Spalletti-De Rossi, patto sui contratti

Corriere dello Sport (R.Maida) – Scadono ma non deperiscono. Luciano Spalletti e Daniele De Rossi rappresentano il paradosso del precariato: stanno per terminare il loro contratto con la Roma eppure sono per diversi motivi giudicati indispensabili dalla Roma. E si stimano da matti tra loro, così tanto da sponsorizzarsi l’un l’altro a mezzo stampa. «Il rinnovo di De Rossi? Penso si realizzerà – ha detto Spalletti dopo Roma-Fiorentina – un calciatore che ha impressa addosso la romanità, con la sua esperienza, può far comodo a questa società». «Spalletti dev’essere la pietra da cui ripartire – ha risposto De Rossi, un paio di rampe di scale più in basso – la Roma non deve lasciarselo sfuggire». Un patto esplicito, comunque una dichiarazione d’intenti incrociata di due professionisti che hanno a cuore il futuro della Roma.

BIG BANG – Eppure non è sempre stato un rapporto rose e fiori, il loro. Memorabile la frizione generata da una battuta televisiva di De Rossi, nell’estate 2008, con Spalletti ospite in studio: «Ma chi è, l’allenatore del Chelsea?». Il riferimento era alla rivelazione di Ancelotti, che raccontò di aver incontrato poche settimane prima Spalletti in un grande albergo di Parigi per un giro di consultazioni con gli uomini di Roman Abramovich. Ma le difficoltà erano nate ancora prima, in principio, come ha ammesso proprio De Rossi: «Nel tempo ho scoperto una bellissima persona alla quale sono molto legato. Ma il nostro rapporto è cominciato male: nacque mia figlia Gaia, non c’erano partite imminenti, gli chiesi di abbandonare il ritiro per dormire con la bimba. Lui mi rispose di uscire, andare a darle un bacio e poi di rientrare. L’ho odiato per una settimana».

IL RITORNO – Nel momento in cui Spalletti lasciò la Roma di sua volontà, dopo le prime due giornate del campionato 2009/10, vennero alla luce le indiscrezioni più disparate sui rapporti tra l’allenatore e i giocatori più rappresentativi. Ma se con Totti la separazione fu poco amichevole, con De Rossi i rapporti non si sono mai guastati. De Rossi, anche in una fase di vita privata non semplice, è riconoscente a Spalletti per il sostegno ricevuto. Non a caso nello scorso agosto, prima di Porto-Roma, svelò di aver imparato da Spalletti l’etica del lavoro: «Quando ero più giovane mi chiedeva di impegnarmi maggiormente in allenamento. Crescendo ho capito che aveva ragione». E così la successiva espulsione, che ha orientato in maniera definitiva la partita di ritorno con conseguente eliminazione dalla Champions League, è stata assorbita con professionalità da De Rossi, che per quel cartellino rosso perse la fascia di capitano per tre giornate, quante ne aveva meritate di squalifica. «Certe cose non si spiegano ai livelli alti in cui giochiamo – spiegò Spalletti dopo averlo degradato a Cagliari – perciò Daniele, che ha accettato il nostro codice interno, si uniformerà alla mia decisione».

VICINI – L’episodio in effetti non ha lasciato strascichi. Quando De Rossi è stato bene, ha giocato quasi sempre. E martedì sera contro la Fiorentina, in versione trequartista più che mediano, ha sfornato due assist, entrando da protagonista anche nell’azione del 3-0. A fine partita, poi, sono arrivate le coccole reciproche. Spontanee o studiate, poco importa. Di sicuro, esponendosi l’uno a favore dell’altro, tutti e due hanno implicitamente chiesto uno sforzo alla società. Spalletti per la verità ha sottolineato l’opportunità di accontentare anche Manolas e Strootman nelle proprie rivendicazioni salariali, in un discorso ampio che riconosceva le esigenze economiche del club. La Roma come risponderà? «De Rossi è uno di famiglia» ha detto Baldissoni. «Possiamo aspettare Spalletti» ha garantito Massara. E gli altri contratti? Intanto l’allenatore e il (vice)capitano si legano allo stesso filo. Uniti come non mai, o come sempre, al di là di una firma.

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