La criminalità è in curva. Da settembre 1757 Daspo e ci sono già 267 feriti

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La Gazzetta dello Sport (A. Catapano/M. Cecchini) – Il Lato B del calcio racconta solo storie noir. Malinconiche come quelle di ispettori che combattono il crimine per esorcizzare una vita privata piena di devastazioni emotive. D’altronde, esaminando i dati forniti dal Viminale, la prima domanda che ci viene dal cuore è: ne vale la pena? Ne vale davvero la pena che per vedere i gol di Tevez, le accelerazioni di Felipe Anderson, gli arabeschi di Totti e via esaltandoci, si debba pagare un tributo di sangue e di super-lavoro di questo tipo per una giustizia già oberata? MILIONI SPRECATI Non nascondiamoci. Il tifoso medio – quello che il lunedì va semplicemente al lavoro un po’ più contento se la propria squadra del cuore ha vinto – è costretto a pagare un obolo di circa 25 milioni a stagione per pagare gli straordinari alle forze dell’ordine che devono garantire il regolare svolgimento delle partite. Nonostante questo, negli ultimi 11 anni di calcio – solo per le partite monitorate (e quindi non tutte) – tra calcio di vertice e dilettanti si sono registrati quasi cinquemila feriti, al netto delle tragedie rappresentate dagli omicidi dell’ispettore Filippo Raciti (2007), di Gabriele Sandri (2007) e Ciro E s p o s i t o (2014). Solo in questa annata 267. CASO CAMPANIA Perciò non può sorprendere che – in base alle leggi vigenti – la magistratura debba lavorare per comminare i cosiddetti Daspo, molti dei quali vengono anche annullati dai ricorsi fatti dagli avvocati degli imputati. Nonostante questo, al momento sono in vigore oltre cinquemila provvedimenti di questo genere. Ma proprio perché in estate, dopo l’omicidio Esposito, si è registrato un giro di vite nella legislazione, in questa stagione si evidenzia un incremento significativo delle sanzioni, visto che, del novero complessivo, i Daspo emessi sono stati 1757. Se in questa annata le maglie nere per ora vanno a Toscana (248), Puglia e Campania (190), in generale, la regione più colpita è sempre la Campania (714), seguita da Lombardia (616) e Lazio (554). Felicemente a fondo classifica ci sono il Trentino (7, ma zero in questa annata) e Valle d’Aosta (zero a prescindere). CRIMINALITÀ COMUNE Quello che fa riflettere però è anche altro. Statisticamente, infatti, i «daspati» che hanno anche precedenti penali per reati non da stadio sono una percentuale elevata, dicono dal Viminale fra il 30% e il 40%. E questo spiegherebbe perché spesso le curve ultrà siano popolate da delinquenti abitudinari e quindi potenzialmente ancora più pericolose. Da tempo, infatti, si dice come certe curve – oltre a contatti con l’estremismo politico di stampo razzistico (nella maggior parte dei casi di estrema destra) – abbiano infiltrazioni da parte della criminalità comune: la ‘ndrangheta al Nord (Torino e Milano) e la camorra al Sud. Perché meravigliarsi? Le curve significano anche affari, soprattutto sul fronte del merchandising e dell’organizzazione delle trasferte. Questo spiega, infatti, i non infrequenti regolamenti di conti all’interno delle medesime tifoserie, ad esempio nel mondo Juve ad Alessandria nel 2006 a Bardonecchia nel 2011 e a Torino nel 2013, e in quello Milan proprio a Milano nel 2007. Gli ultrà duri, cioè, a volte sono meno «puri» di quello che vorrebbero far credere, aiutati in questo anche da quei club eticamente più fragili o semp l i c e m e n t e connive n t i . Con queste premesse, negli stadi che sono più difficili da controllare – Roma e Napoli – dal Viminale ritengono «verosimile » che in alcune curve possa avvenire spaccio di droga e persino fenomeni di prostituzione sempre controllati da tifosi-delinquenti. Una cosa è certa: dopo il calo di incidenti registrato in seguito all’omicidio Raciti, negli ultimi due anni i reati di stadio sono di nuovo in aumento, soprattutto dopo che il varo della «away card» e similari – in tutto e per tutto uguale alla tessera del tifoso, ma inspiegabilmente digerita dal mondo ultrà – ha riportato in trasferta una certa fascia di tifosi che per un lungo periodo non si era mossa da casa. Persino l’ingresso degli striscioni non autorizzati è cresciuto di circa l’80%, passando dai 276 del 2012-13 ai 497 della stagione successiva, così come si sono incrementati sequestri di arsenali composti da bombe, bastoni, coltelli, accette, biglie e chiodi. Insomma, tra disagio sociale, affari e politica, il calcio sembra privo degli anticorpi che occorrono per purificarsi. E la sensazione di fondo, forse, è che il «campionato più bello del mondo » non lo sia mai stato davvero

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