Esposito sulla Roma: “Se i calciatori non si sentono protetti dalla società, i risultati faticano ad arrivare”

Arrivato alla Roma come rinforzo in attacco per puntare allo Scudetto, l’esperienza di Mauro Esposito in giallorosso fu decisamente deludente, con 8 presenze e 0 gol all’attivo. L’ex calciatore, ora tecnico del Pescara Under 13 è stato intervistato da TMW Radio e ha parlato anche del momento che sta affrontando la società romanista. Di seguito, alcune delle sue dichiarazioni:

Nel suo Cagliari era più facile segnare.

Posso smentire? Perché è vero che ho giocato con grandi campioni come Zola a Cagliari e Totti alla Roma, ma paragonare il livello delle due Serie A fa capire come la discesa sia notevole. Anche la Serie B allora era molto competitiva, e non voglio dire che oggi non sia un campionato di livello ma la A di quindici anni fa era molto più forte di quella odierna. Per questo ai giovani ragazzi dico che, se hanno una possibilità di fare i calciatori, devono sfruttarla.

Quale allenatore secondo lei le ha lasciato di più in eredità?

Giocando sette anni a Cagliari con Cellino presidente ho avuto la fortuna di avere avuto molti allenatori: devo molto a Sonetti, che fu bravo ed esperto a capire di dovermi cambiare ruolo da seconda punta ad esterno, dove ho fatto gran parte della mia carriera. Chi mi ha insegnato di più in campo però sono Spalletti e Ventura. Quest’ultimo ogni tanto lo sento e dico che il gioco di oggi con l’impostazione dei difensori e del portiere lui lo faceva già quindici anni fa. Alla Roma ho giocato poco ma con Spalletti abbiamo sfiorato uno Scudetto, mettendo in pratica i suoi insegnamenti. Ricordo che in allenamento voleva la palla a terra, e ogni volta che si alzava un po’ fermava tutti e faceva ripartire. Da certi allenatori puoi solo imparare.

Come la vede la Roma?

Ho avuto la fortuna di giocarci due anni, e secondo me i problemi sono strettamente societari. I giocatori li ha sempre avuti forti, se non si arriva mai a vincere niente, e dispiace dirlo perché la piazza è importante e lo merita, è anche per queste cose che si verificano ogni anno. Non fanno bene, se non ti senti protetto al 100% dalla società, i risultati faticano ad arrivare.

Com’è stato giocare con Zola e Totti?

Giocando con questi due campioni, ho capito perché lo sono diventati. Sia Zola che Totti erano giocatori che venivano al campo due ore prima, cosa che ad esempio non fanno i giovani di oggi. Finito l’allenamento, erano gli ultimi ad andarsene perché curavano ogni minimo particolare. Volevano vincere sempre, anche le partitelle: ricordo le volte in cui Zola si incazzava… Di carattere sono due silenziosi ma bastava guardarli e ti caricavi tu stesso. Lo stesso Totti non veniva a caricarti con le parole, bastava un suo “daje”, perché lo vedevi mettersi a piena disposizione del gruppo. Non arrivi all’età in cui hanno smesso, ricordo che Zola venne a fine carriera, in Serie B, facendo poi due campionati eccezionali. Se non sei professionista, a 37 anni non giochi così.

Lei ha giocato in Nazionale.

Ricordo quanto ero contento di esordire… Certe volte nella mia carriera non sono stato fortunato, quella partita la perdemmo 1-0 ma sullo 0-0 sbagliai una palla gol, se fosse entrata forse la mia esperienza in Nazionale sarebbe stata ancora più bella. Idem per il gol mangiato a Manchester all’esordio in Champions League. Non rinnego niente della mia carriera, ma non sfruttando certe occasioni fai più fatica.

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