Corriere dello Sport (R.Maida) – L’uomo di Roma-Partizan. «In realtà io e Rudi, non io soltanto». Giuseppe Giannini ride ricordando l’impresa di ventinove anni fa, quando da capitano della Roma calciò il rigore della qualificazione, proprio in un ottavo di Coppa Uefa, proprio risalendo da un 4-2 rimediato in trasferta nella partita d’andata. Era la penultima Roma di Nils Liedholm, del viveur Renato e del bradipo Andrade, di tanti corridori e pochi campioni, ma anche del carattere e della qualità dei calciatori veri: oltre che da Giannini e Voeller, la carica del carisma veniva erogata da Bruno Conti che aveva segnato i due gol di Belgrado mentre lo stesso Giannini veniva atterrato da una sassaiola simile a quella che ha disturbato De Rossi a Lione.
IL PUBBLICO – E le analogie non si fermano qui: anche allora, come giovedì prossimo, la Roma non venne spinta dalla Curva Sud, che era stata rasa al suolo per la ristrutturazione dell’Olimpico in vista dei Mondiali del ‘90. «Ma noi sentimmo lo stesso il calore del pubblico – assicura Giannini – e fummo bravi a gestire la partita senza lasciarci divorare dall’ansia». Una Roma in pieno stile Liedholm: «Esatto. Il Barone non era uno che ti urlava in faccia per motivarti però ti trasmetteva la necessaria tranquillità. Auguro alla Roma di entrare in campo con lo stesso spirito: se arriva subito un gol, il Lione comincerà a tremare e la spinta dell’ambiente sarà decisiva per trovare anche il 2-0».
DIFETTI – Spalletti ha detto che la Roma del Parc Ol ha giocato con poca personalità, nascondendo le proprie qualità: «E’ vero. Però proprio per questo i ragazzi che hanno meno carattere possono essere aiutati dal pubblico. Certo non sarà facile perché la Roma non troverà gli spazi che si sono aperti a Lione. Mi aspetto un avversario molto più guardingo. Ma non mi pare un’impresa impossibile». La stanchezza della squadra ha creato il solco del secondo tempo: «Sinceramente anche a me la Roma è sembrata ferma nel secondo tempo, non aveva la forza di ripartire e di imporre il proprio ritmo. Però non credo sia un problema fisico o atletico. Credo sia più una difficoltà psicologica dei giocatori. Quando perdi una partita, poi ne perdi un’altra, inconsciamente tendi a rimuginare e a fare altri danni. La cosa importante adesso è mettersi tutto alle spalle e tirare una riga. Una squadra di professionisti ha il dovere di guardare avanti. Piuttosto, se fossi Spalletti, farei un ragionamento in vista del Palermo». Gestione: «Rischierei i calciatori che in questa stagione hanno giocato di meno, tenendo a riposo per il Lione più titolari possibile. Mi rendo conto che può essere costare qualcosa in campionato ma in questo momento la partita decisiva è quella di giovedì. I migliori devono concentrarsi su quell’impegno. E penso che Spalletti ragioni proprio così».
SALTO INDIETRO – Ritornando a Roma-Partizan, che si giocò in un pomeriggio di novembre, Voeller sbloccò il risultato nel primo tempo con tiro potente ispirato da Andrade. Poi la squadra, dopo essere stata frenata da tre pali, capitalizzò l’occasione che si materializzò alla mezz’ora del secondo tempo per un rigore provocato ancora da Voeller, trasformato dal classico piattone di Giannini: portiere da una parte, palla dall’altra. A seguire quel gruppo, che schierava alcuni reduci dello scudetto come Tancredi e Nela, si arenò nei quarti contro l’ostacolo Dynamo Dresda: dopo lo 0-2 in Germania Est, la terza rimonta del torneo fallì (0-2 anche all’Olimpico). Terza rimonta, sì, perché già al primo turno la Roma era stata capace di complicarsi la vita perdendo in casa, al Flaminio, 2-1 contro il Norimberga, per poi impossessarsi della qualificazione al ritorno in trasferta vincendo 3-1 ai supplementari, nell’unica notte indimenticabile – almeno in campo – di Renato Portaluppi.