Pagine Romaniste (Y.Oggiano) – La Signora in Giallorosso ha intervistato in esclusiva Roberto Scarnecchia, ex giocatore della Roma, in occasione dell’inaugurazione del suo ristorante, “Undici”, in zona Prati. Queste le sue parole:
Come mai questo nome al ristorante?
“Sarò banale ma è abbastanza facile, è il numero della mia maglia che ho tenuto a Roma e quando torno ad aprire un ristorante a Roma metto il numero della mia maglia. Il nome sarebbe stato troppo banale, ho fatto qualcosa di un po’ di diverso e ho messo il numero della maglietta”.
Da come è nata questa passione?
“Avevo 8 anni, quando mia madre e mia nonna tiravano la pasta io ero già a li a guardare come si faceva. Rubavo la pasta fresca e la mangiavo cruda. Da li è nata, da assaggiare le cose, aprivo i cassetti a mangiavo i pomodori Sammarzano a morsi per sapere di cosa sapevano perché a 8 anni non sai cosa vuol dire il pomodoro crudo. Quindi ero veramente molto giovane”.
Poi la decisione di diventare calciatore…
“Quando ero giovane non cucinavo, mangiavo soprattutto e facevo sport. Facendo sport naturalmente arrivi ad una certa età che vuoi fare qualcosa di importante a 14-15 anni. Siccome i miei genitori ci hanno indirizzato verso lo sport e a quel punto l’ho fatto in maniera più seria e sono diventato calciatore”.
Miglior allenatore per te Nils Liedholm, quasi un mentore…
“Per me è stato un allenatore importante, fondamentale per la mia carriera perché è stato quello che mi ha scoperto e che mi ha dato la possibilità di giocare in Serie A e di riuscire a impormi in categorie e squadre importanti perché comunque sia a Roma e al Milan avevo a lui come allenatore. Ero uno dei suoi pupilli e questo mi rende orgoglioso perché ogni tanto penso che ero forte perché se no un allenatore così importante preferiva me ad altri era perché valevo”.
Aveva qualche difetto Liedholm?
“Era un po’ diversa la mentalità dell’allenatore rispetto ad ora. Adesso è l’allenatore che deve entrare nella testa dei giocatori e guidarli in un certo modo, prima era il contrario, dovevamo entrare noi nella testa dell’allenatore, in questa maniera qua era più complicato dovevi capire la sua mentalità, i suoi atteggiamenti, dovevi capire la sua condizione psicologica nel momento in cui faceva una formazione. Diciamo che l’unico sforzo che noi dovevamo fare era capire una mente molto particolare, molto intelligente che però parlava poco. Quando parlava però era molto efficace, anche con le parole si riesce a spiegare meglio tante cose”.
L’addio alla Roma, come mai?
“Quando sei ragazzino non ci pensi, pensi che comunque magari andando in un’altra piazza riesci a fare meglio e ti completi, E’ stata una decisione, a mente serena, sbagliata però credo che sia giusto così perché sbagliando si fanno le proprie esperienze e si imparano tante cose”.
Cosa poteva andare diversamente se fossi rimasto a Roma?
“Innanzitutto avrei vinto uno scudetto perché ho fatto solo i primi 6 mesi, poi probabilmente non mi sarei più mosso da Roma perché credo che potevo diventare un giocatore fondamentale per la Roma, non a raggiungere le 500 presenze di De Rossi”.
In chi ti rivedi in questa Roma?
“Tutti mi accostano a Gervinho per il modo di giocare, siamo due colori diversi però ci somigliamo molto. Lui fa più gol di me perché noi giocavamo con uno schema particolare e giocavamo attaccati alla linea del fallo laterale per arrivare sul fondo e mettere le palle in mezzo per Pruzzo che tant’è vero che ha vinto la classifica cannonieri 3 volte con me e Bruno Conti dall’altra parte. Oggi il gioco è un po’ cambiato, difficilmente si arriva sul fondo e si fa più difficoltà a fare l’uno contro uno e questo rende la somiglianza a Gervinho, o lui a me perché è più giovane, ma lui fa più gol”.
Il Gervinho bianco si può dire…
“Si il Gervinho bianco o lo Scarnecchia nero (ride)”.
Lui più anarchico di te…
“Si lui svaria in maniera diversa, è più propenso al gol, arriva più dall’esterno verso l’interno, io ero proprio un giocatore che andavo verso il fondo dalla fascia. Ci somigliamo come corsa visto che siamo tutti e due molto veloci”.
La Roma viene da 3 vittorie consecutive, cosa si può migliorare in campionato?
“L’approccio alla gara, siamo ancora titubanti all’inizio e se non veniva il gol di Pjanic non ci sbloccavamo per cui credo che ci sia da migliorare questa convinzione di essere una grande squadra e qualsiasi giocatore o squadra che hai davanti non c’è confronto, dobbiamo migliorare in questo, nell’autostima e nella consapevolezza della squadra forte che siamo”.
In Europa le cose cambiano, di chi può essere la colpa?
“Anche qui la stessa cosa, la convinzione di essere una squadra forte, siccome tu l’autostima l’acquisisci con l’azione, non è il contrario, per cui quello che dico ai ragazzi è di giocare con tranquillità anche in Europa e siamo, secondo me, la seconda squadra dietro il Barcellona nel nostro girone e non avremo nessuna difficoltà a passare, lo dico tranquillamente, noi passeremo al turno successivo”.
Garcia molto criticato, che opinione hai di lui?
“Devo solo dire che a me Garcia piace, lo vorrei con una personalità un pochino più importante, un pochino più forte. Deve lasciar perdere le polemiche, le chiacchiere fuori dallo spogliatoio e deve pensare solo a quello che lui ha in mente perché lui è un ottimo allenatore e continuare così con la sua strada senza sentire le troppe chiacchiere in giro. Più personalità”.
Quest’estate il viaggio a Londra, non l’hanno voluto, il mercato, tutto questo può creare dei dissidi…
“Quando si vuole litigare lo spunto si prende da tutto, anche una parola, una frase detta in maniera particolare o un’aziona fatta in un altro modo da come la si interpretava. Io credo però che bisogna un po’ smorzare queste cose, i media sono troppo oppressanti su queste cose ma io lo capisco perché devono tirare fuori la notizia ma non è sempre detto che tutto possa fare notizia”.
La Curva Sud non entrerà ancora, col derby senza curve, che opinione hai?
“Mi dispiace vedere la Curva Sud vuota da giocatore. Contro l’Empoli sono andato allo stadio e vedendo la Curva Sud vuota mi è pianto veramente il cuore. Io chiedo ai ragazzi di tornare a fare il tifo in Curva perché la Roma ne ha bisogno quindi se è stata fatta una divisione non è colpa della società, è stato un obbligo voluto comunque da una legge, da un decreto per cui direi: “Venite allo stadio perché la Roma ha bisogno di voi””.
De Rossi 500 presenze gol, il rientro di Castan, coi tifosi sarebbe stata un’altra cosa…
“Manca qualcosa, sembrava vuoto lo stadio, era ovattato. Quando c’è la Curva che tifa è spettacolare perché senti solo loro, io lo ripeto, spero che veramente veniate allo stadio perché è una polemica sterile e non possiamo farci niente, non c’è un rimedio”.
Che differenze ci sono tra la tua Curva e questa?
“Molto uguali, è un tifo molto alto, caldo. L’ho ritrovata come l’ho lasciata e mi dispiace per queste domeniche, era fantastica prima e lo è tutt’ora”.
Pallotta si è avvicinato col sue dichiarazioni. Deve essere più presente?
“Sappiamo le attività di Pallotta, ci ha messo tanto ed è stato tanto vicino a squadra e tifosi, direi che va bene e speriamo che possa essere più vicino a noi nel futuro ma va bene”.
Nel tuo futuro cucina o calcio?
“Tutti e due, si integrano molto bene, io rivedo nello chef la gara, dalle 9 alle 12 di mattina fai la preparazione quindi l’allenamento poi arriva la gente, quelle 60 persone e li è la partita. Penso sia molto simile la carriera da allenatore a quella di chef”.
Qualche sogno chiuso nel cassetto?
“Mi piacerebbe allenare una categoria importante e diventare uno chef importante come sto facendo”.