Doveva operarsi, rimase in campo: è il greco d’acciaio

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Il Corriere dello Sport (L.Scalia) – Kostas Manolas gioca nella Roma da due stagioni, da quando fu individuato come sostituto di Benatia, ceduto a peso d’oro al Bayern Monaco. Lo conoscevano in pochi questo centrale greco, dal fisico più asciutto e più esplosivo di Dellas, una vecchia conoscenza dell’Olimpico. Poteva sembrare un cerotto lì in mezzo alla difesa, invece si è ritagliato un ruolo da titolare fisso raccogliendo 86 presenze dall’esordio, 45 nell’ultima annata. Un punto fermo. Prima sotto la guida di Garcia e poi nella gestione Spalletti. Al suo fianco sono passati con più frequenza Yanga-Mbiwa, Castan, Astori e Rudiger. E’ stato il sole, gli altri dei pianeti più o meno luccicanti.

IL PEDIGREE – Lo zio Stelios Manolas, una vita intera dedicata all’Aek Atene, aveva capito subito di avere in famiglia un fenomeno. Lo segnalò e da lì iniziò la carriera del nipote in Grecia: cinque apparizioni da 18enne al Thrasyvoulos, di seguito tre anni all’Aek Atene e due all’Olympiakos. Leggenda narra che quando segnò il suo primo gol da professionista non uscì dal campo nonostante uno scontro violentissimo. Aveva il volto sottosopra. Denti stretti fino in fondo: il giorno dopo fu operato per tre ore di fila. Avrebbero mollato tutti, ma lui no. Il picco di notorietà lo strappò con le apparizioni dell’Olympiakos in Champions (2 gol in 7 gare) e nel Mondiale del 2014.

CAPITOLO ROMA – Estate post Brasile: via Benatia per 35 milioni, dentro Manolas per 13 milioni più 2 di bonus. La Roma lo prende quasi a scatola chiusa. E vince l’ennesima scommessa. Perché mette sotto contratto un difensore con i piedi da centrocampista, una guida silenziosa, forte di testa e intelligente nelle letture. Nell’uno contro non ha rivali. Un esempio? In questa stagione ha lasciato a secco Higuain. Manolas è della stessa annata di Florenzi, un classe 1991. Insomma, non è un ragazzino ma neanche uno vicino alla pensione calcistica. A 25 anni sta vivendo gli anni migliori della carriera con addosso la maglia giallorossa. Dietro è una certezza: poche le assenze (al massimo per squalifica), limitati i gol (uno contro il Torino e l’altro al Carpi), tantissimi però gli applausi strappati per un recupero in scivolata, ancora di più le diagonali fatte con il righello, i “grazie” di Szczesny e company. La sua più grande capacità è quella di far sembrare le cose difficili, semplici. Le cose straordinarie, ordinarie. La Roma e lo zio Stelios c’hanno visto lungo…

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