L’allievo Aleksandar ha fatto bene i compiti: «Sinisa era il mio idolo»

La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – Che poi a vederla bene, forse ha ragione anche Mihajlovic. «Io le punizioni le mettevo sotto l’incrocio, è diverso», ci scherza su a fine partita il tecnico del Torino. E sarà anche vero, resta però il fatto che quel sinistro pennellato da Kolarov ieri non solo ha regalato alla Roma tre punti fondamentali nella ricorsa al vertice, ma anche la certezza oramai consolidata di avere un’arma in più da sfruttare in ogni momento di difficoltà. Proprio come ieri, quando la Roma non riusciva a sbloccare la partita. O come già successo a Bergamo, contro l’Atalanta, alla prima di campionato. Che poi Aleksandar sia l’uomo dei giochi da fermo è prassi consolidata: angoli o punizioni, destra o sinistra che sia, tocca di fatto sempre a lui. Come ieri, come su quella punizione alla Mihajlovic. Una pennellata, appunto, con quella parabola forte e a girare che è valsa tre punti d’oro per la Roma.

PENSANDO A SINISA – Che poi quel gol lì per Kolarov è come una piccola favola, non fosse altro per l’amore calcistico che ha sempre avuto per Mihajlovic (che di Kolarov è stato anche c.t. nella Serbia, nonché mentore ai tempi della Lazio). «Sinisa per me è sempre stato come un padre o un fratello, lo conosco da 15 anni – dice il terzino serbo – Tra di noi c’è un ottimo rapporto. Ci tenevo a far gol davanti a lui, che è sempre stato il mio idolo, fin dai tempi della Stella Rossa». Ed allora pazienza se il piede mancino di Mihajlovic calciava ancora meglio; di certo quello di Kolarov sta facendo molto bene. «Sono felice per la vittoria, fondamentale per restare attaccati alle prime posizioni. Venivamo dalla gara di Londra, che meritavamo di vincere, e un po’ di stanchezza c’era, tanto che non abbiamo giocato benissimo, soffrendo un po’. Guardiamo match dopo match, pensando alle due in casa con Crotone e Bologna. Da vincere».

OCCHI SUL FUTURO – Inutile, del resto, chiedergli il segreto di tanta freschezza a quasi 32 anni. Rischiereste quasi di essere fulminati un po’ come il raccattapalle del Chelsea che mercoledì tardava a dargli il pallone. «È solo una questione di testa, poi c’è chi ha più qualità e chi meno. Io cerco solo di stare bene fisicamente e le partite le preparo tutte allo stesso modo. Do il massimo, sempre. A volte ci riesco, a volte meno». E se la Roma può sognare di recuperare terreno sulle pretendenti al titolo, è anche merito suo: «Ma è inutile parlare di scudetto dopo sole 9 giornate – chiude il serbo – Arriviamo dove arriviamo, senza illuderci. Di certo la Roma c’era anche prima di questa vittoria e ci sarà tra dieci giornate. Sappiamo di essere forti, ma nel calcio bisogna vincere sempre per dimostrarlo». Per ora, conti alla mano, almeno due vittorie delle sei sono arrivate grazie a lui. Magari non tirerà bene come Mihajlovic, ma quanto pesano quelle due punizioni lì.

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