Fa pure il «ciuccio» alla Totti: Edin, finalmente bomber

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La Gazzetta dello Sport (D.Stoppini) – Chiamatelo Unabomber, perché quel dito in bocca dopo il gol – Totti non si offenderà per il copyright violato – è tutto per la figlia Una, nata giusto 11 giorni fa. Edin «Unabomber» Dzeko non fa male a nessuno, non mette in pericolo gli altri, non terrorizza supermercati e casalinghe. Fa finalmente bene alla Roma, che fino al minuto 38 del secondo tempo era ancora lì a chiedersi se fosse giusto continuare a insistere, se non fosse il caso di battere strade alternative, finto nueve e queste storie qui. E se non fosse eccessivo applaudire il bosniaco solo per le tante sponde, molte delle quali pure utili per carità. Ma mai decisive. Mai decisivo come era parso, anzi era stato, Mbakogu, senza offesa un Jerry qualsiasi se paragoni i curriculum.

FINE DEL DIGIUNO – Ottanta giorni dopo, ottanta voglia di Dzeko. «Domani gioca lui», aveva detto alla vigilia Luciano Spalletti, per spingere, spronare, battere le mani, in definitiva lanciare un personaggio che pareva avvitato su se stesso, come un bambino che aveva smesso all’improvviso di camminare, peccato che già frequentava la quarta elementare. Dzeko era questo, fino al minuto 38 del secondo tempo. Fino a quel ciuccio liberatorio. «Segnare è il mio lavoro», ha sempre ripetuto lui. E a Roma, dove l’ironia è principio d’ogni discorso, anche il più serio, molti avevano commentato: «Allora sei disoccupato… ». Il lavoro l’ha ritrovato, Unabomber. Non al supermercato, tranquilli. Ma dentro l’area di rigore, il suo habitat naturale. Lì dove deve stare un centravanti quando il compagno, nella fattispecie Salah, accelera fin quasi sulla linea di fondo e non può far altro che scaricarti il pallone. Dzeko non segnava dal 24 novembre, gol che forse neppure val la pena ricordare, nell’1-6 con il Barcellona. In campionato c’era riuscito 3 giorni prima, su rigore a Bologna. Su azione, con la Roma, era fermo a quota uno: 30 agosto, colpo di testa contro la Juventus. Una vita fa, si girava in bermuda e l’allenatore era Rudi Garcia. Quello di adesso, Luciano Spalletti, ieri sera ha applaudito: “Abbiamo ritrovato tante qualità, tra cui anche il gol di Edin”. Si è sbloccato, così si dice in questi casi. Presto per dirlo, serve la controprova. Di sicuro, il bosniaco s’è tolto un peso sullo stomaco. I tifosi lo osannavano alla fine, con quel coro che ha accompagnato il suo sbarco a Roma. E lui, quando Tagliavento ha fischiato la fine, s’è diretto verso il settore ospiti lanciando la maglietta per festeggiare. Non ha fatto a male nessuno, Unabomber. Ha fatto del bene alla Roma, 80 giorni dopo.

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