Il Messaggero – De Rossi per forza

Daniele De Rossi per forza. E per fortuna, anche. Daniele c’è, oggi pomeriggio e come minimo fino alla fine della stagione. E, contratto permettendo, ci sarà anche a vita.
Ma questo non c’è dato sapere ora, anche se tutti mantengono un certo ottimismo sull’esito della querelle del rinnovo: la firma arriverà, si sente dire da più parti. L’accordo doveva essere sottoscritto entro la fine di agosto, siamo a ottobre e ancora niente. De Rossi per forza, intanto in campo, e pure malconcio. Lui è un indispensabile, anche quando Luis Enrique sostiene che indispensabili non esistano e che, indispensabile è la squadra nel suo assieme. Diciamo che De Rossi è più indispensabile di tutti, numeri alla mano. Lo è per il ruolo che tiene in campo, per certi sacrifici tattici da centrocampista-difensore, per l’esperienza, per la personalità.
De Rossi è un uomo guida, quello che detta i tempi, che legge le traiettorie del pallone e lo va a intercettare prima degli altri, quello che fa ripartire la squadra, con un lancio o con un semplice disimpegno (non a caso Daniele è in testa per il numero di passaggi riusciti in campionato, 266). A lui viene chiesto uno sforzo: non stai bene, provaci lo stesso. E Daniele ci prova, testa bassa, si mette a disposizione, fergandosene del contratto, di una trattativa che va avanti da un anno e che non si sa quanto ci vorrà per porre la parola fine, in un senso o nell’altro. Poco, dicono sempre. Ma appuntamenti definitivi non ce ne sono. La società non ha ancora capito se vale la pena di accontentare (economicamente) De Rossi e proseguire il rapporto (siamo a una richiesta di sei milioni, bonus compresi), di sicuro Luis Enrique si disinteressa delle beghe economiche e lo ha scelto come perno della squadra e lo manda in campo sempre e comunque.
Lui e Totti sono quelli che nella quattro partite di campionato fin qui disputate, sono scesi in campo sempre dall’inizio alla fine di ogni gara, recuperi compresi (Daniele in coppa era squalificato, Francesco veniva sostituito o andava in panchina). Loro il turnover non sanno nemmeno cosa sia. Ed ecco che oggi pomeriggio, De Rossi sarà al suo solito posto, là in mezzo i due centrali difensivi e al centro dei tre di centrocampo, in un doppio ruolo che nessuno nella Roma è in grado di ricoprire, o meglio, non è in grado di farlo con la sua forza, con quella determinazione. Pizarro è stato declassato da Luis Enrique a intermedio di centrocampo (e parliamo di un grande interprete di quel ruolo), Viviani è stato designato come vice De Rossi e nel frattempo se n’è tornato in Primavera (oggi convocato per la moria di centrocampisti), Gago è out, in settimana là in mezzo è stato provato perfino Cassetti, appunto – a detta di Luis Enrique – un difensore centrale. Daniele andrà in campo con una contusione non ancora smaltita, poi volerà in nazionale, anche lì Prandelli lo considera indispensabile, seppur in un’altra posizione (in mezzo gioca Pirlo).
Tutti ne parlano come un grande centrocampista, pari ai big del Barcellona. Ed ecco perché molte società se lo contendono. In Inghilterra non hanno smesso di sognarlo, specialmente il City del suo più grande estimatore, Roberto Mancini (lo sceicco Al Mansour non avrebbe problemi a strapagarlo). In Spagna Mourinho lo voleva già all’Inter. Il suo cartellino ora non ha prezzo, perché non esiste un cartellino. E’ chiaro, siamo al paradosso, perché la Roma – in caso non volesse (o dovesse) rinnovare – potrebbe privarsene a gennaio per non perderlo a zero euro a giugno. Ma quanto vale De Rossi a gennaio, a soli sei mesi dalla scadenza del contratto? Poco o nulla. Ecco perché si crede a un suo rinnovo a breve. De Rossi per forza, appunto. In tutti i sensi.
Il Messaggero – Alessandro Angeloni

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