Un panino ai petardi. Così entrano in curva

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La Gazzetta dello Sport (V. D’Angelo) – I raudi rossi sono grossi come un evidenziatore. Si nascondono ovunque. Nella suola di una scarpa, in un panino, tra una salsiccia e la verdura, ben impermeabilizzati. Il tempo necessario per varcare i tornelli. Poi ci si posiziona sugli spalti e il «gioco», se così vogliamo chiamare l’esplosione di violenza e paura, è fatto. Violenza e paura. Due parole che sono rimbalzate con forza tra le televisioni e le radio nell’ultima assurda domenica di Serie A. Le immagini della bomba carta esplosa nella curva dei tifosi del Torino durante il derby della Mole hanno riportato a galla vecchie abitudini purtroppo mai estirpate dalla testa dei violenti. Violenza e paura, ancora loro. Due ingredienti che miscelati bene hanno una forza esplosiva devastante nei confronti della passione dei tifosi. Perché lo stadio è terra di emozioni, di fede, ma anche di famiglie. E quando si trasforma in campo di battaglia la prima reazione è disertare, abbandonare.

NUOVE TATTICHE Alla visione di certe immagini il primo pensiero è sempre lo stesso, scontato ma non banale, che si porta dietro un enorme punto interrogativo: «Ma com’è possibile che qualcuno riesca a portare all’interno di uno stadio delle bombe carta?». In effetti tra tornelli, telecamere di sorveglianza, polizia e steward, la sicurezza dell’ordine pubblico all’interno dello stadio ha fatto grossi passi avanti negli ultimi anni. Ma, chiaramente, durante il percorso che ha portato lo Stato ad affinare i controlli, i violenti hanno affinato anche il modo di aggirare l’ostacolo. È di poche settimane fa un video in cui la Polizia di Stato ha mostrato alcune nuove tecniche, come inserire appunto petardi illegali all’interno di un panino (due grossi raudi, uno attaccato all’altro occupano all’interno lo spazio di una salsiccia o un hamburger), oppure piccoli petardi nascosti nelle scarpe o sotto la suola. L’ultima frontiera, dunque, cerca sempre di lavorare di fantasia. Un tempo si poteva facilmente portare materiale pirotecnico recandosi allo stadio con grande anticipo, perché venivano controllati quasi esclusivamente gli striscioni, affinché nessuna scritta offensiva potesse campeggiare sugli spalti.

FILTRAGGIO COMPLICATO Oggi, invece, alcune strutture molto vecchie diventano terreno fertile per i tifosi. Basta recarsi allo stadio la sera prima, scavalcare le recinzioni e nascondere i petardi in luoghi ritenuti sicuri. In uno stadio più moderno che dispone al suo interno di uffici, poi, è ancora più facile trovare il modo — con qualche aiuto — di piazzare il tutto senza essere scoperti. È bene ricordare che prima di ogni partita tutte le aree pubbliche nei dintorni di uno stadio sono soggette a bonifica, per tentare di scoraggiare piani premeditati. Ma il filtraggio pre partita è comunque assai complicato. Difficile pensare di fermare e perquisire trenta o quaranta mila persone che entrano allo stadio. E la perquisizione non può essere che sommaria. In sostanza, nascondersi petardi o altro materiale addosso, nelle parti intime, tra i capelli o nelle cerniere dei cappucci dei piumini, è più semplice di quanto si pensi.

MERCATO NERO E attraverso il mercato nero, oggi è sempre più facile acquistare materiale pirotecnico illegale. Specialmente le «bombe» prodotte al sud, quelle usate soprattutto a Capodanno, come la cipolla, i dentini, o appunto i già citati raudi rossi. Basta legarne insieme tre con dello scotch adesivo da pacchi, metterne un quarto un pochino più sporgente in alto a fare da miccia, è dopo una prima esplosione, arriverà una seconda molto più potente e pericolosa. Difficile invece immaginare una «produzione » in loco della bomba carta. Troppo pericoloso per chiunque confezionare un ordigno, lavorare con cura polvere grigia, polvere nera, fuochi d’artificio e sistemare un innesco di 30-50 centimetri che permetta all’ordigno di non esplodere «in volo». Allo stadio entra materiale già preconfezionato, pronto all’uso. Possibile riuscire ad arginare tutto questo? Difficile. Questo non è un lavoro per soli steward.

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