Corriere della Sera – Milanetto e Mauri, domiciliari e nuove accuse

Il paradosso di Stefano Mauri e Omar Milanetto è questo: lasciano il carcere (per gli arresti domiciliari) ma al tempo stesso vedono rinforzarsi gli elementi a loro carico. L’ex capitano laziale ha fornito una giustificazione che il gip Guido Salvini giudica «poco plausibile e costruita a posteriori »; quanto a Milanetto, su di lui gravano le pesanti ombre legate al derby Genoa-Sampdoria dell’8 maggio 2011 che condannò i blucerchiati alla B.

Entrambi i giocatori hanno lasciato nel tardo pomeriggio il carcere Cà del Ferro di Cremona in seguito al provvedimento del giudice che fa anche il punto complessivo sull’inchiesta dopo l’ultima tornata di interrogatori. Le posizioni di Mauri e Milanetto sono quelle trattate più diffusamente nell’ordinanza. Il primo ha ammesso di avere utilizzato proprio nel maggio 2011 e solo in quel periodo la scheda sim da lui consegnata dal titolare di un’agenzia di scommesse, Luca Aureli, anch’egli indagato e intestata alla fidanzata di questi. Mauri ha sostenuto di aver usato tale strumento solo per prudenza dovendo scommettere su incontri di basket negli Stati Uniti.

Tale versione è scarsamente plausibile e almeno allo stato appare costruita a posteriori. Da un lato Mauri non aveva alcun bisogno di occultare il suo interesse per il basket, dall’altra non vi è alcuna traccia che egli abbia mai coltivato un interesse del genere. La scheda, invece, resta in funzione proprio tra il 13 e il 28 maggio, in coincidenza con le partite che la Lazio disputa contro Genoa e Lecce. Non è stata trovata alcuna traccia di giocate su partite di basket da parte dell’atleta biancoceleste, in compenso è stato registrato un fitto scambio di telefonate e sms tra Mauri, l’emissario degli zingari Alessandro Zamperini e il bookmaker Aureli (43 chiamate complessive nelle due ore immediatamente precedenti la partita e in quelle successive). Omar Milanetto segna invece un punto a suo favore: il gip riconosce che in base agli elementi forniti dal suo avvocato, l’ex centrocampista genoano non poteva essere presente all’incontro con gli zingari in un hotel di Milano. Ma questo, aggiunge Salvini «non annulla la complessiva gravità indiziaria anche tenendo conto che sul derby della settimana precedente Genoa-Sampdoria e sul ruolo di Milanetto e altri giocatori si sono allungate pesanti ombre». La partita al momento non è oggetto dell’indagine, ma a Genova nell’ambiente dei tifosi si parla da tempo di un vertice tra giocatori doriani e rossoblù nei giorni precedenti la partita sospetta nel quale sarebbe stato concordato un pari; poi durante l’incontro i tifosi genoani avevano contestato i loro giocatori urlando «il derby non si vende! » fino al gol a tempo scaduto di Boselli che aveva condannato la Samp. Pochi giorni dopo c’è il vertice al ristorante «Il coccio» immortalato dalla polizia tra Sculli, Criscito, i capi ultrà e il trafficante balcanico Safet Altic. La domenica successiva il Genoa viene messo sotto per 4-2 dalla Lazio. Solo una concatenazione casuale di eventi?

Corriere della Sera – Claudio Del Frate

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