Cortocircuito Roma, Porto in Champions

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Il Corriere della Sera (L.Valdiserri) – La Roma perde la qualificazione alla Champions League, ma, soprattutto, perde la testa e gioca in 9 dal 6’ del secondo tempo la sfida contro il Porto che valeva 30 milioni di euro. È una disfatta, che purtroppo certifica due cose: 1) lo scarso impatto internazionale del club costruito dal presidente Pallotta e dal d.s. Sabatini; 2) l’incapacità della squadra di distinguere la grinta da mettere in campo dai falli violenti e inutili che, a questi livelli, non sono tollerati.

L’anno scorso la Roma, affidata a Garcia, arrivò agli ottavi di finale di Champions tra i fischi dell’Olimpico dopo lo 0-0 in casa contro il Bate Borisov. Quest’anno è andata molto peggio: caduta nel preliminare, quinta squadra italiana sconfitta nelle ultime sette stagioni dopo Lazio, Napoli, due volte Udinese e Sampdoria. È passato solo il Milan 2013-2014, contro il Psv Eindhoven. L’Italia avrà ancora due squadre nella fase a gironi (domani il sorteggio). Juve e Napoli guadagnano, con l’uscita dei giallorossi, una ventina di milioni a testa per il market pool. È un altro colpo basso per la Roma.

Sarebbe un errore accusare l’arbitro, il polacco Marciniak, per i due cartellini rossi. I falli sono stati evidenti, per quanto inutili. Così come lo era stata la prima ammonizione di Vermaelen all’andata. Salendo di livello, i dettagli contano. La superiore tecnica può salvarti da un primo tempo grigio contro l’Udinese, ma in Europa serve di più. E dire che Florenzi è come Dani Alves (Sabatini) o che Paredes è più forte di Pjanic (Spalletti) non aiuta i giovani davanti a certi paragoni.

Spalletti ha provato a sostituire Vermaelen con l’uomo che poteva impostare il gioco da dietro: De Rossi centrale di difesa. Poteva essere un’idea, ma dopo una discreta partenza (Nainggolan, con un bel tiro da 25 metri che Casillas mette in corner con un tuffo attento) la Roma si è subito persa. Paredes, all’8’, concede un fallo evitabile e Otavio pennella la punizione da sinistra, Juan Jesus si addormenta e Felipe — quello che all’andata aveva regnato un goffo autogol — si prende la rivincita con un colpo di testa a porta spalancata. È la trentunesima volta, nelle ultime 32 sfide in Europa, che la Roma subisce gol. In totale sono 69. Fatti, non opinioni. Al 40’ la seconda svolta. De Rossi entra con un tackle durissimo e incomprensibile su Maxi Pereira. La palla era vicina alla bandierina del corner nella metà campo portoghese. Rosso diretto e ingresso dalla panchina di Emerson Palmieri, al posto di Paredes.

È proprio lo stesso Palmieri, un giocatore giovane e con qualche dote, ma sicuramente sottodimensionato per una Roma che vorrebbe essere competitiva, a farsi cacciare al 6’ della ripresa per un fallaccio a centrocampo su Corona. Il Porto, in 11 contro 9, sembra quasi spaventarsi. Non affonda e concede alla Roma un paio di mischie che scaldano i 40 mila dell’Olimpico. Ma ci sono praterie per gli attaccanti biancoblù e Layun sfrutta un’uscita senza criterio di Szczesny e raddoppia. In tre minuti Corona chiude tutto con un 3-0 impietoso. Adesso alla Roma resta il campionato, la Champions non è mai iniziata.

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