Alla scoperta dei Friedkin

Il Tempo (G. Sonnino) – Dan Friedkin? Un uomo belloccio, elegante, un signore d’altri tempi“. Ad apporre l’etichetta di British gentleman sul presidente della Roma è una sua vicina di casa, la nota attrice di teatro Francesca Benedetti, che abita giusto due piani più sotto, nello splendido stabile in stile umbertino di una signorile via del quartiere Parioli.

Entrando nell’ingresso del palazzo si viene avvolti da un’atmosfera d’altri tempi: le pareti in travertino, i soffitti impreziositi da raffinati stucchi decorativi, la guida rosso porpora sulle scale che accompagna il visitatore fino all’ascensore, uno di quelli che non si vedono più, con la cabina mobile in legno, la porta in ferro battuto e persino la panchetta per sedersi. “L’ho incontrato proprio uscendo dall’ascensore, mi ha salutato e tenuto la porta aperta. Un uomo molto gentile, sobrio, non si direbbe che è americano – ha raccontato la frizzante Benedetti – Ma qui non si vede spesso, questa per lui è una casa d’appoggio, perché è sempre in viaggio. Ti accorgi se c’è solo dal via vai di camerieri in ascensore“.

I Friedkin infatti organizzano di frequente cene in casa (per le quali ricorrono spesso agli ordini a domicilio dai ristoranti) e ogni tanto tra i loro ospiti si vede anche qualche calciatore.

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Nessun festino sfrenato. Chi li conosce li descrive come persone semplici e pacate. L’unica festaiola della famiglia sembrerebbe essere la figlia Savannah, che ama organizzare dei party con gli amici, approfittando delle quattro meravigliose terrazze che contornano l’appartamento. Ma tra i rampolli di Dan, il più assiduo frequentatore di casa è sicuramente Ryan, che pur avendo un suo appartamento in centro, a volte preferisce fermarsi a dormire da papà.

 Neppure una colf fissa al servizio della signora Debra, che con discrezione segue il marito nei suoi soggiorni romani. “Discrezione” è infatti la parola d’ordine di questa famiglia e qui, nei paraggi della loro dimora romana, tutti sembrano seguire la linea dettata da mister Dan e nessuno si azzarda a parlare di lui. Anche perché è proprio lui il primo a non parlare con nessuno: mai un caffè al bar o all’edicola, mai una passeggiata, mai una chiacchierata. Al massimo si concede a un frettoloso “Buongiorno” prima di salire su una della quattro auto con autista che sono sempre a disposizione per prelevarlo all’ingresso del portone. Le brevi comunicazioni di servizio passano tramite la sua assistente di fiducia o la tastiera del cellulare.

Già, perché il magnate texano non ha ancora imparato una sola parola di italiano e, quando ha bisogno di comunicare direttamente con qualcuno dello staff, digita le frasi su Google Translate e poi mostra la schermata. Il maialino al girarrosto però almeno ha imparato a ordinarlo da solo e, quando decide di concederselo, percorre (sempre in auto) il chilometro scarso che lo separa dal ristorante “Molto”, di Viale Parioli.

Qui è considerato un habitué e per lui è sempre riservato il solito tavolo, quello più appartato. Avrebbe infatti deciso di continuare a concentrare il suo business sulla Roma, insistendo nel voler costruire “una squadra per vincere”, ma al tempo stesso sembra essere tornato a guardare a un’altra sua grande passione, il settore alberghiero, avendo recentemente concluso un’importante operazione per l’acquisto di un hotel nella Capitale.

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