Il Romanista – Il primo sogno fu… Guardiola

Il primo arrivo di Zeman alla Roma è stato un piccolo Italia–Germania 4-3. “In che senso?”, direbbe Carlo Verdone… Correva il maggio del 1997 e la Roma di Franco Sensi stava stringendo per portare nella capitale Giovanni Trapattoni, il tecnico più sfiorato dai colori giallorossi degli ultimi due secoli. Nella serata del 4 maggio, a Monaco, Trapattoni aveva incontrato Rummenigge e Franz Beckenbauer per ottenere il via libera al trasferimento nella capitale. L’incontro con la Roma c’era stato una settimana prima, nessun contratto firmato ma un’intesa di massima pienamente raggiunta.

“Il Kaiser” (lo immagino sempre con il braccio al collo, non c’è niente da fare) aggrottò le ciglia, e teutonicamente negò il visto. Il 5 maggio tra Villa Pacelli e la Baviera ci fu un frenetico scambio di telefonate. Il Trap in mattinata comunicò che il semaforo era fermo sul rosso, Sensi già in serata aveva capito che non si trattava di un bluff. Telefonò all’ex tecnico della Juventus per il commiato di rito: «So che hai fatto di tutto per diventare il nuovo tecnico della Roma». A dirla tutta, il romanista medio a mio avviso deve aver pensato: “Meglio così!”. Passare da Liedholm che se ne va per sempre nell’Olimpo degli immortali a Trapattoni è come passare da Zorro al sergente Garcia. Insomma il sergente Garcia sarà anche simpatico, ma Zorro è Zorro. Sfumato Trapattoni, però, Sensi che in quegli anni sul mercato era stato prevedibile, fu abilissimo a tenere nascoste le sue mosse.

Sui giornali circolano mille nomi (Guidolin, Ranieri, Bianchi) e a dire il vero è circolato anche quello del Boemo, ma il presidente ha tagliato corto: «E’ un rischio troppo grande. Se prendo Zeman alla prima sconfitta devo scappare da Roma». In realtà, tre ore dopo il no di Trapattoni il contatto è stabilito. I due s’incontrano all’Hotel Valadier, Sensi offre al Mister 48 ore di tempo per riflettere: «Di più non posso aspettare». Zeman firma subito, è convinto dall’atmosfera che troverà nella Roma e lo dice subito: «Oggi sono contento, tre anni fa quando sono arrivato alla Lazio non ricordo. Allora c’era qualcuno che non era d’accordo in società, stavolta mi sembra diverso, non ho di questi segnali. Non chiederò a Sensi giocatori della Lazio, anche quelli che stimo, questo posso dirlo». Burbero finché vuole, però il primo Zeman romano si presentò subito con il suo marchio di fabbrica, quello dell’ironia. Alla domanda: «Mister e i tifosi della Lazio?». Lui risponde: «Dovrebbero essere contenti, i laziali, io resto vicino. E l’Olimpico è grande: possono venire anche loro a divertirsi. Battutaccia eh?».

Nel calderone c’è anche, come sempre, chi cerca di trovare una bella polemica per far saltare il banco (succederà anche questa volta, certo come che “domani sorgerà il sole”) ed ecco quindi il cavallo di battaglia: «C’è chi dice che Francesco Totti sarà sacrificato sull’altare degli schemi». Zeman a mezza bocca risponde: «Io ce lo vedo nella mia Roma». A proposito, fatevi due risate, questi primi giorni giallorossi sono riempiti del “sogno di mezza estate” del primo Zeman, un certo Guardiola. Come dire, tutto torna. A quelli a cui non sono bastati tre anni per conoscerlo, poi, scappa detto che a Zeman il passaggio da una riva all’altra del Tevere costerà tantissimo: «Vivrà da recluso, non potrà mettere i piedi fuori da casa». E’ un ricordo mal masticato e peggio rielaborato della vicenda che riguardò Lionello Manfredonia. Ma Zeman è tutta un’altra storia. Il 9 maggio è placidamente seduto su una poltroncina del Centrale del Foro Italico (“lato Sud” tanto per gradire).

I cronisti con gli occhi fuori dalle orbite lo agganciano e lui, cuor di boemo, rilascia la dichiarazione dell’anno: «A Roma la Novotna non viene mai e dunque faccio il tifo per Pierce». Quasi immediatamente è circondato dai tifosi che gli chiedono l’autografo, lui li accontenta e osserva: «Non va bene che io sia il personaggio dal momento, il calcio è ben altro». Un ragazzo gli dice a bruciapelo: «Mister, Totti deve giocare sempre». E lui serafico: «Lo so, non vi preoccupate». E Totti? Chi lo sa cosa si aspettava dal primo Zeman?

Senza meno non poteva rimpiangere l’addio di Carlitos Bianchi. Aveva cercato, il giovanotto di Porta Metronia, di parlare con il Mister, di spiegargli la sua idea di calcio, ma aveva dovuto parlare contro un muro. Intercettato a Linate, la sera del 16 maggio 1997 è Ugo Trani a porgere a Francesco Totti la domanda fatidica: «Come sarà la tua convivenza con Zeman?». Risposta: «Io sono a disposizione per tutti i ruoli. Farò quello che mi dirà di fare il nuovo allenatore». Riguardo alla presunta “pigrizia” romana, ecco l’ennesima presa di posizione che non lasciava spazio ad equivoci: «Perché dovrebbero spaventarmi i carichi di lavoro di Zeman? In allenamento non mi sono mai risparmiato. I sacrifici sono fondamentali per questo lavoro. Io non tremo». Stava così per iniziare una parentesi fondamentale per la crescita del più grande fuoriclasse della storia della Roma. Una pagina che sarebbe rimasta indelebile anche nel percorso formativo di Zeman. E’ sempre stato un inguaribile romantico e il ritorno a Foggia due anni fa ne è stata una conferma di mastodontica portata. In questo lucido romanticismo la Roma gioca un ruolo speciale a prescindere dall’epilogo che prenderanno le trattative tra la Lupa e l’attuale tecnico del Pescara.
Il Romanista – M.Izzi

 

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti