Vergogna Roma, fallimento totale

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Il Messaggero (U.Trani) – Non si può ancora certificare se questo sia il punto più basso della recente storia giallorossa, cioè dell’éra americana, solo perché al peggio non c’è mai fine e la Coppa Italia, il 26 maggio del 2013, è stata già teatro della vergogna con il derby perso. Ma la Roma, nonostante la favola del lupo affamato raccontata quotidianamente a Trigoria, proprio non c’è più. Sparita e azzerata, nel valore e nella sostanza. Lo Spezia vince 4 a 2 ai rigori (0 a 0, dopo i supplementari) e va ai quarti. Risultato storico. Vista, però, la partita dell’Olimpico, nessuno si deve meravigliare. Perché, pur essendo al 9° posto nella classifica di B, si è comportato semplicemente da squadra. Il gruppo di Garcia no. E la differenza è tutta qui. Normale che esca subito dalla competizione, fallendo il primo obiettivo stagionale. Il più facile da conquistare (la prossima avversaria, sempre nella capitale, sarebbe stata l’Alessandria capolista in Lega Pro), anche per chi, da 5 anni, non corre mai per vincere.

CRISI A 360 GRADI – La Roma, senza guida in società e in panchina, è finita fuori strada. Se l’allenatore è responsabile per la crisi di risultati e di idee, i dirigenti lo sono per la gestione che si sta rivelando dilettantistica e i giocatori per il rendimento che è scadente e irritante. I giallorossi sono a digiuno da 7 partite (Bologna, Barcellona, Atalanta, Torino, Bate, Napoli e Spezia): l’ultimo successo l’8 novembre contro la Lazio. Da 3 gare non segna. Ma Garcia, aggiungendo quel pizzico di ridicolo che non guasta mai, sottolinea che la difesa non prende gol da 3 match. Ogni sua frase rischia di depotenziarne ulteriormente il ruolo nello spogliatoio. I calciatori, incapaci di prendersi pure la più semplice iniziativa, sembrano frenati in qualsiasi situazione di gioco. Addirittura sui corner e sui falli laterali, prima che nei passaggi e nelle conclusioni. Lasciamo stare il pressing inesistente, i tagli mai visti e le sovrapposizioni rarissime, le linee distanti e il possesso palla alla moviola. L’involuzione è angosciante. Perché la vittoria è legata solo alle giocate dei singoli: Gervinho (infortunato), Salah e Pjanic. Gli altri, mancando il copione, non incidono. Dzeko fa tutto meno che il centravanti: al 7’ del 2° supplementare ha rincorso Curria fino a dentro l’area giallorossa per interromperne il contropiede. In campo, come fuori, si naviga a vista. Il tecnico, al momento, non si tocca: il 5° posto in campionato e gli ottavi di Champions bastano e avanzano per sentirsi al sicuro. Tutti insieme, presuntuosamente.

MERCATO INCOMPRENSIBILE – Il flop non è solo di Garcia, depotenziato già a giugno e al tempo stesso confermato per non pesare sul bilancio. Il francese si gioca il posto contro il Genoa, ma i rinforzi per questa stagione devono ancora arrivare. A differenza delle cessioni che non mancano mai. E sono il vanto di Sabatini e della sua claque. Da vertice è solo il monte ingaggi: 113 milioni, esclusi tecnico e soprattutto i dirigenti che si trattano alla grande. Un’esagerazione. Contro lo Spezia sono entrati in campo giocatori usurati, ai quali comunque è stato concesso il rinnovo del contratto: il testimonial è Maicon, solo perché Keita non è stato nemmeno convocato.

SENZA FIATO – È la struttura a vacillare. La preparazione è insufficiente. Crampi per Emerson,Uçan e Castan (3 che giocano poco o niente). E squadra statica. Anche nella stagione 2000-2001 la Roma uscì dalla Coppa Italia agli ottavi. Prima di vincere il 3° scudetto, fuori dopo la doppia sfida con l’Atalanta. Eliminazione che fece rumore. Questa è passata quasi sotto silenzio. Qualche fischio ai giocatori, alcuni cori contro Garcia. All’Olimpico si sono presentati appena 7000 spettatori, metà dello Spezia. Non c’è più nemmeno l’alibi della contestazione che frena e impaurisce i giocatori. Allo stadio non va più nessuno (in questo caso pure per l’orario). Ultrà o famiglie che siano. Di Carlo, chiamato il 23 novembre a sostituire il collega Bjelica, festeggia la qualificazione dopo gli errori di Pjanic e Dzeko. Rigori che sintetizzano il fallimento giallorosso. Che è colpa di altri. Di chi non abita a Trigoria. Dei media, sempre e comunque. Perché certe esibizioni meglio non offrirle in diretta tv. Vanno nascoste sotto coperta. Troppo corta per coprire la vergogna.

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