Corriere dello Sport (M.Evangelisti) – Non finirà mai, però in questo caso è molto meglio così. Il percorso d’ora in avanti sarà più nitido. Lo stadio della Roma non fa passi avanti e in realtà neppure indietro: resta lì congelato, avvolto nelle provocazioni politiche come un insetto in una ragnatela. La conferenza dei servizi come previsto ha dato esito negativo. O meglio, per usare le parole cesellate in un pregevole comunicato della Regione Lazio firmato dall’assessore al territorio Michele Civita, è stato «comunicato ai proponenti l’avvio della chiusura» delll’iter e «avviato il procedimento di revisione del progetto come condizione necessaria per la delibera di interesse pubblico».
Dunque non di taglio netto si tratta bensì di un’altra proroga ben camuffata. Fino al 15 giugno, data non casuale perché lì scade anche il termine per l’apposizione del vincolo definitivo sulla tribuna di Tor di Valle, c’è tempo per le controdeduzioni. Fermo restando che l’atmosfera resta velenosa e i rappresentanti del Pd si sono avventati su ciò che resta della giunta comunale guidata dal Movimento 5 Stelle. Marco Palumbo, presidente della commissione trasparenza: «L’incapacità della Raggi e del M5S sta portando Roma al declino più totale». Marco Miccoli, deputato: «M5S e Virginia Raggi stanno facendo morire questa città». L’ex candidato sindaco Roberto Giachetti su Twitter: «Come facilmente prevedibile sullo stadio della Roma si deve ricominciare da capo. Altro che prima pietra in estate. Complimenti a M5S e sindaca».
Dall’altra parte, il capogruppo del Movimento, Paolo Ferrara: «Si aprono percorsi differenti. Entro giugno la delibera andrà in aula e il ritardo sarà solo di qualche mese, la prima pietra potrà comunque essere posata nel 2018». Le cose stanno così: la Roma e il costruttore Luca Parnasi hanno promesso che nel giro di due settimane arriverà in Comune il nuovo progetto basato sull’accordo raggiunto a febbraio. Su quella base il Movimento 5 Stelle, altra promessa, farà votare in assemblea una novazione della delibera sul pubblico interesse tentando di restare nei termini. In realtà ci vorrebbero tre mesi, però l’idea è comunque mantenere valido il più possibile del lavoro preparatorio già effettuato, in maniera che in estate possa aprirsi una nuova conferenza dei servizi che sia molto più snella, non legata al termine di 180 giorni concesso dalla legge sugli stadi. A quel punto il risultato positivo sarebbe quasi scontato, al netto del problema del vincolo delle belle arti. E l’inizio del 2018 per l’apertura dei cantieri resterebbe un obiettivo ragionevole.
Questo se tutto va bene. Finora ben poco è andato bene in questa interminabile e paludosa vicenda. Il buon senso suggerisce che presto o tardi si arriverà a dama. Lo vuole anche la Regione, che altrimenti avrebbe staccato la luce e buonanotte.