Sansovini: “Tifo per la Roma, che è fortissima e bella da vedere. Fondamentale tenere il secondo posto”

AS Roma Match Program (T.Riccardi) – Fa effetto sentirlo parlare della Roma perché utilizza la forma “noi”, come un tifoso qualsiasi che segue e commenta le vicende della propria squadra del cuore. Lui tifoso lo è davvero, ma non è mai riuscito a coronare il sogno vestire questa maglia per almeno una volta in una gara ufficiale della prima squadra. Marco Sansovini – anno 1980, attaccante del Teramo in Lega Pro – in giallorosso ha fatto tutta la trafila del settore giovanile arrivando a un passo dall’esordio e dal sogno: “Peccato che mi ruppi il crociato e non ebbi questa possibilità. Era la stagione 1999-2000, la prima di Capello e in panchina andarono alcuni giovani verso la fine del campionato. Comunque, sono soddisfatto della mia carriera, ho fatto il professionista a lungo…”, racconta Sansovini che è stato pure attaccante del Pescara di Zeman nel 2012.

Roma, la Roma, cosa hanno rappresentato per lei?
La Roma è la squadra per cui tifo, significa qualcosa di particolare per me. Inoltre è la società che mi ha cresciuto, a cui devo tanto perché a Trigoria sono diventato un calciatore professionista. Ho avuto tanti tecnici che mi hanno formato e che mi sento di ringraziare a distanza di tanti anni.

Se ne dovesse citare uno?
Dico Mauro Bencivenga, che mi ha allenato dai 14 ai 16 anni. È un grande insegnate di calcio. Ma non dimentico nemmeno Maldera, Sella e, naturalmente, Bruno Conti.

Bencivenga è anche quello che ha trasformato De Rossi da attaccante a centrocampista. È molto stimato da alcuni professionisti del settore. Pure Capello ne ha parlato in termini lusinghieri.
Vero, ma è normale perché lui ti trasmette la cultura del lavoro, l’amore per questa professione. E poi insegna nozioni, dettagli che ti fanno diventare calciatore a tutti gli effetti.

Zeman, invece?
Che dire del mister? Con lui abbiamo portato il Pescara in Serie A e abbiamo segnato tanti gol. Per me che sono una punta è stato il massimo essere stato un suo calciatore. Mi cambiò di ruolo, mi portò dal centro dell’attacco alla fascia. Fui costretto a resettare tutte le conoscenze acquisite fino al quel momento per immedesimarmi nel suo pensiero tattico. E i risultati si videro.

Pescara che ricordi le suscita?
Bellissimi, una città intera al nostro fianco fino all’obiettivo promozione. Una grande squadra con talenti importanti che meritò il traguardo del primo posto. Però ci furono anche momenti difficili, come la morte in campo di Morosini e la scomparsa del nostro preparatore dei portieri, Franco Mancini. Fece l’allenamento della mattina con noi, poi il pomeriggio è successo quello che è successo. Allucinante.

In quel gruppo c’erano Immobile, Insigne e Verratti. Oggi tre nazionali per la nazionale azzurra di Ventura…
Sì, esattamente, loro avevano qualcosa in più, ma avevano anche ragazzi che facevano parte dell’under 21. Era una rosa di qualità, allenata da un grande tecnico come il boemo.

A proposito di grandi tecnici, lei nel 2006 incrociò Allegri a Grosseto.
Fu il nostro allenatore per le prime dieci giornate di campionato, ma poi venne esonerato dal presidente Camilli perché non arrivavano i risultati. Quella fu una stagione complicata per noi.

Già allora pensava che Allegri sarebbe diventato un top manager?
Senza dubbio, dal punto di vista tecnico e tattico era parecchio avanti rispetto a tanti suoi colleghi di quella categoria. Aveva davvero una marcia in più. Non mi sorprende che oggi sia di nuovo in semifinale di Champions League.

Della Roma di Spalletti, invece, che idea si è fatto?
È fortissima e bella da vedere. Probabilmente non arriveremo all’obiettivo scudetto, qualche partita importante è stata toppata, ma ora dobbiamo guardare avanti e mantenere il secondo posto che è troppo importante.

Da come parla sembra davvero coinvolto nella fede romanista.
Come detto, sono tifoso da sempre e quando posso la Roma la vedo sempre. Da giovane andavo allo stadio e facevo pure qualche trasferta. Non mi sono fatto mancare nulla.

Forse le è mancato di giocarci con quei colori addosso.
Sì, per via di un infortunio al ginocchio e per un pizzico di sfortuna non ci sono riuscito, ma mi ritengo soddisfatto di quello che ho fatto nella vita. Sono stato professionista per 18 anni, non mi posso lamentare.

Oggi a 36 anni con il Teramo in Lega Pro come va?
Stiamo cercando di evitare la zona play-out. Non è un momento facile per la nostra squadra, ma vogliamo uscirne.

E nel suo futuro cosa c’è?
Il mio cartellino è di proprietà del Pescara, ma dovrei restare un altro anno a Teramo. Poi vedremo come mi sentirò e quali saranno le mie condizioni fisiche. Per ora sto bene e mi diverto.

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