Così hanno preparato il derby

Quanto vale un derby a Roma? D’accordo, in palio non c’è un trofeo (provate ad immaginare di quali dimensioni dovrebbe essere la bacheca giallorossa se così fosse), ma neanche Zeman aveva tutte le ragioni quando affermava che la stracittadina romana è una partita come le altre. Il derby, nella Capitale, è la madre di tutte le partite e si arricchisce ogni anno di nuovi contenuti e nuovi, spesso inaspettati, eroi. La Roma ci arriva col vento in poppa, rinfrancata dal doppio successo negli ultimi due turni di Serie A, contro Parma e Atalanta, ma soprattutto con l’eredità lasciata in dote dalle ultime 5 uscite con la Lazio: cinque trionfi, quattro in campionato e uno in coppa Italia. Un record. I tifosi ci hanno preso gusto, tanto che da due settimane, a Trigoria così come in città, non si parla d’altro. L’attesa è febbrile, resa ormai quasi insopportabile, dalla sosta per le Nazionali. L’ambiente giallorosso è già proiettato alla sfida di domenica con una voglia matta, Sabatini oserebbe dire feroce, di regalarsi un’altra notte da leoni con la consapevolezza che sulla sponda opposta del Tevere c’è un avversario ferito e impaurito, seppur con un legittimo spirito di rivalsa dopo tante umiliazioni. Vecchie sensazioni, la solita smania che anticipa il derby da queste parti.

QUI TRIGORIA – Chi si appresta a vivere per la prima volta queste emozioni è l’allenatore giallorosso Luis Enrique. Chiariamo, non che uno come lui non sia abituato ai grandi appuntamenti, o “super classici” se preferite, ma il tecnico asturiano, perno della nuova e rivoluzionaria Roma americana, ha già intuito che dall’esito di una gara del genere passano le aspettative di un’intera stagione nell’immaginario collettivo dei tifosi, altro che rivoluzione. Ha capito Luis Enrique! E studia. Lo fa sin da quando al Fulvio Bernardini sono ripresi i lavori, due giorni dopo la convincente prestazione che la squadra ha offerto contro l’Atalanta. Con la collaborazione del suo fedele staff, l’ex Barça B ha passato in rassegna i dvd degli ultimi 5 derby. Ore intere passate davanti allo schermo, in mano un quaderno su cui appuntarsi ogni punto vulnerabile dei biancocelesti. E poi il campo: oltre 18 ore totali di allenamenti, spalmate su 10 giorni di duro lavoro sul prato del Fulvio Bernardini. E’ maniacale Luis Enrique, cura con precisione ogni aspetto che coinvolge la tattica. Osserva i movimenti, dei singoli e dei reparti, senza mai abbandonare il suo credo calcistico: costruzione della manovra a partire dall’estremo difensore, e possesso palla fino alla porta avversaria. Nel corso degli ultimi 15 giorni l’allenatore spagnolo ha scrutato le sedute da ogni angolazione, anche da una tribunetta rialzata, frequentemente riservata al canale tematico giallorosso per le riprese televisive, in occasione della partitella organizzata per testare le condizioni di Lamela. Spesso si è occupato personalmente di pressare il portatore di palla con la stessa grinta e intensità che pretende dai suoi calciatori e non sono mancate le occasioni in cui ha interrotto il gioco, e riunito il gruppo a centrocampo, per sottolineare certe sbavature che ancora non permettono alla Roma di diventare quella macchina perfetta che ha in mente il mister.

LEITMOTIV – La pausa per le qualificazioni delle nazionali ad EURO 2012 ha privato il tecnico di alcuni degli interpreti principali del suo gioco, tra cui De Rossi, Pjanic e Osvaldo, che si sono uniti al resto del gruppo solo nella seduta di mercoledì scorso. Tuttavia, due pedine che si stanno rivelando fondamentali nella alchimie tattiche di Luis sono rimaste a lavorare a Trigoria: Rosi e Jose Angel. In questo inizio di stagione hanno entrambi recitato la parte degli esterni alti, piuttosto che dei terzini, il che comporta sempre un inevitabile rischio nelle retrovie in caso di contropiede. La Lazio, si sa, ama sviluppare il gioco puntando sulle corsie laterali, i nuovi acquisti Cissè e Klose hanno una propensione naturale nel tentare di allargarsi e ricevere sulle fasce. Lo sa bene anche il tecnico iberico, ciò nonostante non vuole snaturare le caratteristiche dei due giovani esterni ai quali chiederà di salire e portare il pallone, se e quando possibile, così come ha chiesto loro durante queste due settimane. Agli avanti, invece, il compito di attaccare entrambi i pali, magari incrociando la corsa prima di ricevere la sfera. Sono questi i leitmotiv delle giornate trascorse all’interno del quartier generale romanista.

SALE L’ATTESA – Sold out. I botteghini, già da qualche giorno, hanno estinto le ultime giacenze di biglietti dei settori più popolari ed economici. Con l’intera Tribuna Tevere messa a disposizione dei soli abbonati e tesserati laziali, i tagliandi di Curva e Distinti Sud sono andati polverizzati nel giro di poche ore. Rimangono, per gli ultimi tra ritardatari ed indecisi, i tickets di Monte Mario (un titolo d’ingresso nel settore più esclusivo dello stadio vale però oltre 100 Euro). Il tifo più appassionato prenderà posto in Sud. Ma se le leggi, in vigore dai tempi del Ministro Pisanu, rendono oltremodo burocratico l’accesso degli striscioni negli impianti sportivi, facendo scemare la fantasia tipica degli sfottò da derby, altrettanto non si può dire dello spettacolo offerto dai tifosi della Roma fuori dalle mura del Fulvio Bernardini. In molti, con cori e striscioni, hanno voluto portare il proprio contributo di incoraggiamento verso quei calciatori sui quali, domenica sera, verranno riposte le speranze di oltre mezza città.   Sono due, in particolar modo, gli striscioni esposti all’uscita dal cancello principale della sede giallorossa e hanno attirato l’attenzione dei presenti. Uno recitava così: “Ma quale fair play… Vincemo sto derby!”. Mentre l’altro sembrava indicare la via del successo: “Cor sangue all’occhi! Daje Roma”. Non c’è un trofeo in palio. C’è molto di più.
Marco Calò

 

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