Zeman: “Sfogo contro Karsdorp? Non lo avrei fatto, ma a Mourinho viene permesso questo e altro”

Zdenek Zeman ha rilasciato un’intervista a La Gazzetta dello Sport. L’ex allenatore della Roma ha ripercorso la carriera e l’infanzia. Di seguito le parole del Boemo.

A Foggia la sua esaltazione, dove nasce Zemanlanda. Damiano Tommasi, uno dei suoi traduttori più fedeli, ha detto: “Ho sempre pensato che nella vita bisogna essere zemaniani: attaccare, rimanendo se stessi”. Le piace come definizione?

Io ho sempre cercato, con coerenza, di dare una mentalità vincente alle mie squadre. Con la Lazio sono arrivato secondo e terzo, che oggi sarebbe un grande successo e a quel tempo non contava niente. Oggi il vero traguardo è il quarto posto. Con la Roma sono arrivato quinto… stranamente nell’anno in cui erano in quattro ad andare in Champions.

Per le battaglie che ha fatto è sempre stato considerato anti-juventino. Questa fama le provoca qualche rimpianto?

Più fastidio che rimpianto. Perché io ero juventino, da piccolo. Purtroppo i loro atteggiamenti non li ho inventati io. Si pensa cheCalciopoli sia nato nel2 006, invece è dal ’94 che c’era quel sistema…

Ha sempre detto: “Il più grande? Totti”. Ma dopo di lui chi è stato il più forte?

Nesta, negli Anni Duemila il più grande centrale al mondo.

Raccontano che Sensi le fece capire di essere stato costretto ad esonerarla, per far scendere – diciamo così – la pressione?

Diciamo così… Se mi avesse tenuto non avrebbe avuto speranze di vincere…Ricordatevi che quell’anno ci mancarono 21 punti. Non esisteva il Var, ma gli arbitri c’erano.. E non erano dalla nostra parte.

A proposito della Roma, nel libro racconta che quando tornò la seconda volta, una delegazione di calciatori le chiese di posticipare di un’ora gli allenamenti, perché – scrive – c’era “chi doveva accompagnare i figli a scuola, chi la moglie da qualche parte, chi aveva bisogno di dormire un po’ di più per smaltire qualche nottata allegra”. Lei li ascoltò e…anticipò le sedute. Fatto sta che qualche partita dopo venne esonerato, e gli allenamenti furono immediatamente spostati dalle 10 alle 11.30.

Ormai è difficile fare due volte la doppia, perché i ragazzi sono stanchi. Ma che vuole, una volta c’erano i contratti annuali: se non facevi bene, non venivi confermato. Oggi i calciatori firmano per cinque anni. E anche se si allenano male o giocano male prendono il loro stipendio.

Alla Roma ora c’è Mourinho. Cosa pensa dell’accusa di scarsa professionalità, di tradimento, a un suo calciatore. Lei lo avrebbe fatto?

Io no. Però Mourinho può fare questo e altro, visto che gli viene permesso. Lo scorso anno disse di avere calciatori di serie C… Può essere che non fossero i più bravi al mondo, ma qualcuno li avrà pur chiamati a giocare in serie A. O no?

Per Mourinho ha molta stima?

Molta stima… Diciamo che lo ascolto volentieri, anche se non sono sempre d’accordo con quello che dice. Mi piace sentirlo.

La sua vita è sempre stata all’insegna dell’etica e questo glielo riconoscono in tanti. C’è qualcuno a cui deve chiedere scusa?

Ho sempre trattato tutti alla stessa maniera. Non ho mai voluto fare del male. Anche se qualcuno si è sentito penalizzato.

Magari De Rossi.

La storia è molto semplice. Lui pensava di poter fare il regista e io gli ho sempre spiegato che nella Roma, quando le cose andavano al meglio, il regista era Pizarro. Lui era un incontrista. Penso che non ci siamo capiti anche se gliel’ho spiegato tante volte.

Vi siete chiariti in seguito?

Ci siamo visti poco. Una volta c’è stato un incontro cordiale. Ora che fa l’allenatore gli auguro soprattutto una cosa, di trovare la via giusta. Che vuol dire lavorare per la squadra e non per i singoli.

 

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