Rifondare non vuol dire spartirsi tutte le poltrone

Il Messaggero (M.Caputi) – Mentre il campionato ci regala emozioni con il Napoli in testa e la Lazio travolgente, il calcio italiano si avvicina al 29 gennaio, data dell’elezione del presidente federale, confermando tutti i suoi peggiori limiti. Sono passati nove mesi dal commissariamento della Lega di Serie A e più di due mesi dalla sciagurata eliminazione dal Mondiale, eppure nulla è mutato. Della governance della massima serie non si ha neanche l’ombra di un accordo e, elemento ancor più grave, l’elezione del nuovo presidente federale ha confermato come al centro degli interessi di tutti non ci sia la vera rifondazione del sistema calcio, ma, come al solito, la spartizione di poltrone e interessi. Il calcio è sempre stato lo specchio del nostro Paese: come i politici per mere logiche partitiche non trovano accordi su temi d’interesse nazionale, anche ai dirigenti calcistici non interessa ciò che sarebbe giusto, ma solo il loro tornaconto. Eppure la sport sa essere migliore, oltreché superiore, della politica. Basti pensare a quanto successo con le due Coree in vista delle prossime Olimpiadi invernali di Peyongchang.

A partire da oggi, con la doppia Assemblea di Lega, fino a lunedì prossimo, ci aspetta una settimana di incontri, dichiarazioni e trame per la corsa alle varie poltrone. Lo stesso triste film di queste ultime settimane, dove tutto sembra scorrere come nulla fosse mai accaduto. Siamo fuori dalMondiale, le società falliscono, i giovani fanno fatica a emergere, non abbiamo impianti adeguati, eppure da Lotito e company nessun passo indietro, sono ancora tutti li imperterriti a cercare accordi di comodo. E chissà cosa potrebbe accadere se gli introiti dei diritti tv che reggono le società di Serie A dovessero un giorno diminuire. C’è necessità di un profondo e reale cambiamento: nelle regole, nei progetti e negli uomini. Chi vuole questo e lotterà per ottenerlo, avrà tutto il nostro sostegno.

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