Il Messaggero (A. Angeloni)Monchi, chi?Qui a Roma, il ds spagnolo venuto da Siviglia, viene visto come un demone per aver portato in giallorosso, tanto per fare degli esempi, gente come PastoreMorenoMarcanoGonalonsNzonzi, Kluivert, Olsen, Santon, Bianda ovvero calciatori che non hanno certo lasciato il segno. Monchi, chi? Meglio non ricordare, penserà qualcuno. Ma un’eredità preziosa, Ramòn, l’ha lasciata: Bryan Cristante (c’è anche Karsdorp). Che oggi Mou benedice e prima di lui, Fonseca e prima ancora Di Francesco.

Era il 2018 quando Monchi lo ha acquistato dall’Atalanta, cinque anni e 234 presenze fa, con dodici gol giallorossi. Bryan era un ragazzo riservato ieri e lo è anche oggi, anche se a volte gli finisce addosso la fascia di capitano e si fa notare di più. Nato vicino a Pordenone, a San Vito al Tagliamento, da piccolo si è trasferito con la famiglia a Toronto, lì ha vissuto per pochi anni. Il Canada è solo una casualità della sua vita, lui è friulano dentro: serio come Capello, riservato come Zoff. Ora romanista, battezzato da De Rossi nella sua famosa conferenza stampa d’addio (“di Cristante, qui, ce ne vorrebbero cento”). E Bryan da quel giorno ha fatto un passo in avanti: tanti tifosi hanno cominciato a capirlo, a studiarlo, gli allenatori non ne hanno mai avuto bisogno. Da Gasperini Mourinho, si sono appoggiati sempre sulle sue spalle.

Nella Roma ha fatto un po’ di tutto, dal trequartista alla mezz’ala, fino a ricoprire spesso e (poco) volentieri il ruolo di centrale di difesa. In estate, in un’intervista ha confessato il suo gradimento per il ruolo di play. Mourinho in queste prime partite lo ha riproposto come mezz’ala e lui non ha battuto ciglio: lo fa, ottenendo il solito successo. Cristante è un uomo squadra, perché dentro c’è sempre, un po’ perché gli allenatori, e Mourinho ora in particolar modo, lo considerano centrale e un po’ perché, mentre tutti intorno a lui si fermano (e quest’anno ce ne sono in abbondanza), lui alza la mano e dice presente.

Bryan è l’uomo buono per tutte le stagioni, un soldato scelto. Esempio: la Roma fin qui è scesa in campo sei volte, Cristante le ha giocate tutte. E tutte per intero. Segnando un gol (e mezzo) contro l’Empoli. E domani, a Genova, gli toccherà la settima. Insomma, guardi Cristante e pensi come il turnover a volte si riveli un grande bluff. I migliori giocano. Cristante è uno di quelli che in estate non compare mai nei campetti dei presunti titolari, come accadeva anni fa con Tommasi, e poi anche lui le giocava tutte. Nel primo anno di Mourinho, Bryan è sceso in campo cinquanta volte. Ha saltato solo due partite di campionato, Genova Torino, più una di Conference, con lo Zorya Lugansk, per il Covid, più altre due di A, Inter per lombalgia e Cagliari per squalifica.

Titolare dieci volte in Europa (compreso il preliminare con il Trabzonspor), 29 in campionato e una in Coppa Italia. Il secondo anno, le gare sono diventate 53: 36 su 38 in campionato (due saltate per squalifica), di queste solo in due non è partito nell’undici; 15 su 15 in Europa League, solo con il Ludogorets non era tra i titolari. In Coppa Italia? Due presenze su due, una dalla panchina. Lo scorso anno ha aspettato la sosta mondiale per sottoporsi a un piccolo intervento allo scafoide, per questo motivo ha dovuto saltare solo le due tristi amichevoli della Nazionale con Austria Albania. Anche in Nazionale, passano gli allenatori e lui è sempre lì, spesso come dodicesimo: Spalletti lo ha fatto giocare titolare alla sua prima, in Macedonia, concedendogli solo sei minuti con l’Ucraina. “A Roma starò fino a quando lo vorranno”, ci disse. Alzi la mano chi non lo vuole.