Corriere dello Sport (R.Maida) – Dallo Juventus Stadium a Stamford Bridge passando per il nulla: la strana parabola di baby Gerson, da anni promessa di campione e da un paio di mesi finalmente calciatore compiuto, si arricchisce di strappi improvvisi verso la gloria, accelerazioni da telaio di Formula 1 alternate a lunghe pause di studio.
RETROSCENA – «Volevo più fisicità». Con questa frase Di Francesco ha spiegato l’intuizione di rilanciarlo contro il Chelsea, 305 giorni dopo l’ultima partita da titolare e al debutto assoluto in una partita del tabellone principale di Champions. Ma dietro la scelta c’è molto altro: miglioramenti comportamentali e tattici. Da quando è andato via Spalletti, che pure lo aveva utilizzato in una posizione quasi identica contro la Juventus a dicembre salvo poi silurarlo, Gerson ha cominciato ad allenarsi con un’altra attenzione e un’intensità diversa, mostrando una disponibilità e un’umiltà che prima a Trigoria non avevano mai notato. In più, ha capito il senso della profondità del gioco: prima cercava la palla sui piedi e basta, giocando spalle alla porta, ora si butta negli spazi alla ricerca dell’inserimento giusto.
RIECCOMI – In estate la sua partenza è stata bloccata perché secondo i dirigenti e secondo Di Francesco non aveva senso mandarlo via in prestito. I risultati del lavoro in allenamento si vedono adesso, come lo stesso Gerson ha constatato: «Sapevo anche io di non aver giocato bene quella volta a Torino. Ma adesso le cose vanno meglio, sono cresciuto e sento la fiducia di tutti». Anche contro il Chelsea ha giocato esterno offensivo. E gli è piaciuto: «Era il mio ruolo anche in Brasile. Mi trovo bene là». L’importante è capirsi, no?