La Gazzetta dello Sport (G. Dotto) – L’avreste mai detto, ragazzi, che, al minimo mezzo passo falso, i fucilieri di Sir Mourinho avrebbero aperto il fuoco contro la Roma derossiana, non dopo essersi leccati i baffi della goduria più sfrenata?  Detto che la Roma di Lecce è stata davvero povera cosa, detto che a un allenatore esordiente per quanto superdotato e predestinato si possa e si debba concedere il bonus di commettere qua e là qualche ca**ata, dovuta anche, magari, alla voglia di strafare, davvero qualcuno pensava che questa Roma possa presentarsi in campo senza Dybala, Pellegrini, lo Smalling di ieri e lo Spinazzola di oggi ed essere la stessa?

Roma e ovunque l’Incantatore José aveva giocato la sua partita altrove. Ha dato spettacolo ovunque Mourinho, tranne che in campo. Era stato “The Guardian” il primo a raccontare Mourinho come il Donald Trump del pallone. Il leader da idolatrare non ha mai la faccia e le parole di Daniele, uno che non si vergogna di firmare e mostrare in bianco la sua felicità di essere a Trigoria, ma l’irraggiungibile superbia di José alias Donald che trascina le sue folle adoranti nella guerra contro l’estabilishment.