Il Romanista – Andreotti e Romiti lo criticavano, Sacchi invece lo studiava

Nel luglio del 1999 in uno spot per una lavatrice Giovanni Trapattoni in maniche di camicia, urlando arringava, un gruppo di casalinghe: «La tecnica l’abbiamo già, ci vuole carattere. Cosa serve per essere grandi? Creatività, tecnica e idee. Eravamo già qui, adesso siamo arrivati qui (tonfo sulla lavatrice, ndr). Ci vuole forza e carattere. Carattere d’acciaio. Chiaro!». Con tutto il rispetto ho sempre pensato che fosse la “fine” danarosa ma un po’ triste di un grande tecnico, di un grande motivatore che ha scelto sempre di parteggiare per i forti. Trapattoni era il simbolo rassicurante di un’Italia che magari conosceva la tecnica, che aveva creatività e idee, ma a cui difettavano tante altre qualità. Negli stessi giorni Zeman lasciava la Roma perché lì era apparso chiaro non gli avrebbero mai permesso di vincere. Zeman, al contrario di Trapattoni ha scelto sempre di parteggiare per gli outsider. Non lo avete mai visto urlare contro una lavatrice e delle casalinghe… anzi, a dire il vero non lo avete mai sentito urlare. Le cose che hanno messo a rumore il mondo del calcio («che deve uscire dalle farmacie»), sono sempre state pronunciate con un tono di voce sussurrato. Di tanto in tanto sul campo arrivano anche le urla («Gli stai andando via come farebbe mia nonna!!!»), ma essendo sporadiche ottengono un effetto immediato.

Zeman non era l’uomo del potere, ma il suo ruolo di antisistema ha colpito soprattutto i potenti. Non è un caso che Giulio Andreotti e Cesare Romiti abbiano firmato per conto del Messaggero dei brevi articoli (“A proposito di Zeman”, il 28 luglio e l’8 agosto 1999) su di lui. «Riguardo a Zeman – scriveva il Senatore a vita – non mi sembra carino continuare a chiamarlo “il boemo”. Evoca il ricordo della poesia del Giusti su S. Ambrogio con i «soldati boemi e croati messi qui nella vigna a far da pali». Poco più avanti gli stessi militi sono chiamati: “schiavi per tenerci schiavi”. Di Zeman mister mi colpisce la teoria che non ha importanza il risultato, ma il giuoco. E’ la leggenda del barone De Coubertin secondo cui quel che conta è il partecipare. Sarà (…)». Andreotti continuava con una pacca sulle spalle per il bel gioco di cui «essere grati», ma da statista di potere è allineato con Machiavelli.

Ancora più esplicito era Cesare Romiti: «Zeman il boemo ci ha fatto divertire, e dobbiamo essergliene grati. Ma se fossi il proprietario della Roma (e non è detto che tra una decina di campionati non lo diventi), uno come Zeman non lo prenderei mai per allenatore. Partecipare va bene, monsieur De Coubertin anche, ma a me piace vincere. E insieme a Zeman, con buona pace dei suoi sostenitori, si è vinto poco o nulla(…)». A tenere alto il suono dell’alta campana era Gigi Proietti che dopo aver fatto notare di essere tutt’altro che contrario a Capello dichiarava di sentirsi: «Uno zemaniano convinto, lo sanno tutti». Il concetto che Proietti faceva passare era che oltre ad ammirarne il gioco: «Zeman mi stava bene pure sul piano delle scelte di vita, delle idee personali». Quali sono queste idee personali? Quelle ad esempio di non tradire se stesso. Quando si presentò a Foggia con il suo Licata, con Pavone che aveva avvertito Casillo di rifarsi gli occhi con quello che era «un fenomeno. Vai a guardarlo da solo, poi mi saprai dire», i rossoneri vincono 4-0. Zeman arriva in sala stampa e dichiara: «Verdetto bugiardo, noi giocato, loro fatto gol».

Zeman guarda al gioco, i risultati sono da raccogliere attraverso il gioco e il risultato viene inseguito entro confini etici che non sono superabili. Ricordate il 29 maggio 2005? Al Via del Mare il Lecce contro il Parma stava cogliendo un pareggio che consegnava ai giallorossi la permanenza in serie A. La partita è vera perché il Parma con un punto raggiunge gli spareggi ma vincendo sarebbe al traguardo. Negli ultimi minuti, però le due squadre tirano i remi in barca provocando le reazioni del pubblico. Zeman “seguì” le fasi di quel match dietro la sua panchina. E’ per questo forse che quando il 22 agosto 2010 tornò ad allenare il Foggia in serie C, i tifosi della Cavese, primi avversari affrontati, esposero allo stadio Lamberti questo striscione: «Zeman: ti rendiamo onore per esserti schierato contro il calcio dei padroni». Il suo calcio è anche quello che lo vede andare a vincere contro la Nocerina per un primato platonico spedendo i rivali in C … per questo, forse, anche Sacchi, un bel vincente, prendeva appunti agli allenamenti di Zeman, per questo forse, tanti tifosi della Roma ancora lo amano.
Il Romanista – Massimo Izzi 

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