Pagine Romaniste (L. Meriggioli) – Domani, alle ore 20.45, lo Stadio Olimpico si vestirà di emozione. Non sarà solo Roma-Milan, non sarà soltanto una sfida decisiva per la corsa all’Europa: sarà l’ultima panchina casalinga di Claudio Ranieri, l’uomo che ha fatto della romanità uno stile di vita, prima ancora che un’appartenenza sportiva. E Roma, quella vera, quella che lo ama visceralmente, gli renderà omaggio come si fa con chi non si è mai risparmiato. Come si fa con un padre, con un fratello, con un figlio.
Ci saranno brividi, cori, occhi lucidi. L’accoglienza dell’Olimpico sarà sicuramente all’altezza dell’uomo prima ancora che del tecnico. Perché Sir Claudio non è stato semplicemente l’allenatore che ha sfiorato uno scudetto nel 2010 facendo sognare un’intera città, né solo il condottiero dei derby vinti e mai persi. È stato, ed è ancora, l’anima gentile e fiera di una romanità che sa combattere senza odiare, che sa vincere restando umile, che sa perdere senza piegarsi.
Dai Campi di Serie C alla Premier League: la Leggenda di Sir Claudio
La sua carriera è un viaggio lungo quasi quarant’anni. Da Vigor Lamezia a Valencia, da Napoli a Londra, da Firenze a Montecarlo, da Torino a Cagliari. Un cammino fatto di sfide vinte con il lavoro e la dignità, non sempre con i titoli, ma sempre con il rispetto. Ha allenato squadre di prestigio assoluto: Fiorentina, Chelsea, Juventus, Inter, Monaco, Sampdoria. Ma la sua impresa più iconica, quella che lo ha consegnato alla leggenda, è il miracolo Leicester. Nel 2016 vinse la Premier League contro ogni logica, contro ogni pronostico, contro ogni legge del calcio moderno. Una favola vera. Da lì, il soprannome che gli si è cucito addosso: “Sir Claudio”.
Roma, il cuore pulsante di Ranieri
Eppure, nonostante una carriera straordinaria, Ranieri ha sempre avuto un centro gravitazionale: Roma. Il suo ritorno in giallorosso nel novembre 2024 non era previsto. Era ormai ritirato, finalmente libero dagli obblighi del calcio. Ma quando la Roma lo ha chiamato, dopo il disastroso esonero di Juric e con la squadra a soli tre punti dalla zona retrocessione, lui ha risposto. Come sempre. Non per convenienza, non per soldi. Ma per amore. Lo aveva già detto anni fa, nel marzo 2019, quando tornò in un’altra emergenza: “Un’altra squadra non l’avrei mai presa. Ho perso più quando sono andato via di quanto guadagno adesso. Non sono i soldi il motivo per cui sono qui, il motivo è solo la maglia, punto”.
Con una striscia di risultati positivi e una scossa emotiva impressionante, Ranieri ha riportato la Roma a giocarsi un posto in Europa. Ha rimesso in piedi una squadra e una città, dimostrando ancora una volta che per lui allenare non è mai stato solo un mestiere. È sempre stato un atto d’amore.
L’addio definitivo: l’ultimo inchino alla Curva Sud
Questa volta, l’addio è definitivo. L’ultima battaglia all’Olimpico sarà anche l’ultimo saluto di Claudio Ranieri alla sua gente, l’ultimo inchino verso la Curva Sud, che lo ha sempre amato con la devozione di chi riconosce un simbolo autentico, uno di quelli che non cercano applausi, ma solo rispetto.
Domenica non sarà solo una standing ovation, ma un abbraccio che attraversa ogni cuore giallorosso. Sarà una città intera che, con gli occhi lucidi e il cuore pieno di gratitudine, dirà grazie a un uomo che ha dato tutto senza mai chiedere nulla in cambio, perché storie come questa, di amore sincero e senza tempo, accadono solo qui. Ranieri lascia la panchina, ma Roma non lo perderà mai. Perché quella maglia, quella passione, quell’umanità che ha saputo incarnare, rimarranno per sempre nel suo cuore. E Roma, da oggi e per sempre, lo ricorderà come una parte fondamentale della sua storia.