Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) –  Se sia il frutto di un cambio di filosofia o di un rodaggio assai più complicato del solito, si capirà presto. Di sicuro la Roma delle prime due uscite di campionato ha messo in evidenza problemi che la scorsa stagione non si vedevano. E la maggior parte di questi chiamano in causa la fase difensiva. Si possono individuare tante cause, ma è bene partire da un dato numerico che non tutto spiega ma di certo fa capire la tendenza. La squadra di Mourinho nel campionato 2022-23 ha avuto la quarta miglior difesa per rendimento, con 38 gol incassati in 38 partite, uno di media ogni 90’. Ora che di minuti ne sono passati 180, Rui Patricio si è già dovuto arrendere quattro volte.

Nel pentolone finiscono errori individuali e di concetto, magari anche qualche lacuna emersa dopo un paio di cessioni. Una su tutte, quella di Matic, che garantiva copertura, filtro, affidabilità, esperienza e letture di gioco al di sopra della media. E poi anche l’addio, forse sottovalutato, di Ibanez, che al netto di alcuni errori individuali rimasti negli occhi di tutti, sapeva come correre all’indietro recuperando in velocità negli uno contro uno.

La prima parte di questa stagione romanista è tutta in una fotografia, il raddoppio di Ngonge di sabato a Verona. Ovvero una squadra proiettata in avanti, senza lo straccio di una marcatura preventiva, con un avversario lanciato in velocità contrastato poco e male. Paredes non sarà mai Matic. L’argentino aggiunge verticalità, si è visto persino a Verona pur dentro un primo tempo negativo. Ma davanti alla difesa forse Mou ha bisogno di altro. E infatti nella ripresa del Bentegodi in mezzo ha riportato Cristante, più abile (e non ci vuole molto) nello sporcare le linee di passaggio avversarie. Resta da capire come Mourinho vorrà gestire il suo centrocampo da qui in avanti. La sensazione è che, con questa rosa, Cristante per caratteristiche sia imprescindibile.

Al netto dei nodi tattici, il tecnico portoghese ha la necessità assoluta di ritrovare al top due singoli su tutti. L’errore di Rui Patricio sul primo gol del Verona è marchiano e decisivo, perché mette in salita l’intera partita. Ma il simbolo del calo è Smalling. Ovvero il leader del reparto, il migliore per distacco delle ultime stagioni, per il rinnovo del quale la Roma e i suoi tifosi hanno giustamente esultato. Gli errori dell’inglese delle passate stagioni si contano davvero sulle dita di una mano.

Per dire: due reti incassate come quella di Candreva e Ngonge, con la postura del corpo quasi a invitare l’avversario verso la porta e non sull’esterno, come le basi del mestiere indicherebbero, sono pressoché un inedito. E preoccupano. Smalling non può certo aver dimenticato come si difende. Saprà (e dovrà) Mourinho riportarlo al top. Perché neppure con Lukaku in rosa si può pensare di vincere le partite pensando solo a fare un gol in più dell’avversario. Mou non è mai stato questo. E non lo è neppure adesso.