa-effetto tipico di ogni ambiente di lavoro. Ma stavolta Luis Enrique non c’entra. Non direttamente, almeno. La sconfitta di Udine ha lasciato il segno nei giocatori della Roma. Che negli spogliatoi dello stadio Friuli, non curandosi di occhi e orecchie indiscreti, si sono lasciati trasportare dal nervosismo. Da una parte alcuni tra i cosiddetti senatori, i reduci della gestione Sensi; dall’altra i giovani, gli ultimi arrivati, arrivati, quelli dell’ «utopia» nascente. Non si è arrivati alle mani, per carità. Né a una spaccatura nelle relazioni tra colleghi, che sarebbe assurda dopo pochi mesi di condivisione. Però qualche parola poco carina, sentita anche nelle stanze accanto, è stata urlata. I “vecchi” erano infuriati per l’atteggiamento troppo morbido dei nuovi compagni: “Così non si gioca, ragazzi, dovete correre in campo e sacrificarvi per la squadra“. Questo il concetto rivolto soprattutto a Lamela, Bojan e Josè Angel. I «ragazzi» hanno accettato lo sfogo senza reagire più di tanto. Ed è finita lì, per fortuna della Roma. E’ stata una cosa, più che un caso.

A POSTO Sul charter che ha riportato la squadra a Roma in nottata non ci sono stati altri momenti di rabbia. Semmai un malumore generalizzato. In aereo ha regnato il silenzio. E nessuno ha fiatato anche dopo, sul pullman che ha riportato la squadra da Fiumicino a Trigoria. Luis Enrique era molto amareggiato, più di quanto non avesse detto in conferenza stampa. Ai suoi collaboratori, tra l’altro, ha confidato di essere preoccupato per gli infortuni che hanno prosciugato la difesa.

A ROMA I musi lunghi però a Trigoria si stanno allargando. Come spesso succede quando i risultati non premiano l’impegno quotidiano. Focolai da spegnere al più presto con una serie di vittorie. Ci sono gli scontenti che non giocano, tipo Borriello che è stato richiesto dai tifosi attraverso uno striscione srotolato a Udine, ma ci sono anche gli scontenti “strutturati”. Quindi gente che va in campo senza essere tanto convinta di certe logiche gestionali: a molti per esempio piace poco non sapere (e neppure intuire) la formazione fino all’ultimo secondo. In più, anche tra i dirigenti ora si avverte un pizzico di insoddisfazione. Oltre al dispiacere per una notte che ha bloccato la crescita della squadra, è salito un certo timore per quello che può succedere: da qui a Natale la Roma è attesa da quattro partite – Fiorentina, Napoli e Bologna fuori, Juventus in casa – che possono metterla in grave imbarazzo. Luis Enrique non è in bilico (per Baldini non lo sarà mai da qui a fine stagione) ma tutti hanno notato i suoi errori. Gli esperimenti sbagliati vengono ancora considerati un dazio fisiologico per un allenatore che non conosceva l’Italia e non conosceva bene neppure il mestiere in sé e per sé. E la fiducia, o meglio la fede, è la stessa dell’inizio. Ma la Roma si aspettava di più da questo terzo di campionato. E quindi anche da Luis Enrique.

RILANCIAMO E se l’allenatore ha visto una buona Roma, una serena autocritica viene da Bojan Krkic che sui social network ha scritto: “Non sono mai giornate facili dopo una sconfitta. Dobbiamo imparare dagli errori che abbiamo fatto e continuare a lavorare. Non vediamo l’ora di giocare contro la Fiorentina” . Già ma bisogna aspettare ancora una settimana. Sarà lunga, molto lunga. Bojan peraltro è in un periodo molto difficile: dopo i gol sbagliati contro il Lecce, sono arrivati il secondo ritiro della patente in due mesi (alle tre del mattino: la società non ha gradito) e la panchina di Udine, con tanto di rimproveri della vecchia guardia. E’ tempo di farsi perdonare.

Corriere dello Sport – Roberto Maida

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