Un flop dopo l’altro, non c’è traccia del valore aggiunto del tecnico

Corriere della Sera (L.Valdiserri) – Una corrente di pensiero afferma che Luciano Spalletti ha portato alla Roma sia la «mentalità vincente». Lo ripetono anche molti calciatori – De Rossi e Strootman ultimi in ordine cronologico – e questo può significare soltanto due cose: 1) Spalletti riesce a convincerli in allenamento della bontà dei suoi metodi; 2) il miglior allenatore è sempre quello in carica.

La lista dei flop della Roma in questa stagione, purtroppo per i suoi tifosi, che si meriterebbero altro, ripercorre quasi fedelmente il calendario: 23 agosto Roma-Porto 0-3 (fuori dalla Champions League); 17 dicembre Juve-Roma 1-0 (c’è in campo l’ufo Gerson che poi scomparirà per sempre dai radar); 1 marzo Lazio-Roma 2-0 (affondate le speranze di Coppa Italia); 4 marzo Roma-Napoli 1- 3 (fallita l’occasione di chiudere definitivamente il discorso secondo posto, con qualificazione diretta alla Champions League); 9 marzo Olympique Lione-Roma 4-2 (affondate le speranze in Europa League); 30 aprile Roma-Lazio 1-3 (e poteva finire peggio senza gli errori di Orsato e dei suoi assistenti).

È difficile trovare tracce della famosa mentalità vincente, a meno che non ci si accontenti di tanti (questi sì) successi contro squadre di seconda fascia. Il pareggio della Juventus a Bergamo, venerdì sera, aveva dato alla Roma la possibilità di risalire a -6, con lo scontro diretto ancora da giocare, all’Olimpico, il 14 maggio. Il faccia a faccia, invece, potrebbe essere l’occasione bianconera per festeggiare il sesto scudetto consecutivo.

Perso nella sua caccia ai fantasmi, lo Spalletti 2.0 non è quasi mai stato all’altezza dello Spalletti «prima maniera», quando la Roma giocava bene e le mosse del tecnico (Totti «falso nueve») erano il motore che trainava il gruppo. Così preoccupano un po’ le parole del d.g. Mauro Baldissoni, prima del derby, a Mediaset: «Il mister ha deciso di aspettare la fine del campionato per fare le valutazioni definitive». C’è da difendere un secondo posto da vita o morte (economica), ma le valutazioni finali, poi, spettano solo alla società.

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