Totti-Roma, favola da non macchiare

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La Gazzetta dello Sport (M.Cecchini) – In una mattinata emotivamente lontana ormai millenni, Francesco Totti disse: «Spalletti è l’allenatore con cui vorrei chiudere la mia carriera». Erano i giorni del vino e delle rose, dei sorrisi e dei girotondi intorno a un campione che aveva scoperto apparentemente il segreto dell’eternità. Ma il destino, a volte, ama ferire utilizzando gli stessi desideri in cui credevamo di scorgere la felicità. E allora il capitano della Roma chiuderà sì la carriera con il tecnico che voleva, ma in un contesto di amarezza inaspettato. Intendiamoci, calcisticamente parlando non ci sono torti e ragioni. Spalletti è l’eccellente allenatore di una Roma rivitalizzata e, proiettandosi verso il futuro, ha tutto il diritto di chiedere metri e muscoli ai suoi giocatori, così come di decidere titolari e riserve. Da questo punto di vista Totti (come ha fatto) ha il dovere di accettare qualsiasi scelta del tecnico, come la possibilità di rivendicare (come ha fatto) la bontà della sua condizione e la richiesta di essere trattato comunicativamente come gli altri. E allora arriviamo al vero nocciolo del problema, ovvero il rapporto umano ormai intaccato.

L’addio di Spalletti nel 2009 non fu indolore, ma incontri privati avevano fatto credere al capitano che le ruggini fossero superate. Invece si è arrivati fin dal primo giorno al «buongiorno e buonasera». Secondo Totti, c’è stata un’assoluta mancanza di dialogo privata che si è specchiata invece in una comunicazione pubblica dell’allenatore assai muscolare. Per questo motivo Totti parla di «rispetto» sfiorito, mentre l’allenatore ribadisce come lui debba preoccuparsi solo della Roma nel suo complesso. E allora adesso i silenzi parlano più delle parole, con Spalletti che lamenta come Totti non si renda conto del momento e non abbia una posizione leaderistica nel gruppo, e il campione che si chiede: perché io come uomo – non come calciatore – vengo trattato diversamente rispetto al passato? Perché allora faceva comodo così? Inutile dire che tutto questo sia una mina sul prossimo arrivo di Pallotta a Roma.

Adesso il presidente ha le spalle al muro perché ha sì promesso a Totti che, se vorrà, potrà continuare per un altro anno, ma d’altro canto sembra difficile che possa andare contro i desideri di uno Spalletti assurto a uomo della provvidenza. Gli equilibrismi a questo punto paiono impossibili. A meno che – e questo è il dubbio più amaro per TottiSpalletti in realtà agisca (anche) come braccio armato di una dirigenza che in realtà non lo vuole più ma non ha il coraggio di dirlo. E allora, dopo «rispetto», si arriva alla seconda parola chiave del capitano: chiarezza. Perché se si vuole che Totti dia vita al contratto dirigenziale già firmato, è questo che occorre a lui e ai tifosi per metabolizzare un (lieto) finale di 23 anni d’amore assoluto. Macchiare una favola del genere con l’ipocrisia, in fondo, sarebbe l’unico peccato impossibile da perdonare.

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