Ecco il ‘favoloso mondo’ di Garcia, storie comuni che diventano leggenda per raccontare l’allenatore mezzo andaluso e mezzo francese che in patria aveva vinto senza diventare profeta e che dopo tre mesi a Roma e’ ‘‘un dio vivente”, come dice l’amico pizzaiolo abruzzese di Lille, Gilberto D’Annunzio. ”Quando arrivo’ a Roma – racconta – la battuta della gente era: aspettavamo Zorro e invece e’ arrivato il sergente. Tre mesi dopo eccolo la’, e’ un dio vivente”. Da amico ha vissuto ogni momento dell’avventura di Garcia, da quando – sdraiato al sole di Marrakech – ricevette l’invito a Milano di Sabatini. ”Sapevamo che non era la prima scelta della Roma – dice la sorella maggiore Sandrine intervistata da Le Parisien – ed eravamo un po’ tutti preoccupati…l’unico sereno era lui”.
Gilberto, considerato il miglior pizzaiolo di Lille, e’ andato a trovare gia’ diverse volte l’amico e illustre cliente a Roma e ogni volta racconta ai francesi increduli di come il mister sia diventato una star. Anche i giornalisti sportivi francesi stentano a crederlo, quelli che lo conoscevano e lo apprezzavano per il lavoro sul campo e adesso lo guardano in tv con gli occhi sgranati mentre corre con i suoi giocatori sotto la curva Sud, dove ci sono piu’ tifosi di quanti ne entravano in tutto il vecchio Stadium Nord dove Garcia vinse lo scudetto nel 2011.
A Roma ”l’avevano preso per uno stupido – racconta Gilberto – ma Rudi e’ intelligente, ha incantato tutti. Perche’ in fondo lui e’ un romano, abbronzato, capelli lunghi…”. Un ultimo tocco, la parlata mezzo francese, mezzo testaccina: ”prima di andare a firmare il contratto a New York – rivela Gilberto – mi chiese un corso lampo di italiano. L’ho chiuso dentro con una delle cameriere che lavorano da me, un’ora e mezzo piu’ tardi – sorride – e’ uscito e parlava italiano”. Realta’ o fiction? Niente di tutto questo.
Guy Marseguerra, un altro amico di Lille che fa il gestore di sale di spettacolo, spiega: ”lui ti sta talmente ad ascoltare che poi riesce ad adattarsi, e’ sempre lui che fa un passo verso di te, mai il contrario”. Come fece con uno dei tifosi che aveva chiamato ”laziali” in ritiro a Riscone, perche’ contestavano la Roma. ”Gridavano – racconta Gilberto – uno gli mostro’ una lupa che aveva tatuata sulla spalla e Rudi cosa fece? Ando’ verso di lui e comincio’ a parlarci, a discutere. Questa e’ una cosa che gli italiani adorano”.
Il Garcia di Lille e’ diventato un altro: era amante dei piccoli ma grandi piaceri della vita, concerti, caffe’ all’aperto dove nessuno lo avvicinava, a Roma ”per andare a prendere la madre all’aeroporto si e’ dovuto far scortare”. ”A Roma non ha ancora visto niente – dice Gilberto – e’ sbarcato da poco. Ma fra poco comincera’ ad uscire, perche’ gli manchera”‘.
Anche perche’, e qui rivela un piccolo segreto, ”Rudi non sa cucinare. Lui e la gastronomia sono due mondi separati”. La sorella Sandrine, che non mastica calcio, ha un unico ricordo nitido di Rudi allenatore: non aveva neppure dieci anni ma gia’ schierava i piccoli giocatori del Subbuteo secondo gli schemi che aveva in mente. ”Ha creduto in se’ stesso – conclude – per il resto e’ come uno chef che conosce alla perfezione la ricetta per conquistare, che sa adattare gli ingredienti agli invitati… E gli riesce alla grande”.
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