Strategia Friedkin tra sponsor e stadio

Corriere dello Sport (J.Aliprandi)Il silenzio dei Friedkin è ormai una certezza. Nel bene e nel male. I proprietari non hanno mai rilasciato un’intervista, non si sono mai esposti pubblicamente su una situazione legata alla parte sportiva del club, ma hanno scelto la strategia del lavoro dietro le quinte.

Questo naturalmente porta benefici quando il club raggiunge risultati positivi (dall’arrivo di Mourinho, alla strategia dei sold out, fino alla vittoria della Conference e l’arrivo di Dybala), ma inevitabilmente alimenta i dubbi nel momento in cui i piani futuri restano nell’ombra o non sono ben delineati. I fatti più delle parole, ma nel caso di Mourinho nessuna delle due. L’incontro non è ancora nell’agenda del magnate texano, al lavoro tra i suoi business e nuove strategie per far crescere naturalmente anche la Roma.

Il club ha bisogno di sponsor per aumentare i ricavi, i proprietari si sono mossi direttamente prima per firmare con la Toyota (di cui sono distributori negli Usa), poi con Auberge Resorts Collection, brand leader mondiale di hotel e resort di lusso (che fa parte del gruppo Friedkin). Il viaggio a novembre in Giappone è servito a far conoscere il brand Roma a potenziali investitori, per espandere il marchio e sperare di attirare nuovi accordi commerciali che possano aiutare il club a ridurre il passivo in bilancio.

Aspettando naturalmente lo stadio a Pietralata, il grande business che garantirà alla società di aumentare i ricavi e fare quel salto di qualità economico e sportivo. Lo stadio è quindi non solo una risorsa, ma una necessità. Non a caso l’unica partita che Dan Friedkin ha visto allo stadio negli ultimi due mesi è stata quella contro la Real Sociedad, anche per incontrare il sindaco di Roma Gualtieri e aumentare ulteriormente la sinergia tra il club e il Comune. Lo stadio è il principale obiettivo, ma la società spera che il possibile ingresso in Champions possa aiutare a stringere nuovi legami commerciali per aumentare i ricavi e uscire anche dall’empasse del Financial Fair Play.

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