Il Messaggero (A. Angeloni) – C’è chi pensa che Francesco Totti sia stato il ventriloquo di Daniele De Rossi e chi, invece, sostiene che l’ex capitano della Roma, con quelle dichiarazioni rilasciate a Il Messaggero, abbia creato un problema all’amico tecnico, soprattutto nei rapporti con il club. Le criticità, Daniele, le conosce bene e forse Francesco è stato cinico, incauto, o forse solo lungimirante, a scoperchiarli in pubblico, magari aiutandolo (invitandolo), da fuori (“ci sentiamo spesso”) a risolverli.
Isolarsi, questo il consiglio di Totti all’amico Daniele e in più l’augurio (l’invito) che il club faccia chiarezza sugli obiettivi, sulle scelte di mercato e sulla stagione, per non caricare il tecnico di responsabilità che non gli competono. Perché è il caso di dividerle, non può essere lui l’unico parafulmine, come Mou: c’è Daniele, quindi tutto il resto è intoccabile e non conta.
Una figura calcistica, che faccia da secondo parafulmine, secondo Totti, servirebbe: nella Roma c’è un direttore sportivo, Florent Ghisolfi, deputato al mercato, c’è Linea Souloukou che si occupa di far quadrare i conti, della gestione di Trigoria, dei dipendenti etc, manca un Totti? Sì, forse Daniele ne avrebbe bisogno. Ma quella figura non è lui, che già Mourinho aveva caldeggiato.
De Rossi non è masochista e di calcio capisce, sa bene il valore tecnico di Paulo, ma sa anche per valorizzarlo dovrà apportare qualche modifica al piano A. Giocare con due punte, è una soluzione; due mezze punte più Dovbyk è un’altra. In mezzo c’è la voglia necessità di valorizzare Soulé, che occupa la stessa mattonella di campo del suo idolo Dybala