Sarri: “Di Francesco è bravo, la Roma è forte. Ma il mio Napoli è lanciato”

La Gazzetta dello Sport (M.Malfitano) – Il primato non è una no­vità, per lui. In testa alla classifica di Serie A c’è già stato nel suo primo campionato col Napoli, 2015­-16, ed anche per un peri­odo piuttosto lungo: 6 giorna­te, dalla diciannovesima alla ventiquattresima. Poi, il gol di Zaza a pochi minuti dalla fine, nello scontro di diretto di Tori­no, contro la Juventus, e il sorpasso dei bianconeri che vince­ranno il quinto scudetto. Sta­volta, però, il suo Napoli è lassù dall’inizio del campionato ed ha un solo obbiettivo: vincere lo scudetto, anche se Sarri frena prima ancora d’iniziare l’intervista. «Calma, la Juve attuale è la più forte degli ultimi 7­8 an­ni, ha un organico di grande qualità insieme ad un allenato­re straordinario».

E, dunque?
«Per me, resta la favorita anche stavolta e sarebbe presuntuoso paragonarsi a loro. Non so ancora quale potrà essere il nostro 100 per cento, ma so che non siamo l’anti­-Juve che, adesso, è di un altro livello».

Il primo posto in classifica, però, non è casuale, da due anni il suo Napoli incanta per la spettacolarità del gioco e per la continuità nei risultati…
«Parlare di primato dopo 7 partite è relativo, è un tratto di per­ corso talmente breve che non è da considerarsi indicativo. La sensazione è piacevole, ma il momento in cui si decide la stagione è ancora lontano».

Secondo anno consecutivo in Champions, segno che il progetto da lei avviato va avanti e potrebbe completarsi vincendo lo scudetto: ci sarà ancora Napoli nel suo futuro?
«A livello contrattuale si, ma c’è una clausola che permette soluzioni alternative a me e alla società. In questo momento, però, è l’ultimo dei miei pensieri. Mi sento legatissimo alla città e a questo gruppo, poi so che le cose a un certo punto finiscono in maniera naturale».

De Laurentiis la vorrebbe in panchina per i prossimi dieci anni…
«Al presidente devo qualcosa. È stato l’unico ad aver avuto gli attributi ingaggiandomi. Per me questo è importante, spero che lo stia ripagando. Ci sono tante valutazioni da fare sulla clausola, è bilaterale, non è so­lo dalla mia parte».

Intanto sabato, alla ripresa, affronterete la Roma nel primo scontro diretto: sensazioni?
«Di Francesco è molto bravo, la Roma è forte. Le insidie della trasferta sono palesi, la squa­dra forte ti mette in difficoltà sicuramente. Fin qui ne ha vinte 5 e persa 1 ed ha una partita da recuperare. È sicuramente competitiva, ma il mio Napoli è lanciato».

Quanti meriti ha Luciano Spalletti nel rilancio dell’Inter?
«È un allenatore top a livello europeo, ha dato entusiasmo una solidità impressionante alla squadra in un mese e mezzo soltanto. Stanno tornando, sono stati competitivi da subito, era anche impensabile che l’Inter rimanesse fuori dai vertici per tanti anni».

Ha mai pensato che sarebbe potuto essere l’allenatore del Milan se Berlusconi avesse ascoltato i consigli di Arrigo Sacchi?
«Non sarei durato troppo se è vero quello che ho letto sulle sue intercessioni nel lavoro dell’allenatore. Un presidente che si comporta così difficilmente vince. Invece, lui ha vinto tantissimo, è stato un grande dirigente e, dunque, credo che quello che si dica di lui sia più leggenda che grande verità».

Se l’aspettava quest’inizio poco convincente di Montella?
«È stata fatta una campagna acquisti importante, ora va fatto un percorso. In questo momento il Milan non è valutabile, perché potrebbe essere una squadra destinata a crescere velocemente. Bisogna avere pazienza».

La critica l’accosta spesso a Sacchi, per questioni tattiche e per la qualità del gioco che sa imporre…
«Per me, il paragone è un insulto ad Arrigo. Lui, ha vinto tanto, io niente. La mia è un’innovazione parziale, la sua è stata totale, quindi è un accostamento per me gratificante, ma non penso sia possibile, in generale. Lui ha scritto la storia del calcio in risultati ed innovazioni e se non ci fosse stato lui, io non sa­rei esistito: il mio interesse tattico è nato grazie a lui».

Pep Guardiola ha dichiarato di apprezzare molto il suo calcio: ritiene improponibile anche questo paragone?
«Diciamo che il mio calcio è simile al suo, anche se lui si è evoluto negli anni. Con Bayern Monaco e Manchester City qualcosa è cambiato rispetto a Barcellona. La filosofia è rimasta la stessa, ma i movimenti li ha modificati, difende e attacca con moduli diversi».

Tra poco più di una settimana se lo ritroverà contro per il terzo turno di Champions: è già un dentro o fuori per il suo Napoli?
«Trovarmelo di fronte sa­rà emozionante. Lui è un talento, un fenomeno in evoluzione, credo che il suo calcio se­gnerà quest’epoca. Fare punti nel dop­pio scontro col Man­chester City potreb­be fare la differenza in questo girone».

Anche Del Piero s’è detto innamorato del suo calcio, avrebbe lavorato volentieri con lei.
«Anch’io l’avrei voluto. Certe cose dette da un fuoriclasse co­me lui mi riempiono d’orgo­glio, il piacere sarebbe stato reciproco».

Cosa pensa quando sente parlare di sarrismo, a proposito delle sue idee calcistiche? La sua è intesa come una nuova corrente di pensiero calcistico.
«Non saprei, il calcio l’ho sempre pensato così, poi nel corso degli anni si possono anche cambiare certe idee. Il mio è stato un percorso è stato la somma di tante esperienze ma­ turate, e ora sono anche meno fondamentalista di prima, adesso bado di più alle caratteristiche dei giocatori, rispetto a qualche anno fa. Il mio Napoli ha tecnica e fantasia, può esprimere questo tipo di calcio, che non è detto possa essere replicabile in altri contesti».

Qual è l’allenatore che è più vicino alle sue idee, al momento?
«Uno che interpreta il calcio alla mia maniera e fa cose importanti è Marco Giampaolo, che stimo come allenatore e come persona».

La fa arrabbiare l’etichetta di lamentoso?
«Io non mi lamento mai di me e della mia squadra, sono inna­morato del calcio e mi piace­rebbe vederlo giocato nella sua massima espressione. Non ho mai incolpato nessuno quando perdo, se mi lamento di qualco­sa lo faccio dopo una vittoria».

In Serie A c’è tanta differenza tre le prime 5 e tutte quante le altre. Il suo presidente vorrebbe ridurre il numero delle squadre da 18 a 16.
«La riforma dei campionati penso sia inevitabile ma starei attento a diminuire il numero delle squadre. La passione scatena amore per la propria squadra, ma anche per il calcio in generale, quindi si sottoscrivono abbonamenti a stadi e pay tv».

La Nazionale vive un momento di particolare difficoltà: cosa non sta andando, secondo lei?
«La Nazionale non è più indicativa del movimento calcistico del Paese, le squadre sono piene di stranieri. Sono più indicativi i risultati delle nostre squadre di club in termini internazionali».

Accetterebbe di guidare la Nazionale?
«In questo momento no. Poi, l’età avanza, magari tra 2­3 an­ni potrei cambiare idea come è successo in tante altre cose».

L’attualità parla della Var e delle polemiche che sta scatenando: da che parte sta?
«Io sono dubbioso, toglie spon­taneità ed entusiasmo. Segni, ma l’esultanza è più contenuta, perché non sai se il gol viene convalidato. Qualche errore viene evitato, ma è in fase di sperimentazione. Comunque, sarei per un uso molto modera­to».

Darebbe la maglietta numero 10 del Napoli a Insigne?
«Gli darei anche la 20, la 30, quella che gli piace di più. Sono contrario al ritiro delle maglie, la penso come Del Piero: non si possono togliere i sogni ai bam­bini e alla gente, il bambino che comincia a giocare e tifa Juve deve sognare di essere il nuovo Del Piero, quello della Roma il nuovo Totti. Per Maradona l’ec­cezione si può fare, sono d’ac­cordo sul ritiro della maglia: Diego non è stato soltanto un calciatore per questa città».

Higuain: manca più Sarri a lui o viceversa?
«Affettivamente ci manchiamo a vicenda, abbiamo avuto un ottimo rapporto, è un ragazzo particolare ma di cuore, era sempre piacevole parlare e scherzare con lui. Il calcio è questo, le strade a volte si divi­dono per tanti motivi e se ti piangi addosso, perché hai per­so un giocatore, sei morto. Bi­sogna guardare oltre».

La vedremo in panchina, un giorno, senza la tuta?
«In campo mi sentirei fuori luo­go in giacca e cravatta e finora non ho cambiato idea».

Baratterebbe il vizio del fumo con lo scudetto?
«A me piacerebbe vincerlo fu­mando».

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