Qualche spettatore in serie A è tornato: 420mila in totale, sono 11mila in più a week end. Non è tanto, non è poco, la media a partita (23.310) resta comunque mediocre. E dalle tribune del calcio professionistico, complice anche la cura dimagrante della serie C, è scomparso oltre un milione di spettatori nel giro di 5 anni: da 14 milioni e 400mila ci siamo riassestati a 13 milioni e 200. Il campionato principale ha un’affluenza media vicina a quella di un’altra stagione nera del calcio italiano: anche nel 1966 la nazionale era reduce da due eliminazioni consecutive al Mondiale e sugli spalti dei nostri stadi principali l’affluenza era molto simile a quella delle ultime stagioni. Che gli altri grandi campionati, Germania (43.400 spettatori a partita di media), Inghilterra (36.600), Spagna (27.000) siano sempre davanti a noi, non è un mistero e il distacco si accentua sempre di più. Ma anche la Liga Mx, il campionato messicano sempre più ricco di investimenti, ha ormai un seguito di spettatori maggiore di quello della serie A: quasi 25mila spettatori a partita di media.
Lo studio? Lo vogliono gratis
In un contesto del genere, deprimente per le società e per le tv che trasmettono uno spettacolo che spesso si svolge in scenari desolanti, la necessità di migliorare il prodotto dovrebbe essere la priorità assoluta per una buona parte delle nostre società. Qualcosa nei mesi scorsi sembrava essersi messo in moto. Ma, solo per fare un esempio, uno studio straniero di architetti, entrato in contatto con alcuni club di A per verificare la possibilità di dare vita a un progetto concreto, si è visto chiedere il cosiddetto «studio di fattibilità» (parcella sui 100mila euro) a titolo gratuito: non vale la pena spendere neppure lo stipendio di un terzino di riserva di una squadra di terza fascia a per dare inizio al progetto di un impianto di proprietà? Evidentemente per qualche presidente italiano, no.
Primi passi, con lentezza
La Fiorentina quel passo lo ha terminato da pochi giorni: «Era di nostra competenza presentare lo studio di fattibilità – ha detto ieri il presidente onorario Andrea Della Valle -. È il primo mattone vero di un progetto che non sarà veloce, perché la burocrazia ha i suoi tempi, ma veramente adesso cominciamo a guardare con ottimismo a un futuro ancora più importante». Nel frattempo, della Juve e del suo Stadium rischiamo di farne un monumento in una serie A con poco coraggio imprenditoriale e ancora meno programmazione: le modifiche alla legge sugli stadi hanno ridotto gli alibi. Il Sassuolo del presidente di Confindustria Squinzi è stato bravo a salire in A e a rimanerci. Ma anche a comprare per pochi milioni (circa 4) l’ex stadio del Giglio di Reggio Emilia, diventato il secondo impianto di proprietà del campionato. L’Udinese, nel tentativo mai facile di contenere i costi e i tempi di realizzazione sta ristrutturando il Friuli: alla fine del prossimo campionato o all’inizio di quello successivo tutto dovrebbe essere a posto. E le altre? La notizia che arriva da Cagliari, dove è stato approvato il progetto per portare a 12mila posti la capienza del derelitto Sant’Elia, dev’essere accolta positivamente dopo il tentativo di giocare a Is Arenas, le partite in campo neutro, a porte chiuse o con 5.000 spettatori. Ed è tutto dire.
A Roma è tutto in bilico
L’equilibrio tra la troppa burocrazia e l’eccessiva disinvoltura con cui si vuole costruire dei mini-villaggi attorno ai nuovi impianti, non si riesce ancora trovare. In consiglio comunale qualche difficoltà di troppo la sta incontrando non a caso la Roma riguardo al suo progetto, presentato in Campidoglio a marzo da Pallotta al sindaco Marino: una commissione tecnica del Comune lo sta valutando e ha promesso di dare un parere sulla «pubblica utilità» dell’opera entro fine luglio. È proprio su questo punto che si sta giocando la partita più importante: dei 270 milioni previsti per le infrastrutture — strade, trasporti pubblici, potenziamento della metropolitana — la società costruttrice dello stadio ne investirà in un primo momento solo 50, il resto saranno coperti con la costruzione di un Centro Direzionale che comprenderà negozi, uffici, un megastore dello sponsor tecnico, due torri che ospiteranno un centro commerciale. Un milione di metri cubi di cemento che hanno già messo in allarme le associazioni ambientaliste, ma anche alcuni tra quelli che dovranno votare in Consiglio la variante al piano regolatore.
Da parte del sindaco Marino e di alcuni assessori sono arrivate però delle rassicurazioni ai vertici della società giallorossa e ad Eurnova, la società che fa capo al costruttore Luca Parnasi, proprietario dei terreni sui quali sorgerà la nuova casa romanista. Entro fine luglio arriverà il primo responso: se la conferenza dei servizi del Comune darà parere positivo si procederà ad una nuova conferenza di servizi che coinvolgerà anche la Regione e che dovrà esprimersi entro 180 giorni per dare il via libera ai lavori. Se il parere sarà negativo, il Comune chiederà di modificare il progetto secondo i suoi criteri, prima di esaminarlo di nuovo.
Corriere della Sera – G.Piacentini