Diciamo subito che l’episodio del primo gol azzurro nasce da un abbaglio arbitrale: il fallo di Obi su Maggio, che porta al rigore, è fuori area, solo che la dinamica dell’azione trae in inganno Rocchi (e osservando l’immagine la prima volta, in diretta, in effetti si è avuta la sensazione che il contatto meritasse il penalty). Sarebbe miope sostenere che si è trattato di un episodio ininfluente, tanto più che è stato accompagnato dall’espulsione di Obi, ma è clamorosamente sbagliato ritenere che il Napoli abbia vinto la sfida lì, solo lì. Al contrario, gli azzurri hanno interpretato alla grande anche la prima parte dell’incontro, quando si era sullo 0-0, e poi hanno gestito con sapienza una gara comunque difficilissima e assai spigolosa. Il secondo tempo è stato un piccolo capolavoro, perché il vantaggio numerico è stato sfruttato al massimo. Merito di quel grande stratega che è Mazzarri, il quale ha compreso alla perfezione come si gestisce una squadra impegnata su due fronti importantissimi. (…) Nel campionato dell’equilibrio, può anche capitare di trovare nella zona altissima della classifica – benché con una partita in più rispetto alle altre una tra le squadre più discusse d’inizio stagione: la Roma di Luis Enrique. Due vittorie in due partite, prima a Parma e ieri con l’Atalanta, l’hanno risollevata e lanciata lassù in vetta. I progressi, del resto, esistono, e i punti arrivano. Così, se nel successo di sette giorni fa in Emilia di positivo c’erano stati il risultato e poco altro, stavolta almeno per un tempo abbiamo visto una Roma buona, a tratti anche divertente. E non va dimenticato che l’avversario era di tutto rispetto, perché l’Atalanta continua a essere, almeno fino a stasera, la squadra che ha conquistato il maggior numero di punti, cioè dieci come il Napoli. Impossibile dire adesso dove potrà arrivare la Roma, di sicuro il gruppo – per qualità e ampiezza dell’organico – è tra i migliori. Semmai, è il caso di sfatare un paio di luoghi comuni. Il primo riguarda la novità portata, a livello tattico, da Luis Enrique, che vuole basare il proprio gioco su un possesso palla incessante, in stile Barcellona. Ebbene, qualcuno si sorprenderà, ma le due vittorie consecutive della Roma (le uniche sotto la gestione del tecnico spagnolo) sono arrivate proprio quando il possesso palla è diminuito rispetto alle gare iniziali, e contro l’Atalanta sono stati i bergamaschi a prevalere lievemente in questa particolare statistica (51 per cento a 49). Eppure, ieri i giallorossi hanno giocato la migliore partita della loro stagione. Cosa significa? Innanzitutto che il possesso palla non è sinonimo né di spettacolo, né di pericolosità in fase offensiva: le due cose possono coincidere, ma non è affatto scontato. E poi significa che per gestire il gioco con continuità non sono sufficienti le idee e gli schemi, ma servono calciatori con caratteristiche speciali: calciatori che ha solo il Barcellona.
L’altro luogo comune da sfatare riguarda la posizione di Totti nella nuova Roma. In questo schema è, a tutti gli effetti, un centrocampista, al massimo un trequartista, certo non l’attaccante centrale di un 4-3-3. Non a caso, quando si è infortunato, gli è subentrato Pizarro e non Borriello. Avete notato, tra l’altro, che Totti è diventato improvvisamente intoccabile? Il motivo è semplice: nessuno è più adatto di lui al palleggio richiesto alla squadra da Luis Enrique. Che ora, ovviamente, aspetta il capitano, il suo capitano, ristabilito dal lieve acciacco e pronto per il derby, alla ripresa del campionato.
Corriere dello Sport – Stefano Agresti
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