Olimpico, si scatena la festa. Dalle tribune allo spogliatoio: la Roma ha fatto impazzire tutti

Corriere dello Sport (R.Maida) – Ridete, piangete, urlate, cantate, ballate. Fate tutto ciò che volete ma amatela, questa squadra meravigliosa e pazzesca, che vola a cavallo dei propri sogni e non accetta di farsi soggiogare dai limiti. E’ una festa che l’Olimpico, mai visto così negli ultimi vent’anni, vorrebbe vivere per tutta la notte, sulle note di Grazie Roma, poi degli stornelli di Lando Fiorini, e ancora dei cori della Sud che è stata una volta di più guida, compagna, amante di una serata incredibile. Purtroppo a un certo punto i quasi 60.000 tifosi devono abbandonare l’arena ma lo fanno con il cuore gonfio di orgoglio incredulo, perché solo quando batti il Barcellona in questo modo puoi osservare che non è vero: non è vero che la Roma perde sempre, non è vero che la Roma arriva a un sospiro dalla gloria ma poi annega nell’autolesionismo, non è vero che esiste l’impossibile.

OLTRE – Ci sarebbe da parlare di numeri: l’enorme Barcellona era imbattuto tra campionato e Champions. Mai la Roma aveva rimontato uno scarto di 3 gol in una coppa. Ed è soltanto la terza volta che una squadra battuta così largamente in una partita ad eliminazione diretta di Champions ribalta il risultato dell’andata: il Barcellona ci era riuscito lo scorso anno, addirittura da 0-4 contro il Psg, e ora cade vittima di un imprevedibile contrappasso. Si potrebbe parlare di tante cose, di una semifinale che la Roma non raggiungeva da 34 anni, ma in questa notte commovente viene fuori il sentimento: quello di De Rossi e Manolas, capitano e baluardo che prima fanno autogol e la volta dopo gol, rovesciando simbolicamente e non solo i rapporti di forza; quello di Totti che applaude dalla tribuna e alla fine twitta felice da dirigente-tifoso per un’impresa che avrebbe voluto vivere da calciatore; quello dei romanisti che non ci sono più, da Di Bartolomei a Maldera, dal 1984 in attesa che qualcuno annienti il ricordo maledetto del Liverpool. Pensate: il Liverpool, come la Roma, è ancora in corsa per vincere la Champions. Vincere, sì, una parola abusata quanto complessa, a cui Pallotta e il suo management non si sono ancora assuefatti.

IMPAZZITI – E’ la notte del presidente che abbraccia tutti, della squadra che festeggia per mezz’ora cantando i cori della Sud spronata dal più social dei giocatori, Nainggolan, e poi va a godersi la notte romana tra i selfie e i clacson. E’ la notte di sogni di coppe di campioni che cantava con malinconia Antonello Venditti, è la notte di ogni romanista che dentro aveva un ruscello di speranza: altrimenti non avrebbe comprato il biglietto a scatola chiusa, prima dell’ingiusto 1-4 del Camp Nou. E quel boato al gol di Manolas, forte almeno quanto i fischi a Messi, è la liberazione emotiva di decenni passati ad applaudire il successo degli altri. «Con un pubblico così niente ci può fermare – racconta Manolas, piangendo da greco un pianto non greco – Abbiamo battuto i più forti del mondo e ora andiamo avanti». Insieme con un popolo. Il romanismo sventola in Europa.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti